Rivista "IBC" IX, 2001, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

Aemilia Ars

Gilberta Franzoni
[responsabile dell'Ufficio comunicazione e promozione dei Musei civici d'arte antica del Comune di Bologna]

Sull'onda del crescente interesse rivolto alle espressioni dell'arte europea tra Otto e Novecento - Liberty, Art Nouveau e Jugendstil in primo piano -, un interesse che ha ricevuto significativa conferma con le recenti esposizioni londinese e parigina, un capitolo della vicenda artistica e culturale italiana di grande fascino ed ancora poco noto al grande pubblico viene finalmente presentato all'attenzione di pubblico e studiosi con la mostra "Aemilia Ars 1898-1903. Arts&Crafts a Bologna", allestita dal 9 marzo al 6 maggio 2001 presso le Collezioni comunali d'arte di Bologna.

A venti anni dalla pionieristica ricognizione critica sviluppata dalla mostra su "Il Liberty a Bologna" del 1977, la mostra organizzata dai Musei civici di arte antica presenta per la prima volta un'ampia panoramica della produzione dell'Aemilia Ars, "società protettrice di arti e industrie decorative nella regione emiliana", fondata nel 1898 a Bologna da un gruppo di nobili e artisti raccolti intorno all'architetto-restauratore Alfonso Rubbiani ed al conte Francesco Cavazza. Attiva fino al 1903, la società, che si proponeva la promozione produttiva e commerciale e la riqualificazione estetica delle arti decorative e degli oggetti d'uso per la vita quotidiana, rappresentò la peculiare espressione italiana di una tendenza diffusa in tutta Europa, esemplificata in particolare dal movimento inglese Arts and Crafts.

Con la fondazione dell'Aemilia Ars trovarono espressione istanze complesse ed a volte contraddittorie della società postunitaria, che si trovava nella cruciale fase di transizione dello sviluppo capitalistico italiano verso una compiuta industrializzazione.

Da un lato la società tradusse nella sua attività quelle esigenze di promozione industriale, commerciale e culturale stimolate dal progresso tecnico e scientifico, esigenze coniugate alla ricerca delle radici storiche del nuovo stato unitario nelle sue diverse espressioni locali. Dall'altro lato i promotori di Aemilia Ars intendevano rispondere al disagio indotto dall'introduzione di nuovi materiali e processi industriali in una società ancora fortemente connotata in senso agricolo e artigianale, una risposta che si esprimeva con il richiamo ai valori estetici e morali del passato ed alla valorizzazione del lavoro manuale dell'artigiano contrapposto alla produzione industriale.

Sotto la guida di Alfonso Rubbiani artisti come Edoardo Collamarini, Augusto Sezanne, Alfredo Tartarini, Giuseppe de Col, Alberto Pasquinelli e Achille Casanova [per il quale si vedano le foto di copertina di questo numero, ndr] avevano realizzato una serie di interventi in diversi edifici pubblici e privati a Bologna ed in altri centri della regione, in stretto collegamento con botteghe artigiane locali (come i ceramisti Minghetti, il fornaciaio Gamberini, gli orefici Zanetti).

Tra le opere più significative del gruppo: la sala consiliare di Budrio; le realizzazioni negli edifici cittadini ed extraurbani per il conte Cavazza ed il marchese Pizzardi; il Canton dei Fiori; la pasticceria Rovinazzi; il palazzo Bevilacqua a Bologna; le case Matteucci e Albonetti e il palazzo Conti-Sinibaldi a Faenza. L'intervento nelle cappelle absidali della gotica chiesa di San Francesco a Bologna, in cui restauro, reintegrazione e nuova decorazione convivono in equilibrio fra revival e nuovo gusto Liberty rappresenta certamente l'episodio più significativo di questa attività, ancor oggi documentata da ricchi fondi di disegni conservati a Bologna presso i Musei civici di arte antica, l'Archiginnasio e la Biblioteca di San Francesco.

L'attività della società nell'ambito del design e della produzione degli oggetti d'uso si inserì nel contesto di una tradizione di alto artigianato che aveva storicamente contraddistinto l'immagine di Bologna in Italia e all'estero. L'Aemilia Ars si caratterizzò infatti soprattutto come centro di promozione stilistica per la produzione di gioielli, ricami, stoffe, sculture in marmo, arredi in ferro battuto, mobili, fornendo alle principali industrie artigiane della regione disegni e schemi realizzativi, spesso creati dagli artisti della società sulla base di antichi modelli. Parallelamente venne sviluppato l'aspetto commerciale della produzione, con l'apertura del negozio in via Ugo Bassi ("deposito-mostra di mobili, ceramiche, lampade ed oggetti in ferro battuto, lavori in argento, gioielleria, cuoio cesellato e bulinato, ricami, terrecotte_") e con la presenza a diverse esposizioni internazionali, dove la società ottenne significativi successi.

All'interno dell' Aemilia Ars, un particolare rilievo venne assunto dalla produzione di merletti e ricami a punto antico, grazie all'attività fondata da Lina Bianconcini Cavazza, moglie del conte Francesco ed imprenditrice di successo attenta alle finalità sociali dell'impresa. Venne così rivivificata una raffinata produzione affidata all'operosità di anonime lavoratrici della città e della provincia, e caratterizzata da un virtuosismo tecnico pari se non superiore alla qualità delle antiche opere cui si ispirava. Il progetto perseguito dalla contessa Cavazza di un recupero degli antichi modelli (a cui si affiancavano disegni originali spesso basati su schizzi di Rubbiani), progetto attraverso cui fondare un miglioramento del gusto ed un rilancio dell'artigianato di qualità, trova forse il suo esempio più significativo nella realizzazione a merletto del cinquecentesco Libro dei lauorieri di Aurelio Passerotti, di proprietà della famiglia Malvezzi.

La mostra - a cura di Carla Bernardini, Doretta Davanzo Poli, Orsola Ghetti Baldi, che sono parte di un comitato scientifico comprendente anche Jadranka Bentini, Rosaria Campioni ed Eugenio Riccomini - si propone di fondere le esigenze della divulgazione con quelle della ricerca e della conservazione su un tema ancora da indagare e valorizzare. Circa duecento le opere esposte, tra oggetti, materiali grafici e fotografie storiche, in un allestimento fortemente suggestivo: in primo piano una selezione del ricco campionario di pizzi e merletti conservato presso le Collezioni comunali d'arte e del cospicuo fondo di disegni del Museo Davia Bargellini di Bologna, accanto a mobili ed ebanisterie, oggetti in ferro battuto, cuoio bulinato, gioielli, biancheria ed accessori per l'abbigliamento prodotti dalla società, e a dipinti, libri e modelli incisori dei secoli XVI-XVII.

Per il grande pubblico si tratta di un invito a scoprire alcuni dei nascosti tesori cittadini; per studiosi ed esperti un contributo e uno stimolo alla classificazione, al recupero e alla conservazione di un patrimonio cittadino poco conosciuto, la cui memoria è affidata - oltre che ai patrimoni posseduti dai privati - a fondi quasi dimenticati di istituti museali, conservatori femminili e scuole professionali. Un ricco catalogo illustrato ed una Guida ai luoghi Aemilia Ars accompagnano un'esposizione che potrà contribuire alla rivalutazione ed all'indagine scientifica delle cosiddette "arti minori" in Italia.

 

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