Rivista "IBC" XI, 2003, 3
biblioteche e archivi / immagini, progetti e realizzazioni
In occasione di "Conservare il Novecento. La fotografia specchio del secolo", il convegno organizzato il 4 aprile 2003 dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC nell'ambito del Salone ferrarese del restauro, la stessa Soprintendenza ha pubblicato un fascicolo intitolato Foto graphia, che fa il punto sulle attività di catalogazione e tutela dei fondi fotografici in Emilia-Romagna. Ne abbiamo estratto il saggio introduttivo della curatrice.
Alle origini della catalogazione
Perché non catalogare le fotografie, multipli per eccellenza, al pari dei libri, perché non rendere disponibile e fruibile un patrimonio eccezionale quanto misconosciuto? Perché non tentare sperimentazioni in proposito vista l'esistenza di molteplici fondi fotografici in regione e di un possibile veicolo per le informazioni costituito dalla rete del Servizio bibliotecario nazionale (SBN)?
Queste le domande che, a partire da un pomeriggio primaverile, collocabile intorno alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, sollecitarono per circa un quinquennio il confronto tra un ristretto consesso di bibliotecari, archivisti, fotografi e storici dell'arte riuniti per volontà dell'allora soprintendente bibliografico nel magnifico salone di rappresentanza della Soprintendenza per i beni librari della Regione Emilia-Romagna. I convenuti, chiamati a dar risposte ai quesiti attraverso argomentazioni ampie e puntuali sciolte da ogni formalismo nell'espressione, erano infervorati in un parlar "a ruota libera" favorito e stimolato dalla sfida intellettuale implicita nella richiesta e dall'amenità del luogo, un salone settecentesco aperto in un sereno cielo dipinto con gioviali divinità affacciate a una aerea balaustra.
Quel cielo amico popolato di divinità pagane e di personificazioni delle Stagioni ha visto il succedersi delle varie "stagioni della catalogazione della fotografia" che da allora la Soprintendenza ha promosso e coordinato in regione assumendo il ruolo di catalizzatore di richieste provenienti da esigenze concrete di gestione, conservazione e valorizzazione. È stata la prassi ad alimentare la teoria che, organizzata in un Manuale, è poi divenuta guida nelle numerose operazioni di riordino e archiviazione delle tante raccolte presenti in regione.
Fin dall'inizio si è cercato di coniugare speculazioni su natura e funzioni della fotografia a sperimentazioni e prove di catalogazione condotte sul campo. Si sono succeduti innumerevoli incontri seminariali cui hanno partecipato rappresentanti di istituzioni regionali quali l'Archivio storico del Comune di Parma, le biblioteche "Panizzi" di Reggio Emilia, "Poletti" di Modena, dell'Archiginnasio di Bologna, la Malatestiana di Cesena, la Classense di Ravenna nonché la Cineteca comunale di Bologna. Si sono avviati confronti, analisi e sperimentazioni corroborati da giornate di studio con storici della fotografia, Marina Miraglia in particolare, ed esperti stranieri quali Anne Cartier-Bresson, oggi direttrice de l'Atelier de Conservation de la photographie de la Maison Europèenne de la Photographie di Parigi, Grant Romer e James M. Reilly della George Eastman House e del Kodak Image Permanence Institut di Rochester. Particolari attenzioni sono state dedicate al riconoscimento e all'identificazione delle tecniche fotografiche storiche a partire dalla considerazione che nella fotografia i dati tecnici e fattuali siano tutt'uno con le forme espressive e che proprio da essi partano le prime operazioni di conoscenza e pertanto di tutela e conservazione.1 Questa messe di iniziative ha dato vita a La fotografia. Manuale di catalogazione,2 edito nel 1990, anno nel quale si realizzò pure il primo prototipo di un modulo dedicato alla gestione della grafica nel software di catalogazione Sebina.
La fotografia. Manuale di catalogazione
Sono passati tredici anni dalla pubblicazione del Manuale ed è trascorso un secolo; un tempo breve e lunghissimo nel quale la catalogazione della fotografia ha subìto un processo di accelerazione come mai era accaduto, nel nostro paese, dal momento della sua prodigiosa scoperta. Se l'esigenza di conservare fotografie era già sentita alla fine del XIX secolo, come attesta la nascita del Gabinetto fotografico nazionale nel 1892, e se nel 1904, fondando un Archivio fotografico presso le Regie Gallerie degli Uffizi, Corrado Ricci aveva l'intento di raccogliere "[...] nel maggior numero possibile fotografie d'opere d'arte, di luoghi, d'avvenimenti, di persone ragguardevoli in ogni campo dello scibile [...]", non sono esistite sino al 1990 norme nazionali di catalogazione e nemmeno regole comportamentali diffuse e condivise almeno a livello regionale. La fotografia, "bene di confine" ugualmente presente, quando non dispersa o accatastata in depositi polverosi, in biblioteche, archivi e musei era "condizionata" e "trattata" non tanto in aderenza alla sua intrinseca natura ma a discendere dalle specifiche vocazioni disciplinari di ogni istituto.
Il Manuale, pur di impianto biblioteconomico, ha tentato un approccio interdisciplinare verso questo bene culturale, tenendo conto di suggerimenti e regole provenienti sia dalla tradizione archivistica che da quella storico-artistica. La normativa proposta è discesa dalla concezione della fotografia come opera autonoma, frutto di una disciplina che, seppur giovane perché fondata a partire dal 1839, è dotata di storia e statuti specifici. Il superamento dell'annosa dicotomia opera/documento e il riconoscimento di un valore comunque attribuibile all'immagine fotografica, intesa come un unicum di contenuti, forma espressiva ed elementi tecnico-fisici, ha fatto crescere la coscienza che le immagini fotografiche si possono e si debbono catalogare. La polisemia della fotografia, arte autonoma e al contempo ancella di ogni altra disciplina bisognosa di sostegno documentario, ha per molto tempo tenuto a distanza ogni pratica classificatoria, fatta eccezione per i cataloghi di vendita dei fotografi e quelli, molto più tardi, degli storici e degli studiosi.
La predisposizione di norme per la catalogazione offre la possibilità di dar conto in maniera razionale e ordinata di contenuti, autori, tecniche e supporti delle immagini; consente di descrivere e indicizzare, creare archivi di titoli, di autori, di soggetti, archivi strutturati con criteri biblioteconomici e pertanto condivisibili e consultabili, al pari di quelli del materiale librario, sulla medesima rete informativa.
Il Manuale ha affermato con forza il principio di autorità: autore principale della fotografia è il fotografo, assunto soltanto apparentemente lapalissiano se confrontato con la prassi ancora in uso nelle fototeche d'arte o, meglio, di riproduzione/traduzione del patrimonio storico-artistico, le cui voci di autorità rimandano a Raffaello, Correggio, Michelangelo, Carracci. Questi autori non cessano di essere presenti, anzi, dotati di opportuni codici di qualificazione vengono esaltati all'interno di archivi di autorità in cui, finalmente, è dato spazio agli artefici delle traduzioni fotografiche delle loro opere, interpretazioni che un autore, il fotografo, propone o ri-propone in specifiche forme espressive.
La fotografia in SBN
Nel corso di tredici anni il Manuale è divenuto strumento di lavoro impiegato in molte imprese di catalogazione avviate in biblioteche e archivi non soltanto della regione Emilia-Romagna, ove - unitamente all'impiego di un software di catalogazione, Sebina, compatibile e in colloquio con l'Indice SBN - ha consentito di predisporre la gestione delle informazioni bibliografiche sulla fotografia nei Poli che alimentano l'Indice stesso. Oggi, negli OPAC (On line Public Access Catalogues) dei Poli di Parma, Unificato Bolognese, della Regione Emilia-Romagna di Bologna e della Rete bibliotecaria di Romagna, sono consultabili migliaia di catalogazioni di fotografie appartenenti a istituzioni a essi afferenti: dal Centro studi e archivio della comunicazione (CSAC) dell'Università di Parma all'Archivio storico comunale di Parma, dalla Cineteca alla Biblioteca dell'Archiginnasio e all'Archivio storico dell'Università di Bologna, fino alle biblioteche Classense di Ravenna, Gambalunga di Rimini, Malatestiana di Cesena.
Va ricordato che il Manuale è stato altresì propedeutico alla stesura della normativa pubblicata (nel 1999, a cura di Francesca Bonetti) dall'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD), che si è finalmente dotato di norme per la catalogazione della fotografia. La presenza della Soprintendenza per i beni librari della Regione Emilia-Romagna e dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (ICCU) all'interno del composito gruppo di lavoro che ne ha elaborato i contenuti, ha reso possibile l'individuazione di un set di dati che, contraddistinto da labels UNIMARC, potrà costituire l'ossatura di attività di import/export da un formato di catalogazione all'altro.
La fotografia. Manuale di catalogazione, II edizione
La necessità delle biblioteche rimane quella di continuare la catalogazione, secondo il cammino già intrapreso seguendo norme che consentano la gestione della fotografia all'interno di cataloghi integrati consultabili in OPAC di singole istituzioni, di Polo o, tra breve, di Indice. Esaurita la prima edizione del Manuale è in corso di stesura la seconda, che verrà pubblicata in coedizione con l'ICCU. La predisposizione del nuovo Manuale si pone l'obiettivo di approntare uno strumento utile per qualsivoglia operazione di catalogazione partecipata della fotografia.
Catalogazioni analitiche di interi fondi fotografici hanno consentito, nel tempo, l'affinamento delle regole catalografiche, la definizione sempre più puntuale dei livelli di descrizione, dell'ordine e della gerarchia delle fonti di informazione, delle unità documentarie, l'individuazione di "legami" interni alla fotografia o capaci di relazionarla con altre tipologie di beni: i libri, le opere grafiche, quelle pittoriche, scultoree o architettoniche, i complessi documentari. Le difficoltà insite nella creazione di titoli per le immagini che ne sono sprovviste, unitamente a quelle per la formulazione di stringhe di soggetto, nonché la necessità di rendere esplicite le relazioni intrinseche ed estrinseche alla fotografia (dal legame tra il negativo e i positivi da questo stampato, ai rapporti tra originale, copia, duplicato, contraffazione, alle relazioni tra fotografia e opera riprodotta, ecc.) hanno sottolineato la necessità di corredare l'opera di nuove appendici, che saranno relative alla Soggettazione, ai Legami, all'import/export UNIMARC. L'avvento della fotografia digitale rende altresì necessaria la puntualizzazione della normativa anche in tal senso, tenendo ben presente la profonda differenza concettuale che esiste tra una fotografia realizzata in digitale e la digitalizzazione di immagini e testi di qualsivoglia natura, trattabili questi ultimi come risorse elettroniche.3
Se la catalogazione condotta sul campo ha consentito di affinare ancor più le regole di descrizione, la gestione dell'informazione all'interno di cataloghi integrati ha reso altresì evidente e improrogabile la necessità di un un adeguamento delle RICA (Regole italiane di catalogazione per autore) atto ad accogliere e disciplinare la creazione di voci di intestazione per nomi convenzionali, denominazioni generiche e formali, pseudonimi, ragioni commerciali, frequentemente presenti nella fotografia, soprattutto in quella di riproduzione del patrimonio storico-artistico, ove la problematica della scelta e della forma del nome investe ugualmente il fotografo e il creatore dell'opera d'arte di cui, spesso, si ignora il nome reale. L'esigenza, in realtà, è condivisa dall'intero mondo delle arti grafiche, dalle stampe ai disegni alla stampa minore (figurine, etichette, ecc.) alla cartografia ai manifesti, per citare almeno le tipologie di immagini che l'Indice si appresta a gestire.
Catalogare o digitalizzare?
La catalogazione è una pratica complessa che richiede tempo ed elevate competenze professionali; le fotografie non sono libri, non hanno frontespizi, spesso sono solamente immagini anonime prive di titolo, di data di esecuzione e tanto meno di indicazioni circa la tecnica di esecuzione. Per poterle "leggere" servono conoscenze storiche, stilistiche e tecniche, per poterle contestualizzare è opportuno condurre ricerche senza tralasciare nessuna fonte, da quelle bibliografiche, a quelle documentarie a quelle orali. Ne conseguono tempi direttamente proporzionali alla quantità di fotografie sedimentate negli archivi e inversamente proporzionali alla velocità con la quale le immagini, oggi, scorrono e si moltiplicano. La scarsità di risorse umane ed economiche, unitamente a una ancor debole cultura fotografica che affligge endemicamente molte istituzioni del nostro paese, fanno intravedere nella facilità con la quale un'immagine può essere trasposta su CD o DVD una sorta di sostituto della catalogazione. Si tratta, ovviamente, di una falsa impostazione del problema. La digitalizzazione, se consistente in mera trasposizione della fotografia da un supporto all'altro, non implica processi conoscitivi, è di straordinario aiuto per la conservazione delle immagini, che in tal modo vengono riposte e ben conservate, ed è di sicuro ausilio alla catalogazione, che comunque non può surrogare.
Per la fotografia la necessità della catalogazione è assolutamente prioritaria: si tratta di metterla in atto con scelte e strategie finalizzate a ottimizzare obiettivi e risultati. Un aiuto certo viene dall'identificazione, caso per caso, archivio per archivio, dell'unità documentaria di riferimento, non necessariamente costituita dalla singola immagine o da vere e proprie serie di immagini; punto di partenza può essere una raccolta, una collezione, un reportage, un censimento, una campagna di catalogazione, un rilevamento. L'uso di una strutturazione dei dati di matrice biblioteconomica, l'esistenza, a monte, di chiare definizioni di "legami", accanto all'individuazione di un set minimo di dati che costituisce la catalogazione, consentono di formalizzare primi livelli di catalogazione suscettibili di esplodere in catalogazioni analitiche con tempi e modalità successivi e indipendenti dai primi approcci conoscitivi.
Per una geografia della fotografia
L'attività di catalogazione della fotografia condotta sul campo, cioè all'interno di biblioteche, archivi, musei e centri di documentazione, ci consente di tracciare una mappa dei fondi e delle raccolte maggiormente interessanti presenti in regione suggerendo in proposito alcune riflessioni di carattere generale.
Accanto a prestigiose raccolte di immagini storiche tra cui spiccano per quantità e qualità quelle conservate alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, alla "Saffi" di Forlì e alla Classense di Ravenna, sono presenti archivi legati al giornalismo come quello, straordinario per completezza e complessità di documenti, relativo a "Il Giornale d'Italia" (Biblioteca comunale di San Giovanni in Persiceto, Bologna) o quello del fotografo Davide Minghini (Biblioteca "Gambalunga" di Rimini) per decenni attivo a Rimini per "Il Resto del Carlino", autore prolifico di immagini legate alla città balneare e ai numerosi eventi di cui fu protagonista dagli anni Cinquanta in poi grazie alla presenza catalizzante di Federico Fellini [si veda in questo numero, oltre alla selezione del repertorio fotografico di Minghini, l'articolo di Oriana Maroni sulla mostra a lui dedicata, ndr]. Nel primo caso si tratta di immagini strettamente legate a un poderoso archivio cartaceo già organizzato in rubriche perché d'uso corrente all'interno del giornale, nel secondo caso invece siamo di fronte a un fondo di sole immagini, prevalentemente negative, organizzato in buste e raccoglitori con veloci annotazioni dell'autore per identificare personaggi e situazioni.
Di notevole interesse, sempre in Romagna, sono poi raccolte meno consistenti ma importanti per la conoscenza della produzione amatoriale, come è nel caso di Agostino Lelli Mami e dell'attività degli studi di provincia negli anni Venti del ventesimo secolo, epoca nella quale si diffonde la riproduzione di libri e documenti su richiesta di filologi e iconologi, attività nella quale, fra le altre, fu impegnato il cesenate Augusto Casalboni.4
Assai copiose le raccolte di fotografie sul cinema e lo spettacolo dai fondi ricchissimi della Cineteca comunale di Bologna e del Centro culturale San Biagio di Cesena a quelli, tra Ottocento e Novecento, conservati all'Archivio storico del Teatro Regio di Parma, ove sono i ritratti d'artista del "Fondo Ferrarini", o della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, in cui si segnala il "Fondo Cervi".
Per quanto riguarda la riproduzione/traduzione del patrimonio storico-artistico si segnalano i fondi della Biblioteca di storia dell'arte "Luigi Poletti" di Modena, del Museo di Schifanoia di Ferrara, e della Biblioteca Manfrediana di Faenza (in quest'ultima è la straordinaria messe di immagini dell'"Archivio Corbara").
Per concludere va menzionata la Fototeca dell'Istituto per beni culturali della Regione Emilia-Romagna, scrigno che raccoglie quasi trent'anni di attività dell'istituzione, specchio di una concezione e di un utilizzo della fotografia come strumento di censimento dei beni culturali e come autonoma forma espressiva. Il progetto di catalogazione delle quasi centosettantamila immagini che la compongono è in fase di avanzato svolgimento e prevede di rendere disponibile a partire dall'autunno la prima tranche di lavoro terminata.5 Lasciando ad altra sede considerazioni sulle scelte catalografiche intraprese, sulle tipologie di immagini presenti, sull'importanza e sull'incidenza della fotografia nella politica culturale perseguita dall'Istituto, mi preme sottolineare l'unicità di questo complesso di immagini. Qui, "natura e cultura" della regione Emilia-Romagna sono ugualmente rappresentate in un intreccio di ricerche tematiche, di indagini, riflessioni e proposte i cui molteplici obiettivi sono sempre e comunque riconducibili all'insegna della tutela,6 della salvaguardia e della valorizzazione dei beni culturali, tra i quali, non ultima è la fotografia.
Note
(1) Si veda in proposito: R. Vlahov, L. Bitelli, A proposito di conservazione, in Foto graphia. Attività di catalogazione e tutela dei fondi fotografici in Emilia-Romagna, Bologna, IBC, 2003, pp. 11-13 (www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/fotographia/fotographia.htm ).
(2) La fotografia. Manuale di catalogazione, a cura di G. Benassati, Bologna, IBC-Grafis, 1990.
(3) Si veda in proposito: La catalogazione delle risorse elettroniche in SBN, Roma, ICCU, 1999.
(4) Agostino Lelli Mami fotografo amatoriale, a cura di G. Benassati e G. Boni, con la collaborazione di G. Lelli Mami, Cesena, SILA, 1994; Augusto Casalboni "più che fotografo, artista e appassionato studioso", a cura di G. Boni e D. Savoia, Cesena, Società Editrice "Il Ponte Vecchio", 2002.
(5) Si vedano in proposito: A. Bertoni, M. Ferrarini, La memoria delle immagini. L'Emilia-Romagna nella fototeca dell'IBC, in Foto graphia, cit., pp. 15-17; A. Bertoni, Un caso esemplare: le IPAB, ibidem, p. 19; P. Zucco, Il primo censimento fotografico dell'Istituto per i beni culturali. Gli insediamenti storici dell'Appennino forlivese, ibidem, pp. 21-22 (www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/fotographia/fotographia.htm ).
(6) Si veda in proposito: A. Campagna, La tutela delle fotografie in tre mosse, ibidem, pp. 9-10.
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