Rivista "IBC" XII, 2004, 3

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, leggi e politiche

Il 24 luglio 2004 a Torino si è concluso il Meeting internazionale dello "Scudo Blu", l'istituzione voluta dall'ONU per prevenire e contrastare i disastri causati al patrimonio culturale da guerre e calamità naturali. Il Comitato italiano sta muovendo i primi passi.
Blu: il colore della sicurezza

Massimo Carcione
[International Council of Museums - ICOM Italia]

Nel 1996 per iniziativa dell'UNESCO e delle quattro più prestigiose organizzazioni internazionali non governative del settore del patrimonio (ICOMOS, ICOM, ICA e IFLA)1 è stato istituito il Comitato internazionale dello Scudo Blu (ICBS). Obiettivo: costituire una struttura molto snella e conseguire alcune finalità tanto semplici da enumerare quanto difficili da realizzare:

  • la protezione del patrimonio culturale mobile e immobile, la sua salvaguardia e il suo rispetto - in tempi normali come nel corso di situazioni eccezionali - devono iscriversi nelle politiche e nei programmi a livello internazionale, nazionale, regionale e locale;
  • ogni istituzione che si occupa del patrimonio culturale dovrebbe integrare la gestione e la prevenzione dei disastri nelle operazioni finalizzate a evitare la sua perdita o il suo deterioramento, in tempi normali come in situazioni eccezionali;
  • per evitare la perdita o il degrado del patrimonio culturale in situazioni d'urgenza, occorre migliorare le misure preventive, la pianificazione d'emergenza, il pronto intervento e il restauro;
  • per arrivare a ciò, occorrono strategie che valutano e riducono i rischi, migliorano la capacità d'intervento e assicurano la cooperazione di tutte le istituzioni interessate alla gestione delle situazioni d'urgenza a livello locale, nazionale e internazionale.

Il 14 aprile 2000, l'ICBS ha adottato a Strasburgo la propria "Carta", che ha fissato sei principi fondamentali per l'attività futura: coordinamento, indipendenza, neutralità, professionalità, rispetto dell'identità culturale e volontariato (non profit); è giusto sottolineare il fatto che il segretariato internazionale dell'ICOMOS ha dato, nei primi anni di vita dello Scudo Blu internazionale, un contributo particolarmente significativo a questo grande sforzo organizzativo. Altri due importanti documenti internazionali, cioè il II Protocollo aggiuntivo alla Convenzione del 1954 (L'Aja, 1999) e il Documento conclusivo del Congresso internazionale UNESCO sul patrimonio culturale in pericolo (Parigi, 1999) hanno già individuato l'ICBS come referente internazionale autorevole e credibile sia nelle situazioni belliche sia nelle calamità.

A livello nazionale gli sforzi delle diverse istituzioni, organizzazioni ed associazioni attente al problema e attive in questo settore (sinora in modo quasi sempre disgiunto e scoordinato) devono dunque essere coalizzati all'interno di "Comitati nazionali dello Scudo Blu" e mirati a sensibilizzare l'opinione pubblica, a sollecitare e sostenere i governi, ma anche a svolgere funzioni attive e operative in modo autonomo o per conto dello stato, come ad esempio:

- la proposta e la progettazione di iniziative di salvaguardia dei più importanti beni e siti nazionali, in primis quelli già iscritti alla "Lista del patrimonio mondiale", con particolare riferimento al censimento, alla predisposizione di piani di sicurezza, all'inserimento nella cartografia militare;

- l'eventuale segnalamento con lo "Scudo Blu" (cioè il simbolo internazionale di riconoscimento dei beni culturali, previsto dalla Convenzione del 1954);

- una più stretta e continuativa collaborazione con le università, finalizzata alla formazione di specialisti (militari e civili) e di personale delle associazioni di volontariato culturale e della protezione civile;

- lo studio, l'organizzazione e la gestione di progetti e missioni di cooperazione internazionale, dapprima solo di natura tecnica e consultiva, ma magari in futuro anche operativa;

- l'organizzazione di strutture di coordinamento e pronto intervento (ovviamente nel rispetto delle competenze dei diversi organi dello stato, e dunque in funzione di supporto, collaborazione e consulenza ad esse) in tutte le future occasioni di calamità o di rischio per il patrimonio nazionale.

Le recenti esperienze dell'ex Jugoslavia in ambito militare (con il censimento dei danni ai monumenti e la sorveglianza dei siti storici e religiosi contro saccheggi e violenze) e del terremoto in Umbria e Marche (ma anche delle molte alluvioni) nel settore della protezione civile, hanno provato oltre ogni ragionevole dubbio che la "macchina culturale" pubblica italiana ha estremo bisogno delle organizzazioni non governative e del volontariato specializzato per far fronte a tutte le situazioni di crisi: dunque i tempi sono maturi per concretizzare e dare vita anche nella nostra realtà a questa nuova istituzione di rilevanza internazionale.

Nella primavera del 2001 ad Acireale (Catania) si sono incontrati i rappresentanti delle quattro istituzioni italiane più attive nei settori della protezione dei beni culturali e della diffusione dei relativi principi giuridici internazionali: la Società italiana per la protezione dei beni culturali (SIPBC), l'ICOM Italia, l'Istituto di diritto umanitario di Sanremo e il Comando tutela patrimonio artistico dei Carabinieri; nel documento ormai noto come "Dichiarazione di Acireale" le quattro istituzioni si sono trovate d'accordo nell'affermare che è necessario promuovere e sviluppare l'applicazione in Italia, a partire dal tempo di pace, delle misure di "salvaguardia" del patrimonio nazionale. Su questi presupposti le organizzazioni aderenti - cui si sono subito aggiunti anche ICOMOS Italia, Associazione italiana biblioteche (AIB) e Associazione nazionale archivistica italiana (ANAI) - si sono impegnate a operare congiuntamente, nel pieno rispetto delle rispettive prerogative e della reciproca autonomia, per costituire quanto prima il comitato promotore dello "Scudo Blu italiano", promovendo a tal fine l'adesione di tutte le altre istituzioni operanti a livello nazionale nel settore, nonché una collaborazione attiva e operativa con l'UNESCO e l'ICCROM (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property), con le strutture governative, con gli istituti specializzati del Ministero per i beni e le attività culturali e con le soprintendenze.

Proprio in questo spirito, il 25 giugno 2001 alla Farnesina, sede del Ministero per gli affari esteri - cioè la struttura governativa che si occupa delle relazioni culturali internazionali, della cooperazione internazionale e della stipula e ratifica delle convenzioni internazionali in questa materia - si è tenuta la prima riunione preparatoria, allo scopo di avviare finalmente la procedura costitutiva del Comitato italiano dello Scudo Blu. Si è poi tenuta, nel dicembre 2001, una seconda riunione del Comitato promotore (questa volta presso il Ministero per i beni culturali), che ha visto la presenza ufficiale di undici soggetti aderenti e di numerose altre istituzioni pubbliche e private interessate a seguire la vicenda costitutiva per poi instaurare forme diverse di cooperazione e sostegno; una terza riunione, nel giugno 2002 (ancora al Ministero per gli affari esteri) ha visto salire a 20 il numero dei soggetti pubblici e privati a diverso titolo interessati al progetto, tra i quali il Nucleo tutela patrimonio archeologico della Guardia di finanza, "Italia Nostra", "Legambiente", l'Associazione nazionale Carabinieri, il Centro nazionale del volontariato, l'Osservatorio permanente per la protezione dei beni culturali e ambientali in area di crisi (OPBC) di Napoli e tanti altri. Infine, nel settembre 2002, la Commissione nazionale italiana per l'UNESCO ha inserito ufficialmente il progetto "Scudo Blu italiano (SBI)" tra le proprie attività istituzionali, offrendosi anche di ospitarlo nella sua prestigiosa sede di Palazzo di Firenze, a Roma.

Dunque lo Scudo Blu italiano (www.icom-italia.org/scudo blu/scudo_blu.htm) sarà un coordinamento di organizzazioni non governative, associazioni, istituzioni ed enti culturali di rilevanza nazionale con l'obiettivo generale di promuovere azioni atte a garantire il rispetto e la salvaguardia del patrimonio culturale presente nel territorio nazionale, promuovendo la "cultura della sicurezza e della protezione" dei beni culturali in caso di conflitto armato o di calamità naturale. Solo in una seconda fase, una volta acquisita una prima "base" associativa e di corenza complessiva del progetto, si prevede di instaurare rapporti istituzionali, amministrativi e tecnici con i ministeri dei Beni culturali, dell'Ambiente, della Difesa, della Protezione civile e dell'Interno, e soprattutto con i loro organi e istituti specializzati: Istituto centrale per il restauro (ICR), Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD), Opificio delle pietre dure, Dipartimento della protezione civile, Ispettorato nazionale Vigili del fuoco, Consiglio nazionale delle ricerche e tanti altri; non dovranno essere trascurate le Regioni con le loro strutture operative e di ricerca (basti pensare all'Istituto per i beni culturali dell'Emilia-Romagna), e gli enti locali attraverso i rispettivi coordinamenti.

Quando tutti i partner avranno formalizzato la loro adesione e approvato lo statuto, si dovrà iniziare ad operare: o meglio, si dovrà iniziare a mettere il "marchio" dello Scudo Blu alle diverse iniziative che già da tempo le singole istituzioni svolgono in questo ambito (e non sono affatto poche né di scarso rilievo); si tenterà poi di avviare un coordinamento delle stesse e una o più azioni comuni, fermo restando che si vuole creare un coordinamento, e non un nuovo ed ulteriore "carrozzone" che pretenda poi di sovrapporsi e inglobare le singole organizzazioni, la loro competenza ed esperienza specifica, e le loro indiscutibili prerogative, che dello Scudo Blu italiano devono costituire la base e la ricchezza, e non certo un limite.

L'attività dello SBI potrebbe essere orientata soprattutto alla formazione tecnica degli esperti in materia di prevenzione e sicurezza, mettendo in comune le esperienze acquisite, ad esempio, dall'ICOM attraverso la propria struttura specializzata nella sicurezza dei musei, dai gruppi di protezione civile di "Legambiente", dall'OPBC di Napoli (in occasione delle campagne di rilevazione dei danni nella ex Jugoslavia, in Kosovo e più recentemente in Afghanistan) o dalla SIPBC grazie ai contatti instaurati a livello internazionale, soprattutto con la Svizzera. A questo scopo servono però alcuni "strumenti":

  • l'istituzionalizzazione della figura dell'addetto alla manutenzione preventiva dei beni culturali, che si affianchi alle attuali professionalità del responsabile della sicurezza e del restauratore, partendo dal presupposto che nel 90% almeno dei musei e siti tale funzione dovrebbe essere svolta da personale volontario di protezione civile;
  • la diffusione di manuali completi, comprensibili e facilmente reperibili, tra i quali si possono annoverare testi come l'ottimo Manuale di gestione dei rischi relativi al patrimonio culturale mondiale (Roma, ICCROM, 1998, in inglese) e il vocabolario internazionale dei Termini per la sicurezza nei Musei (Berlino, ICOM-ICMS, 2000, in cinque lingue tra cui l'italiano, a cura di C. Teruzzi);
  • la possibilità di svolgere ordinariamente (come avviene ad esempio in Svizzera) le attività di esercitazione pratica in occasione dei lavori di manutenzione su musei o monumenti, di campagne di schedatura, riordini delle collezioni e dei depositi, allestimenti di mostre, ecc., acquisendo così confidenza con i responsabili e conoscenza dei luoghi e dei problemi;
  • una più decisa e convinta implementazione da parte dell'ICR della "Carta del rischio", senza attendere che i dati necessari siano acquisiti in seguito agli eventi calamitosi avvenuti negli scorsi anni in aree come Piemonte, Marche o Umbria;
  • l'aggiornamento del Piano nazionale di protezione civile, con l'esplicita previsione delle norme, procedure e misure da adottare per la protezione del patrimonio culturale immobile e mobile;
  • l'avvio di sistematiche campagne nazionali e regionali di valutazione e verifica dei rischi specifici per le diverse categorie di beni culturali: la corretta manutenzione di scoli e gronde per evitare infiltrazioni o umidità; il controllo di negozi o attività pericolose nei pressi o all'interno di musei, biblioteche e monumenti; la disponibilità di idonei contenitori e spazi per l'imballaggio e la messa in sicurezza di opere d'arte evacuate d'urgenza; la schedatura di sicurezza di musei minori, chiese, ville e castelli a rischio di saccheggio; il controllo dei sistemi antifurto di musei e chiese, ecc.;
  • l'inserimento di un esperto in sicurezza del patrimonio (professionale o volontario) in tutte le varie commissioni o strutture di protezione civile istituite presso Comuni, Province, Prefetture, Regioni, Dipartimento di protezione civile, ecc.;
  • l'istituzione di una sorta di "118" dei beni culturali, un numero telefonico unico che possa ricevere e smistare segnalazioni, allarmi, suggerimenti e disponibilità.

Lo Scudo Blu italiano svolgerebbe così una funzione di "ausiliario dei pubblici poteri" del tutto analoga a quella della Croce Rossa in campo sanitario e sociale; con l'ovvia avvertenza che questi servigi, già importantissimi nell'opera quotidiana di prevenzione e protezione del patrimonio, potrebbero risultare essenziali e determinanti in ogni situazione di pericolo o danno, inclusi (sempre sperando che non se ne verifichi il caso) eventi calamitosi, terroristici o addirittura bellici.

In conclusione: invece di continuare ad essere tra i primi al mondo per quantità e qualità di patrimonio, per capacità ed esperienza nel settore del restauro, ma anche per danni ai monumenti e furti di opere d'arte, l'Italia dovrebbe imparare a ragionare in termini di prevenzione e protezione, non solo limitata al pur essenziale settore antincendio (che peraltro annovera una triste sequenza di teatri, chiese, palazzi e biblioteche irrimediabilmente distrutti o danneggiati: bastino i casi del Petruzzelli di Bari, della Fenice di Venezia e della Cappella della Sindone di Torino) ma esteso a tutte le componenti di rischio, anche le più piccole ed apparentemente banali, come la fiammella accesa nel negozietto che sta sotto un celebre museo, o la gronda intasata del tetto di una grande cattedrale. Fattori di rischio che possono essere annullati con spese dell'ordine di poche centinaia di euro, ma che sono capaci in un attimo (oppure nel tempo) di causare danni di portata e costo inestimabile: sempre che i restauratori siano ancora capaci di porvi rimedio.


Nota

(1) United Nations Educational Scientific and Cultural Organization (UNESCO), International Council on Monuments and Sites (ICOMOS), International Council of Museums (ICOM), International Council on Archives (ICA), International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA).

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