Rivista "IBC" IX, 2001, 1

Dossier: Restauri a palazzo

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L'appartamento barocchetto: metodologia e criteri guida del restauro

Luisa Bitelli
[IBC]
Il progetto di restauro dell'appartamento barocchetto di palazzo Tozzoni, messo a punto dall'IBC in collaborazione con il Comune di Imola, ha rappresentato un'esperienza molto impegnativa in termini di scelte metodologiche, di responsabilità, di tempo, di onere finanziario.
Il palazzo - dall'ingresso che affaccia sull'elegante cortile interno, all'imponente scalone impreziosito da statue e stucchi; dalle sale ancora allestite secondo l'impronta e il gusto degli ultimi discendenti della famiglia, alle ampie cantine che oggi accolgono gli attrezzi e gli oggetti del lavoro contadino (i Tozzoni erano proprietari terrieri) - regala un'armonia e un'atmosfera particolari, che ne fanno una dimora dalla suggestione unica. La sensazione che si avverte entrando è quella di una abitazione ancora "vissuta", dove l'arredo, pur seguendo canoni legati all'estetica, è improntato soprattutto in alcuni ambienti all'esigenza di praticità del vivere quotidiano. Alcune operazioni di manutenzione, come si suole dire "fatte in casa" (maggiormente evidenti, per esempio, sulle tappezzerie, ma presenti anche sulle pareti e su alcuni particolari decorativi), rappresentano molto bene le esigenze della famiglia che ha occupato quelle stanze fino alla fine degli anni Settanta.
Quindi se da un lato ci troviamo di fronte a locali in qualche modo salvaguardati, in particolare per quanto riguarda la mobilia e le numerose suppellettili, dall'altro dobbiamo prendere atto del progressivo deterioramento che ha colpito alcuni componenti di arredo della casa, in particolare le tappezzerie e le decorazioni murali.
Interventi di manutenzione e di ripristino furono avviati dal Comune non appena entrato in possesso del palazzo, nel 1978, a seguito della volontà testamentaria espressa dall'ultima discendente della famiglia, Sofia Serristori Tozzoni. Aperta al pubblico ed entrata nel circuito dei musei di Imola, la dimora successivamente è stata oggetto di finanziamenti regionali che hanno consentito di proseguire a più riprese, insieme al Comune, il programma di recupero dell'intero complesso. I lavori attuati nell'appartamento barocchetto, ideale conclusione dell'impegno messo in atto finora, sono stati preceduti da una serie di interventi localizzati al piano terra (il restauro delle sale dell'ala est, quello delle lunette affrescate dell'antibiblioteca e della biblioteca stessa, il riordinamento e la catalogazione dei materiali custoditi nelle cantine), interventi rivolti in generale alla salvaguardia e ad una più puntuale conoscenza del patrimonio conservato nel palazzo.
Quando si è scelto di avviare una campagna di restauro nelle tre stanze del piano nobile che costituiscono l'appartamento barocchetto - stanze predisposte nel 1738 in occasione del matrimonio del conte Giuseppe Tozzoni - la situazione di degrado era tale da non porre dubbi sull'urgenza dell'operazione. I locali, denominati in successione salotto del Papa, salotto rosso e alcova, accolgono tipologie diverse di materiali - tessili, ebanisterie, decori murali, stucchi, dipinti - e pur nella consapevolezza di non riuscire a terminare in un'unica soluzione tutto il lavoro si è ritenuto opportuno affrontarlo nella sua interezza per poter valutare contestualmente le diverse problematiche che sarebbero emerse.

L'arredo ligneo
Il restauro dell'arredo ligneo - costituito da mobili, cornici e specchiere intagliate e dorate, divani, poltrone e mantovane, databili in un arco di tempo che va dal Seicento all'Ottocento - è stato preceduto da un trattamento di disinfestazione, indispensabile per eliminare gli insetti xilofagi che nel tempo avevano attaccato diffusamente il legno.
Gli oggetti non presentavano tuttavia grossi problemi conservativi, ma per lo più necessitavano di una generale manutenzione con pulitura e consolidamento delle parti fragili. Solo gli intagli dorati, offuscati da una patina di sporcizia, avevano risentito, in alcuni casi, di operazioni manutentive malamente eseguite (riparazioni, rifacimenti, ecc.) che hanno comportato interventi di vero e proprio ripristino, anche con ricostruzione di parti mancanti.
A lavoro ultimato l'effetto generale dell'arredo, ricomposto nelle tre sale con l'aiuto della ricerca svolta tra le carte del ricco archivio Tozzoni dal personale del Museo civico, ha rappresentato una conferma delle scelte intraprese: un restauro rispettoso della qualità degli oggetti, eseguito con tecniche tradizionali.

L'arredo tessile
Un discorso più articolato e complesso riguarda l'arredo tessile, che nell'appartamento barocchetto è largamente presente in tende, mantovane, sedute di seggiole, divani, poltrone, portiere, ecc. Da una prima verifica, necessaria per la messa a punto del progetto, è apparso evidente che le condizioni conservative dei manufatti dell'alcova avrebbero richiesto tempo e risorse tali da non poter affrontare contemporaneamente anche i tessili delle altre stanze. Si è scelto così di circoscrivere l'intervento sui tessuti della stanza dell'alcova, arredata con un damasco di seta gialla acquistato a Bologna nel 1738 (nelle altre il colore di stoffe e pareti è rosso).
I danni maggiori sono stati riscontrati sui rivestimenti di sedie e divani. Essi presentavano abrasioni, disgregazioni del tessuto, lacune, macchie, integrazioni eseguite con tessuti diversi, incollati dal retro. In molti punti, inoltre, le passamanerie erano staccate e sfilacciate, in alcune parti mancanti. In condizioni migliori appariva il ricco corredo del letto (testiera, coperta e bordo), protetto dalle cortine e meno esposto alla luce. Anche in questo caso però non mancavano strappi, lacune e rammendi.
Il restauro si è svolto sostanzialmente in tre fasi: smontaggio e trasferimento dei tessuti presso il laboratorio; pulitura accurata, consolidamento e sostituzione degli inserti non originali (operazioni delicatissime, soprattutto in presenza di tessuti disgregati che necessitano di protezioni accurate per poterne garantire la conservazione); riproposizione dei tendaggi della finestra, purtroppo andati perduti. Quest'ultimo punto ha sollevato molti dubbi e indecisioni, sia in riferimento alla foggia dei tendaggi, sia rispetto alla scelta dei materiali che necessariamente dovevano accordarsi con quelli antichi. In considerazione del tipo di intervento condotto sull'arredo tessile dell'alcova, caratterizzato dal recupero capillare delle tappezzerie originali, non è stato possibile impiegare un damasco moderno. La scelta filologicamente più corretta, l'utilizzo di un tessuto unito - il gros di seta, in una gradazione tonale simile al vecchio arredo - è scaturita da ricerche e momenti di confronto tra la direzione dei lavori e il laboratorio di restauro (supportato anche dalle conoscenze e dalla pluriennale esperienza dei tappezzieri esperti nel trattare materiale d'epoca). Il risultato, a lavori ultimati, è una gradevole integrazione nel contesto complessivo dell'ambiente.

Le decorazioni murali
Anche le decorazioni murali hanno comportato alcune scelte problematiche. Il decoro a finta tappezzeria, risalente alla fine del XIX secolo, era appesantito da vari strati di sporcizia accumulati negli anni, da interventi di manutenzione eseguiti non propriamente a regola d'arte e dai danni provocati da infiltrazioni di acqua. A pareti nude quello che si presentava alla vista era un generale degrado, caratterizzato da numerose cadute di colore, pesanti ritocchi e macchie di umidità; i rifacimenti delle decorazioni del soffitto e delle zoccolature sottostanti alle pareti aumentavano la disomogeneità dell'insieme.
Una serie di sondaggi ipotizzati già in fase di progetto per individuare l'eventuale presenza di decorazioni sotto i disegni parietali - tenuto conto che verosimilmente la sostituzione dei tessuti che in origine rivestivano le pareti era avvenuta alla fine del XVIII secolo - ha messo in luce nelle tre sale lacerti di ornamenti in finto tessuto, riproducenti motivi diversi da quelli attuali, purtroppo molto lacunosi e in alcuni tratti addirittura mancanti. Non era possibile, in questo caso, procedere alla scopritura nell'assenza totale di continuità del disegno. Il ritrovamento di vecchi album fotografici (1900) ha permesso di circoscrivere l'epoca delle decorazioni a finto damasco alla fine del XIX secolo ed ha confortato la direzione dei lavori nella scelta di un ripristino della decorazione esistente. L'operazione non si è dimostrata semplice soprattutto quando si è trattato di eseguire la pulitura, impossibile da affrontare considerata la scarsa presenza di legante nel colore, divenuto di conseguenza molto polverulento e intoccabile sia con soluzioni acquose sia a secco.
Il fissaggio della pellicola pittorica ha permesso di procedere alla stuccatura delle numerosissime lacune lasciate dalla rimozione dei ritocchi e al ripristino pittorico della superficie, nel rispetto delle zone chiaroscurali e dei colori originali.
Il restauro del fregio perimetrale sottostante le pareti dei tre ambienti ha riportato alla luce il ricco disegno settecentesco a volute vegetali, in parte ricoperto e in parte malamente ripristinato nel corso di lavori di adeguamento effettuati a più riprese negli anni passati. Il risultato generale, ora che il lavoro è stato ultimato, mette in evidenza la delicatezza dei colori e la leggerezza dell'ornato (il cui motivo presenta affinità con il disegno degli scuretti delle finestre e di alcune porte interne del palazzo).
L'intervento sui ricchi stucchi che ornano il camino del salotto rosso e l'alcova ha eliminato l'accumulo di polvere sedimentata nel tempo e ha donato al disegno, molto articolato e di grande impatto visivo, la sua originale caratteristica materica e cromatica.

I dipinti
Anche i dipinti su tela appesi alle pareti delle tre sale dell'appartamento barocchetto sono stati oggetto di interventi, eseguiti dal laboratorio di restauro interno ai musei imolesi.
Come per altri elementi che arredano il palazzo anche nei dipinti erano ravvisabili da un lato storie di vicissitudini conservative lontane (vecchie foderature, sostituzioni di supporti, ridipinture, ecc.) o più recenti (come nel caso della tela ammuffita da una infiltrazione d'acqua dalla parete), dall'altro lato erano riconoscibili le trasformazioni legate alle esigenze della famiglia, come gli spostamenti dei quadri da una sala all'altra oppure l'adattamento di dipinti non pertinenti in cornici più grandi ed importanti.
Il restauro ha restituito consistenza alle tele strappate ed allentate e ha permesso la rilettura dei rapporti cromatici originali, appiattiti ed offuscati da materiali ossidati, polvere e pesanti rifacimenti pittorici. Ne costituisce un esempio evidente il paracamino, la superficie del quale era fortemente alterata da strati di sporco grasso e vernici scurite: la sua pulitura ne ha confermato la coerenza con i colori della caminiera ed ha permesso di riconoscervi elementi formali ed esecutivi comuni agli scuretti dipinti delle finestre e della porta dell'alcova.
Una scelta difficile si è imposta riguardo a uno dei dipinti del salotto del Papa, raffigurante una scena mitologica con figura femminile, un putto con arco e frecce e un vecchio barbuto paludato in un ampio manto e appoggiato a un bastone. Con le prime prove di pulitura è apparso evidente che l'acconciatura femminile e la figura maschile erano frutto di un completamento del dipinto in epoca più tarda rispetto a un originale "non finito", con alcune parti solo abbozzate, che raffigurava Venere con Amore e Vulcano (quest'ultimo in una più credibile versione ghignante, vestito da fabbro e appoggiato a un martello da forgiatore). La scelta di rimuovere le aggiunte, optata dalla direzione dei lavori, ha permesso di restituire al dipinto coerenza stilistica e leggibilità.
Ora l'appartamento barocchetto è stato riaperto al pubblico, anche se riprenderanno al più presto i lavori per portare a termine il restauro dell'arredo tessile nel salotto rosso, nel salotto del Papa e nel grande salone di rappresentanza su cui si affaccia il complesso di stanze. La nuova operazione riguarderà anche i mobili restanti, le cornici e i dipinti del salone.

Il progetto di restauro di palazzo Tozzoni - diretto da Claudia Pedrini (Musei comunali di Imola, Bologna) e da Luisa Bitelli (Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna) - è stato realizzato dalle seguenti imprese:
- Decorazioni murali: La Fenice S.n.c. di Loredana di Marzio & C., Imola
- Dipinti su tela: Marilena Gamberini, Laboratorio di restauro dei Musei comunali di Imola
- Ebanisterie: Laboratorio di restauro ligneo Enrico Brusa, Imola
- Arredi tessili: RT - Restauro tessile, Albinea (Reggio Emilia); Cigni & Coli S.n.c. (Reggio Emilia).

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