Rivista "IBC" IX, 2001, 4

Dossier: GOT in progress

biblioteche e archivi, dossier /

Osservazioni sui dati emersi dal primo Censimento nazionale del Gruppo BDS

Rossella Aprea
[bibliotecaria presso l'Istituto dermopatico dell'immacolata di Roma, coordinatrice del gruppo BDS - Bibliotecari documentalisti sanità]

Nel mese di aprile del 2000 un gruppo di bibliotecari e documentalisti biomedici decide di avviare una rilevazione nazionale sulla situazione delle biblioteche del Servizio sanitario nazionale. Il primo Censimento nazionale di queste strutture nasce come risultato di una serie di considerazioni effettuate dai bibliotecari del settore che, trovandosi da anni in una situazione spesso di abbandono e di indifferenza da parte delle proprie amministrazioni, decidono di porre all'attenzione pubblica la ormai insostenibile contraddizione di questo settore: soddisfare complesse esigenze di informazione biomedica spesso in condizioni strutturali ed organizzative molto carenti e senza personale professionale esperto. I bibliotecari ed i documentalisti, infatti, sono figure ancora non previste dal Contratto collettivo del comparto sanitario. Proprio le differenti e specifiche richieste degli operatori sanitari e dei pazienti necessiterebbero, invece, della presenza, sul posto di lavoro e sul territorio, di strutture informative efficienti in grado di scambiare informazioni in rete: cioè biblioteche e centri di documentazione professionalmente attrezzati. Per far emergere tali problematiche nasce il BDS - gruppo di Bibliotecari documentalisti sanità).

Il BDS si prefigge proprio come obiettivo generale quello di contribuire allo sviluppo di un sistema informativo sanitario nazionale attraverso la costituzione di una rete di biblioteche e centri di documentazione biomedici, tecnicamente attrezzati e dotati di personale professionale, che possa rappresentare una valida infrastruttura di supporto alla ricerca scientifica e al trasferimento delle conoscenze nella pratica clinica. Per sviluppare una rete di collaborazione tra bibliotecari, oltre che sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione delle biblioteche e dei bibliotecari biomedici, il gruppo, promotore del censimento, decide infatti che è necessario costituirsi, anche informalmente, e darsi un assetto organizzativo. Il censimento nazionale, che ottiene il patrocinio del Ministero della sanità, risulta il primo atto compiuto dal gruppo ed insieme con altre iniziative analoghe sorte a livello locale è il segno più evidente di una rinascita e di nuova consapevolezza della categoria. La pianificazione e la realizzazione condotta su base volontaria dei bibliotecari è lunga e difficile. Vengono inviati in meno di un mese 785 questionari, in alcuni casi effettuando un doppio invio alla stessa struttura, cioè all'amministrazione ed alla biblioteca. Pertanto le strutture effettivamente contattate sono state 510 con una percentuale complessiva di restituzione molto elevata, il 77,25% (cioè 394).

I dati generali appaiono immediatamente non confortanti. Le biblioteche ed i centri di documentazione biomedica, strutture fondamentali all' estero per l'informazione agli operatori ed ai cittadini, sono in Italia pochi (solo il 40% delle aziende che hanno risposto ne sarebbero dotati), molte, tra l'altro, versano in condizioni strutturali ed organizzative difficili, spesso prive di personale professionale, di mezzi tecnici e finanziamenti per l'aggiornamento. Delle 506 persone impiegate in biblioteca (mediamente uno o due addetti per biblioteca) solo il 7,71% dispone di un titolo di studio specifico. Le qualifiche con cui è inquadrato il personale sono disparate e fantasiose: infermiere, puericultrice, assistente sociale, amministrativo ecc. Non mancano pensionati volontari o direttori sanitari a cui è affidata unicamente la responsabilità di una semplice raccolta di volumi. La conseguenza di questa situazione è sotto gli occhi di tutti: la mancanza di un efficace sistema informativo sanitario nazionale, capace di attuare un pieno e tempestivo trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica clinica e di uniformare la qualità delle prestazioni erogate sul territorio nazionale.

I dati del censimento mostrano però che nel Servizio sanitario nazionale esistono centinaia di biblioteche e centri di documentazione, con densità decrescente dal nord al sud, eppure nell'ambito della legislazione sanitaria degli ultimi trenta anni non ci sono che brevi e generici riferimenti a queste realtà ed alla loro organizzazione e gestione. La mancanza di una qualsiasi forma di regolamentazione e di una politica istituzionale che intenda garantire a tali strutture essenziali fondi, strumenti informatici e personale qualificato in grado di svolgere i complessi compiti che la moderna società dell'informazione richiede, determinano quella varietà di situazioni che è stata riscontrata nel settore. Tutto, infatti, è affidato unicamente alla "sensibilità" e "discrezionalità" dei rispettivi amministratori. La causa di questa situazione va ricercata nel fatto che in Italia l'immagine delle biblioteche risente ancora oggi di una vecchia mentalità, o meglio di una mancanza di cultura in materia secondo la quale il bibliotecario sarebbe un custode passivo di libri e periodici. Una concezione diffusasi per la scarsa attenzione rivolta alle biblioteche nel nostro paese, mentre altrove, soprattutto nei paesi anglosassoni, è stato da sempre attribuito ad esse un ruolo chiave nella formazione e crescita culturale dei cittadini. Il bibliotecario biomedico, sin dagli anni Settanta, nei paesi anglosassoni già svolgeva un ruolo attivo, cioè progettava e produceva le più importanti basi di dati del settore, quali Medline (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/PubMed/) della National Library of Medicine di Bethesda (http://www.nlm.nih.gov).

Proprio per questo motivo i bibliotecari e documentalisti biomedici hanno ritenuto opportuno avviare una serie di iniziative per tentare autonomamente e direttamente di modificare questa visione miope e procedere alla costruzione ed allo sviluppo di una rete collaborativa tra le biblioteche al fine di evitare la duplicazione degli sforzi e garantire una effettiva circolazione dell'informazione.

 

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