Rivista "IBC" XI, 2003, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / leggi e politiche, pubblicazioni

Il diritto dei beni culturali, a cura di C. Barbati, M. Cammelli, G. Sciullo, Bologna, il Mulino, 2003.
Beni culturali: le regole del gioco

Giulio Volpe
[docente di Legislazione dei beni culturali all'Università di Roma Tre]

Il volume Il diritto dei beni culturali testimonia, una volta di più, l'esistenza di una scuola bolognese, che oltre agli autori in commento (Carla Barbati, Marco Cammelli, Girolamo Sciullo) annovera altri esperti di chiara fama; esso conferma altresì, più in generale, il crescente interesse degli studiosi di diritto nei confronti delle tematiche inerenti al variegato settore dei beni culturali, tanto sul versante della loro disciplina amministrativa quanto su quelli afferenti ad altre branche della scienza giuridica, nonché l'ospitalità non distratta che la casa editrice il Mulino riserva da diversi anni all'argomento. Proprio il Mulino, cinque anni fa, ha tenuto a battesimo una rivista consultabile esclusivamente via internet (www.aedon.mulino.it), di cui Marco Cammelli e Carla Barbati sono rispettivamente direttore e responsabile di redazione. Non a caso in premessa al testo che qui ci occupa si asserisce che esso "trova i suoi riferimenti ideali nel progetto culturale che è stato alla base della fondazione, nel 1998, della rivista `Aedon. Rivista di arti e diritto on line'".

Oltre a rappresentare compiutamente la disciplina giuridica della materia alla luce dell'intensa evoluzione di cui questa è stata oggetto nell'ultimo decennio, e soprattutto a seguito delle "leggi Bassanini" del 1997 e del Testo unico per i beni culturali e ambientali del 1999, nonché l'assetto delle competenze quale scaturisce dal decreto legislativo 112/98 e dalla revisione costituzionale del 2001, il testo in esame indica i punti deboli di tale intricato o magmatico quadro normativo, e suggerisce alcuni possibili correttivi.

Marco Cammelli nel capitolo di apertura segnala l'avvento di profonde trasformazioni. Prima fra tutte la "dilatazione (qualitativa e quantitativa) dei beni culturali", riferibile anche a motivazioni patologiche - il mancato censimento dei beni culturali - e non solo fisiologiche. Ancora, l'"ampliarsi e diversificarsi della domanda" con particolare riferimento alla fruizione di massa; la rilevanza crescente dei compiti di gestione, con la declamata partecipazione di privati e di soggetti pubblici diversi dallo Stato, i cui ambiti di azione e di interazione sono ancora tutt'altro che definiti. A fronte di ciò, nell'analisi di Cammelli si ravvisa una disciplina sostanziale (il Testo unico) pressoché immutata rispetto alla legge fondamentale del 1939, e una nuova organizzazione ministeriale (il decreto legislativo n. 368 del 1998 e ulteriori ritocchi) che di nuovo ha ben poco. Ne risulterebbero apparati "sovraccarichi" e "sovraesposti" e uno "squilibrio sul lato delle garanzie nei rapporti tra provvedimenti di tutela e destinatari", accentuato dalla difformità dei criteri d'azione tra le sedi periferiche dell'amministrazione statale.

L'ontologia giuridica del bene culturale, oltre al quadro delle funzioni, è trattata adeguatamente da Girolamo Sciullo. Ampio spazio è dato al disegno costituzionale e istituzionale dopo la riforma del Titolo V, nonché alle "esternalizzazioni" (outsourcing), ovvero il ricorso a soggetti esterni per l'assolvimento di compiti amministrativi, sulla strada aperta rispetto ai beni culturali dalla legge Ronchey dieci anni or sono.

Nel manuale in esame dunque, il principio di sussidiarietà, cardine della riforma amministrativa, viene opportunamente contemplato e sviscerato rispetto alla materia in oggetto, nelle declinazioni verticale (rapporti fra diversi livelli di governo, decentramento) e orizzontale (partecipazione di soggetti privati). È dato riscontrarvi la propensione, già altrove manifestata dagli autori, per un sistema dei beni culturali articolato in un centro capace di indicare i criteri guida e di assicurare qualità e omogeneità di azione sul fronte cruciale della tutela, e in un forte decentramento rispetto al variegato versante della valorizzazione/gestione, così da sgravare lo Stato di un peso ritenuto insostenibile. Nell'acceso dibattito in corso queste argomentazioni si confronteranno con quelle di chi - come il consigliere del ministro per i beni e le attività culturali, Salvatore Settis - ritenga "speciosa e dannosa" la disgiunzione di tutela e valorizzazione, e asserisca la necessità di un "prioritario ruolo dello Stato", con potestà pressoché esclusiva sui beni di proprietà statale.

Encomiabile mi è parsa inoltre la sottolineatura delle reazioni indignate del mondo della cultura all'istituzione di "Patrimonio SpA" (e "Infrastrutture SpA"), da molti vista come l'intento di fare cassa attraverso la "sdemanializzazione" e la vendita di brani del patrimonio artistico italiano; importante la presenza del contributo dell'ex soprintendente milanese Pietro Petraroia, frutto di lunga esperienza sul campo; assai utile, nei capitoli finali, l'esposizione dei lineamenti essenziali del regime fiscale (Maria Cecilia Fregni) e della tutela penale (Vittorio Manes) in materia di beni culturali.

 

Il diritto dei beni culturali, a cura di C. Barbati, M. Cammelli, G. Sciullo, Bologna, il Mulino, 2003, 272 p., Ç 20,00.

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