Rivista "IBC" XIII, 2005, 4

musei e beni culturali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, restauri

Cinque anni di restauri promossi dall'IBC e dalle amministrazioni provinciali nei musei dell'Emilia-Romagna sono al centro di una mostra presentata all'ultima edizione del Salone di Ferrara.
2000-2005: i diari del cantiere / 2

Beatrice Orsini
[collaboratrice dell'IBC]

Per l'edizione 2005 del Salone del restauro di Ferrara, l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) ha allestito una mostra, "Cantieri culturali",1 incentrata sulle attività promosse nell'ultimo quinquennio dall'IBC e dalle amministrazioni provinciali a favore di musei, biblioteche e archivi nell'ambito della Legge regionale 18/2000 (per la parte riguardante i beni librari e documentari si veda il dossier curato da Liana d'Alfonso sul n. 1/2005 di "IBC"). La parte relativa ai musei, corredata da pannelli e arricchita da oggetti provenienti dalle varie realtà coinvolte, era articolata in quattro sezioni, comprendenti le attività principali riferite alla legge: nuovi allestimenti, didattica, catalogazione, conservazione e restauro. Gli interventi di conservazione e restauro, di norma realizzati in collaborazione con le soprintendenze competenti, ma con propri autonomi progetti, affiancano e coadiuvano l'opera degli amministratori e degli operatori degli enti locali, in un percorso di recupero spesso urgente, lungo e impegnativo. Con questa seconda puntata (per la prima si veda il n. 3/2005) si conclude la sintesi dei progetti presentati dalla mostra: le schede riportano una breve descrizione degli oggetti, dei luoghi in cui sono conservati e dei restauri condotti.

 

MATERIALI ARCHEOLOGICI

 

Museo civico archeologico

Bologna

Il museo archeologico di Bologna, ospitato nel quattrocentesco palazzo dell'Ospedale di Santa Maria della Morte, conserva numerosissimi reperti provenienti dalle importanti campagne di scavo effettuate sin dalla seconda metà dell'Ottocento. Uno dei più importanti rinvenimenti, quello della necropoli etrusca della Certosa, ha restituito raffinatissimi corredi funebri appartenenti a famiglie di rango elevato, comprendenti alcune centinaia di vasi attici, databili fra il VI e il V secolo a.C. La maggior parte di questi materiali si trova esposta nella sala X del museo, dedicata alla fase etrusca di Bologna, ed è oggetto da alcuni anni di un progetto di restauro complessivo riguardante la ceramica attica. Questa infatti fu restaurata negli anni successivi allo scavo, fra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, con metodologie che differiscono dalle moderne tecniche di restauro (incollaggi con gomma lacca, integrazioni in gesso, ridipinture, spesso con interpretazioni errate della forma e inserimento di frammenti non pertinenti).

Il lotto finanziato dall'IBC era costituito da otto vasi attici, a figure nere e rosse, comprendenti forme vascolari diverse (crateri, anfore, kantharos, ecc.). Il restauratore, dopo aver smontato e recuperato i singoli frammenti di ogni vaso, ha eliminato le colle proteiche e i consolidanti che li univano, pulendo le incrostazioni superficiali. Se da un lato quest'operazione ha messo in luce il buono stato di conservazione delle superfici degli oggetti, dall'altro ha reso visibili le numerose riduzioni subite dai frammenti nel precedente restauro, dovute alla loro limatura. Per questo motivo le attuali operazioni di rimontaggio, eseguito tramite incollaggio con resina acrilica, hanno portato a soluzioni estreme come, per esempio, il galleggiamento di un singolo frammento all'interno di una lacuna. In alcuni casi sono stati integrati gli elementi della struttura dei vasi ricostruibili poiché simmetrici (per esempio, la ricostruzione di un'ansa a partire dalla superstite) o sulla base di confronti. L'ultima fase dell'intervento è consistita nel ritocco delle decorazioni con colori facilmente rimuovibili, che ha favorito la lettura delle figure rappresentate sui vasi.

 

ARREDI LIGNEI

 

Casa-Museo Villa Saffi

Forlì

La casa museo Villa Saffi, in località San Varano, conserva arredi e documenti vari appartenuti al patriota romagnolo Aurelio Saffi, che vi soggiornò fino alla sua morte nel 1890. Nel 1988 il Comune di Forlì ha acquisito dagli eredi sia la villa che il parco annesso, trasformando l'edificio in casa-museo.2 Fra gli arredi di Casa Saffi, in un primo tempo esclusi dal complessivo riallestimento degli ambienti, in quanto in precario stato conservativo, sono stati individuati dall'IBC in collaborazione con la direzione dei musei di Forlì, alcuni elementi sicuramente meritevoli di attenzione, quali una credenza a due corpi in stile inglese e un tavolino intarsiato in stile neoclassico.

La credenza presentava stratificazioni di sporco che impedivano la visione dei toni di colore del ciliegio più luminosi e caldi, ancora evidenti in alcune parti. La struttura lignea, seppur robusta, risultava particolarmente debole negli incastri e presentava molte fessurazioni e distacchi. Le cornici a massello, deteriorate dagli attacchi di insetti xilofagi e dall'umidità, erano decoese e, in diverse parti, mancanti; le guide dei cassetti, totalmente consumate dall'usura, non erano più idonee allo scorrimento; inoltre erano assenti due piedi di sostegno posteriori.

Il restauratore, dopo un'accurata disinfestazione del mobile dagli attacchi xilofagi, ha proceduto sia al consolidamento ligneo per imbibizione con resine, sia alla ricostruzione al tornio dei due piedi posteriori e al risanamento delle fessurazioni del legno con tasselli della stessa essenza. Il tavolino intarsiato mostrava una superficie assai sporca e deteriorata e una struttura lignea minata dall'attacco di insetti xilofagi che aveva provocato numerosi fori superficiali. Inoltre l'intarsio, le cornici e il cassetto presentavano lacune e fessurazioni. Si è dunque proceduto alla pulitura del manufatto e a tutti quegli interventi utili per la manutenzione e il restauro del legno, con la volontà di valorizzare l'intarsio e rispettare il materiale originale e la patina.

 

AFFRESCHI E DECORAZIONI

 

Castello di Montechiarugolo

(Parma)

Le origini del Castello di Montechiarugolo risalgono alla prima metà del XIV secolo, e più precisamente al 1313, quando la fortezza fu costruita sui resti di un antico nucleo d'origine duecentesca. La possente struttura merlata, circondata da un bel giardino, si sviluppa attorno a un ampio cortile interno da cui si accede a sale che presentano notevoli affreschi cinquecenteschi e a un magnifico loggiato, con colonne in arenaria corredate da un soffitto ligneo, che consente di ammirare il bellissimo panorama. Le decorazioni pittoriche di questo elegante belvedere, in cui si susseguono motivi geometrici in alternanza con stemmi araldici e simboli di varia natura, si distinguono per una caratteristica assai insolita: tutta la superficie pittorica è infatti caratterizzata da un curioso "ciclo" di graffiti datati e firmati risalenti a un arco di tempo che va dal XVI secolo agli anni della Seconda guerra mondiale.

Distacchi, decoesioni e subefflorescenze, che interessavano già da tempo la pellicola pittorica, hanno reso indispensabile un'indagine analitica della stessa prima di procedere alla pianificazione di un appropriato intervento di restauro. Il lavoro di diagnosi, affidato all'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISAC) di Bologna, ha avuto come principale obiettivo l'analisi dei materiali utilizzati e la loro interazione con l'ambiente atmosferico. Si è proceduto al prelievo di alcuni frammenti così da poter analizzare, mediante microscopi specifici, le caratteristiche morfologiche dei materiali e degli strati di degrado.

La comparazione fra i risultati delle analisi ha evidenziato che le malte originali erano caratterizzate da calce aerea e presentavano un degrado limitato. L'efflorescenza che copriva in modo discontinuo la superficie era costituita quasi esclusivamente da gesso (77%) a testimonianza di un degrado del materiale superficiale della parete a opera della deposizione di zolfo di origine antropica, nonostante il castello sia situato in un'area rurale. La quantità di materiale imputabile alla deposizione di particelle sollevate dal suolo e depositate sulla superficie pittorica e i graffiti era molto scarsa, valutabile al massimo come il 15% del deposito superficiale. È stato inoltre appurato che per le malte utilizzate nel loggiato l'inquinante più aggressivo risultava il biossido di zolfo. Soprattutto si è evidenziato come le malte utilizzate in precedenti interventi di restauro, di tipo idraulico, siano state responsabili di ulteriori danni e dello sviluppo di fratture interne.

 

Museo dell'uomo e dell'ambiente

Castrocaro - Terra del Sole (Forlì-Cesena)

Il Palazzo Pretorio o dei Commissari di Terra del Sole fu sede del governo nella Romagna fiorentina fin dalla seconda metà del XVI secolo e ospitò carceri e celle segrete nonché il tribunale civile e la residenza dei Commissari medicei fino al XVIII secolo. Si tratta di un classico esempio di architettura rinascimentale con elementi decorativi in pietra serena e cotto. Sede del Museo dell'uomo e dell'ambiente, l'edificio è stato oggetto fin dalla prima metà degli anni Novanta di una considerevole campagna di restauri promossi e finanziati dall'IBC.

Nel 1994 si è intervenuti sulle pareti intonacate delle celle, ricche di preziose testimonianze storiche e di inaspettate decorazioni murali. Tutte strutturate con volta a botte, finestre a doppia inferriata e porte di quercia rivestita in ferro, le segrete erano infatti decorate da scritte, disegni e iscrizioni, dipinti, graffiti o tracciati col fumo di candela, risalenti soprattutto al XVII e al XVIII secolo, a ricordo della vita che i prigionieri conducevano una volta internati nel carcere mediceo. Nelle celle dette l'Inferno, il Paradiso, il Secretone o la Piana, collegate l'una all'altra da una strettissima scala a chiocciola, sono stati recuperati, sotto lo scialbo che ricopriva gran parte delle inospitali mura sotterranee, numerosi graffiti e disegni di varia natura, un interessante dipinto a olio su intonaco raffigurante una Deposizione e un disegno a sanguigna che riproduce una città ideale, unici due legami visivi che i carcerati avevano col mondo esterno.

Contemporaneamente è stato portato a termine il restauro degli stemmi in arenaria posti sulla facciata del palazzo a ricordo e celebrazione dei diversi commissari che operarono nel corso dei secoli nel Palazzo Pretorio. Le pessime condizioni conservative hanno comportato la rimozione delle sedimentazioni, dello sporco e della polvere, ancorando le parti distaccate con resina poliestere e consolidando le fratture e le fessurazioni della pietra con polvere di arenaria e calcare. Nella sala detta dell'ex farmacia, con finanziamenti del Comune di Castrocaro integrati dalla Pro loco di Terra del Sole, sono stati effettuati sondaggi e scopriture dell'intonaco che hanno rilevato la presenza di stemmi dipinti lungo la fascia perimetrale sottostante il soffitto.

Gli interventi più recenti, a cura dell'IBC, hanno riguardato la descialbatura di alcune pareti del piano nobile e del sott'arco di ingresso che, dopo alcuni saggi di scopritura, hanno rivelato decorazioni con stemmi nobiliari databili al XVII secolo, di sicuro pregio storico e artistico, come dimostrano quelli recuperati nel voltone di accesso alla corte. Le operazioni tecniche hanno riguardato dapprima la spolveratura delle superfici, la scopritura dei dipinti, il consolidamento e il fissaggio generale degli strati pittorici. Stuccature e chiusura delle lacune sono state effettuate utilizzando come tono di riferimento quello dello sfondo originale, mentre il restauro pittorico è stato eseguito con velature ad acquerello.

 

Cappellina Viviani

Montegridolfo (Rimini)

Il recupero delle decorazioni murarie della Cappellina Viviani, ubicata al centro dell'antico borgo di Montegridolfo si è configurato come un esempio di tutela e di formazione. È stato infatti organizzato un cantiere-scuola che ha coinvolto l'IBC, l'Accademia di Belle Arti e il Comune di Montegridolfo. Gli allievi dell'Accademia, sotto la direzione del docente del corso di restauro, hanno avuto l'occasione di esercitare sul campo le loro conoscenze teoriche. Le decorazioni della piccola cappella, realizzate nel primo decennio del Novecento e il cui pregio artistico era prevalentemente decorativo, presentavano un grave degrado conservativo. Un "caso" ideale per un'esperienza didattica significativa e importante, dove i giovani allievi avevano l'opportunità di sperimentare l'approccio complessivo a un progetto di restauro e affrontare la varietà di problematiche legate al restauro delle pitture murali (pianificazione dei lavori e dei tempi, preparazione dei materiali e delle attrezzature e aggiornamento del diario di cantiere utile per la redazione della relazione tecnica finale).3

Gli allievi hanno consolidato la pittura e i frammenti di intonaco, risanato l'intonaco e la saturazione delle fessurazioni, fissato la pellicola pittorica e infine, dove necessario, proceduto all'integrazione pittorica di tipo mimetico. Una preziosa occasione formativa quindi, oltre che un'azione innovativa e alternativa rispetto alle ordinarie e spesso onerose operazioni di restauro, capace di conseguire ottimi risultati tecnici e artistici e di restituire alla Cappellina di Montegridolfo, come ha commentato il professor Ezio Raimondi, la sua "piacevole intimità cromatica". Al contempo l'esperienza del cantiere-scuola, con l'entusiasmante collaborazione istituzionale e umana creatasi, ha rivelato quanto sia importante puntare sul dialogo di intenti e di risorse fra le istituzioni che hanno in comune l'interesse per la tutela e la valorizzazione del molteplice universo dei beni culturali.

 

SCULTURE

 

Museo di Saludecio e del Beato Amato

Saludecio (Rimini)

Il Museo di Saludecio e del Beato Amato è sito all'interno di alcuni ambienti annessi alla parrocchiale di San Biagio. Il museo conserva suppellettili sacre, argenterie, intagli, ebanisterie, arredi liturgici, tessuti, dipinti, nonché alcune sculture e importanti pitture del Seicento e Settecento. Accanto ad alcuni interventi di restauro di dipinti, l'IBC ha avviato il recupero di una pregevole scultura in cartapesta, tela gessata e stoffa, raffigurante la Madonna con il Bambino, il cui completamento è previsto entro il 2005. Il manufatto risulta sconosciuto alla maggior parte dei devoti e ai fruitori del museo di Saludecio, in quanto per molti decenni è rimasto in deposito nei locali della sagrestia della chiesa di San Biagio. Le condizioni conservative della scultura sono estremamente precarie essendo il materiale costitutivo assai fragile: numerosi sono i danni nel modellato, evidenti nelle fratture delle dita della mano destra della Vergine e nelle mani del Bambino, così come nella veste e nel basamento, caratterizzati da lacune più o meno estese che interessano la pellicola pittorica e il suo supporto. Inoltre gli abiti che rivestono le due statue, realizzati in tela operata di cotone, presentano una forte scoloritura, tagli, lacune e lacerazioni diffuse, a ulteriore dimostrazione delle pessime condizioni conservative in cui si trovava in questa fase il manufatto.

Certamente riconducibile all'ambiente artistico emiliano della fine del XVII secolo, l'opera ha una struttura portante molto semplice, costituita da un unico sostegno verticale in legno a sezione quadrata, al quale sono ancorate delle piccole traverse lignee e parti in stoppa; su queste è modellata un'accurata veste, realizzata in stoffa pesante gessata dipinta di rosso. Gli incarnati delle figure, di ottima fattura, sono invece eseguiti in cartapesta e hanno fortunatamente conservato la loro policromia originale, a differenza di quel che spesso accade a manufatti di questa tipologia, soggetti per la loro stessa natura e funzione a continui aggiornamenti iconografici e stilistici, che trovano la loro giustificazione nella storia del gusto.

Anche questa Madonna con il Bambino ha subìto un'importante trasformazione formale, databile alla metà dell'Ottocento, che tuttavia non ha interessato la policromia del modellato; l'aspetto è stato infatti adeguato alla sensibilità estetica di quel secolo rivestendo semplicemente entrambe le figure con abiti eleganti ma semplici, in tessuto rosa con guarnizioni di pizzo bianco. L'intervento fu operato a scapito però della conservazione della materia del Bambino, in quanto per completarne la vestizione non si esitò a disarticolarne le braccia, ricollocandole subito dopo in loco. La scultura della Madonna è stata inoltre impreziosita con una cintura formata da una fascia di seta bianca, con orecchini a forma di pendenti e un collier con pendente centrale in metallo e cuoio; il Bambino, invece, presenta una cintura (parte di un gallone) in oro lamellare e lino, eseguita a telaio.

L'intervento di restauro tuttora in corso comporta la pulitura del manufatto, il consolidamento delle lacune in gesso e delle fratture delle dita, la loro stuccatura con gesso e colla animale, e in ultimo prevede le dovute integrazioni nel rispetto della policromia originale. Gli abiti ottocenteschi, di importante interesse artistico, sono da considerarsi parte integrante dell'opera in quanto ormai storicizzati con la sua secolare funzione devozionale e con il suo aspetto estetico. Si è dunque presa la decisione di non decontestualizzarli ma di restaurarli e riposizionarli in loco: saranno dunque puliti e le lacune consolidate a cucito con supporti in tessuto e colori adeguati, sempre e comunque nel rispetto dei materiali antichi.

 

CONSERVAZIONE PREVENTIVA

 

Progetto "MUSA"

"Rete regionale intermuseale per la gestione a distanza della conservazione dei beni artistici"

Il progetto "MUSA - Rete regionale intermuseale per la gestione a distanza della conservazione dei beni artistici" promosso dall'IBC e sviluppato a partire dal 2002 in collaborazione con l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISAC) di Bologna, ha concluso con successo la fase sperimentale, realizzando una rete regionale di monitoraggio indoor gestita a distanza da un Centro elaborazione dati (CED) situato presso il CNR-ISAC. Il progetto, dedicato alla conservazione preventiva dei beni culturali, è rivolto a musei, biblioteche, archivi e altre tipologie di "contenitori d'arte e di cultura". Nella fase sperimentale sono stati coinvolti tre musei-pilota: Collezioni comunali d'arte di Bologna, Museo d'arte della città di Ravenna e Casa-Museo "Marino Moretti" di Cesenatico (Forlì-Cesena).4

L'IBC intende promuovere il progetto e prevedere l'ampliamento del numero di musei connessi alla rete, con l'obiettivo di mettere a disposizione dei musei dell'Emilia-Romagna un'azione che favorisca un progressivo allineamento agli standard e ai requisiti di qualità fissati nel Decreto ministeriale 10 maggio 2001 basato sull'"Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei" elaborato dal Ministero per i beni e le attività culturali, al quale ha fatto seguito nel 2003 la Delibera della Giunta Regionale dell'Emilia-Romagna "Norme in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali", che affida proprio all'IBC la verifica del "rispetto e della progressiva applicazione degli standard".

Altri istituti sono entrati a far parte della rete: Archivio storico di Terra del Sole (Forlì-Cesena), Museo civico di Argenta (Ferrara), Monastero di Sant'Antonio in Polesine di Ferrara, Museo civico archeologico di Verucchio (Rimini), Fondazione "Tito Balestra" di Longiano (Forlì-Cesena). E in altre realtà museali è di prossima attivazione la rete: Galleria "Ricci Oddi" di Piacenza, Museo dei burattini di Parma, Pinacoteca civica di Argenta (Ferrara), Museo di storia naturale di Ferrara, Pinacoteca civica di Bagnacavallo (Ravenna), Pinacoteca civica di Forlì.

Il sistema risulta estremamente interessante per i siti che non sono provvisti di personale tecnico esperto nella conservazione. Presso ogni museo è installata la strumentazione per il monitoraggio dei principali parametri ambientali e una rete locale basata su tecnologie di comunicazione senza filo connessa al CED. I dati misurati in automatico vengono trasmessi via modem o GSM al CED. Presso il CED un gruppo di esperti (ingegneri, fisici, chimici, biologi e conservatori) assiste direttamente il museo, coordinando l'ingresso e l'uscita dei dati e fornendo all'utente le migliori strategie per una corretta conservazione preventiva delle opere d'arte: report periodici sull'andamento termoigrometrico, elaborazioni grafiche, segnalazioni di pericolo e istruzioni su procedure di ripristino delle corrette condizioni ambientali.

Ogni museo può collegarsi al CED tramite il sito web www.isac.cnr.it/musa, con accesso riservato, per la visualizzazione dei risultati delle misure e dei relativi commenti e raccomandazioni. Il museo che fa parte della rete "MUSA" riceve un rapporto trimestrale sullo stato degli ambienti monitorati e le opere conservate; è fornito di un accesso riservato a un sito internet attraverso il quale accedere a tutti i documenti e dati che lo riguardano; riceve SMS di avvertimento e di pericolo riguardanti lo stato degli ambienti e delle opere.

 

Note

(1) "Cantieri culturali. Allestimenti, didattica, catalogazione e restauro nei musei dell'Emilia-Romagna", mostra organizzata dall'IBC in occasione della XII edizione del Salone dell'arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali (Ferrara, 7-10 aprile 2005):

Servizio musei e beni culturali IBC - responsabile: Laura Carlini;

Coordinamento generale - Luisa Masetti;

Sezione "Allestimenti e didattica" - per l'Emilia: Beatrice Orsini; per la Romagna: Isabella Giacometti;

Sezione "Catalogazione" - Patrizia Tamassia;

Sezione "Restauro" - Lidia Bortolotti, Luca Ciancabilla;

Collaborazioni - Valeria Cicala, Fiamma Lenzi, Antonella Salvi e Iolanda Silvestri (IBC); Raffaella Gattiani (Centro regionale per il catalogo e la documentazione - CRC srl, Bologna); Paolo Mandrioli, Chiara Guaraldi (Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche - CNR-ISAC, Bologna).

(2) Si veda in proposito: E. Raimondi, V. Tesei, Un Risorgimento che ci appartiene, "IBC", 2003, 4, pp. 4-8.

(3) Si veda in proposito: A. Salvi, Comunità di restauro, "IBC", 2005, 1, pp. 20-21.

(4) Si veda in proposito: P. De Nuntiis, C. Guaraldi, P. Mandrioli, R. Toschi, C. Vitali, MUSA. Rete intermuseale per la conservazione del patrimonio artistico, "IBC", 2003, 1, pp. 69-77.

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