Rivista "IBC" XIII, 2005, 4

Dossier: 6000 caratteri per un museo - Luoghi d'incontro e nuove narrazioni nei musei dell'Emilia-Romagna

musei e beni culturali, dossier /

Le cinque piume

Giorgia Vezzani
[Scuola elementare "San Giovanni Bosco", Reggio Emilia]

C'era una volta, nell'89 d.C., una ricca patrizia: era giovane, appena sposata e viveva in una domus che era stupenda, con un giardino enorme pieno di piante, fiori e tutto era molto ben curato. Dentro, le pareti erano piene di disegni, tappezzerie e arazzi pregiati. Nella sala da pranzo c'era un enorme e bellissimo quadro. I pavimenti erano fatti a mosaico, i mobili di legno pregiato e sul soffitto c'erano strisce d'oro. In quella casa c'erano tante stanze, una più bella dell'altra. La giovane patrizia era bella anche lei: bionda con i capelli lunghissimi e gli occhi azzurri come il mare. Indossava sempre tuniche bianche e si ornava di gioielli d'oro e d'argento. Il suo nome era Orfea. Tutto quel patrimonio glielo avevano dato i suoi genitori, Cesare e Livia. Il marito di Orfea era pure bello, intelligente, simpatico, aveva capelli a riccioli neri, due occhi verdi grandissimi e si chiamava Augusto.

Orfea e Augusto vivevano felici e sereni nella loro confortevole casa. Orfea al mattino andava sempre in giro per la città a fare compere. Un giorno, passeggiando tra le bancarelle, scorse un vecchio che vendeva lampade, mobili e altri oggetti. Fra quelle cose Orfea scorse una piuma dorata e decise di comprarla. La pagò 20 monete d'oro e, tornata a casa, la mostrò al marito che disse: "È bellissima! La metteremo nella nostra camera". La sera, Orfea si svestì, si mise a letto e guardò la piuma che brillava nel bel vaso vicino alla finestra, sorrise e si addormentò. Nella notte però la piuma divenne di un azzurro intenso, cominciò a tremare e ne uscì una fata. Era azzurra e bella. La fata svegliò Orfea, che subito prese una paura enorme e le chiese: "Chi sei e che cosa vuoi da me?".

La fata rispose: "Mi chiamo Giulia e sono una fata. Vivevo in una terra lontana, ero serena e felice con le mie amiche. Un giorno però arrivò una strega che rinchiuse me e le mie amiche dentro a cinque piume, in modo da poter occupare la mia terra, che era un'isola bella e piena di piante e cibo. Queste cinque piume adesso si trovano in un museo del futuro. Tu dovrai andare a prendere quelle piume, ma attenta a chi fa loro la guardia! Non so se è un 'qualcosa' o forse un 'qualcuno'. Io non posso andare, perché la strega mi fece un maleficio, ma se tu mi porterai le cinque piume che racchiudono le mie amiche io sarò libera e sconfiggerò quella strega".

Orfea era incredula ma accettò. Giulia era felice, le porse un libro dicendo: "Tieni: dovrai dire 'Kauatu' e il libro ti porterà nel futuro, entrerai nel museo e troverai le piume. È scritto tutto sul libro, al capitolo 27. Sei pronta?". Orfea accennò col capo e la fata le ricordò che era invisibile per le persone ma non per gli animali.

Orfea pronunciò la parola "Kauatu" e in quel momento tutto divenne buio. Orfea si ritrovò a volteggiare fra tante parole finché con un tonfo finì a terra davanti ai Musei civici di Reggio Emilia. Un po' intontita per la botta entrò in punta di piedi e aprì il libro al capitolo 27, dove c'era scritto: "La prima piuma si trova nella bocca del coccodrillo, la seconda nella tomba di un uomo primitivo, la terza sotto ai vestiti degli uomini primitivi, la quarta nella vetrina delle tigri e la quinta sotto la pancia del capodoglio".

Orfea allora si diresse verso la stanza dove si trovava il coccodrillo per prelevare la prima piuma. Quando la vide allungò coraggiosamente la mano nella bocca di un animale che lei non aveva mai visto prima nella sua vita e afferrò la piuma prima che il coccodrillo chiudesse la bocca. Orfea aveva capito che il pericolo era l'animale perché la strega lo aveva reso vivo per pochi minuti, che sarebbero bastati per ucciderla. Stringendo la prima piuma, che era azzurra, si diresse verso le tombe a cercare la seconda e arrivò davanti alla tomba numero 6. Aprì il coperchio e prese la piuma in fretta ma le ossa del primitivo si strinsero intorno a lei: Orfea però, rapida, si divincolò staccandosi dalla presa delle ossa.

La terza piuma era nella vetrina dei vestiti primitivi. La ragazza allora la prese facilmente prima che le armi le cadessero addosso. La quarta era nella vetrina delle tigri. Con una paura enorme Orfea aprì la vetrina e raccolse la piuma con gran velocità evitando una zampata del terribile animale. Con il fiatone si diresse verso il capodoglio, intravide la piuma, la raccolse in fretta ma il capodoglio le diede una pinnata facendola svenire. Quando si risvegliò scappò quatta quatta via. Poi, rannicchiata in un angolo, pronunciò la parola "Kauatu" e si ritrovò in camera sua, dove la fata l'aspettava un po' timorosa.

Non appena la fata la vide spiccò salti di gioia, prese le cinque piume, pronunciò parole magiche e le piume si trasformarono subito in fate. Giulia fece le presentazioni, poi quando ebbe finito le fate cominciarono a dire formule su formule, finché non si sentì un urlo di rabbia. Le fate allora si precipitarono nel giardino dove trovarono una strega rossa di rabbia, con un bruttissimo e sudicio vestito. Orfea guardò impaurita. Iniziò una lunga lotta con le fate. La strega colpì e ferì le coraggiose fate ma alla fine fu sconfitta.

Orfea curò le fate una a una. Giulia disse: "Tutto questo è merito di Orfea, che ha recuperato le piume in modo che io vi trasformassi in fate per sconfiggere la strega". Ci fu un piccolo applauso poi Giulia disse: "Dobbiamo ritornare alla nostra terra per assicurarci che tutto sia a posto e dobbiamo salutare Orfea". Si salutarono promettendosi di rivedersi e le fate scomparvero in una nuvola d'oro.

Orfea, stanca ma felice, tornò nel suo letto. Guardò la piuma d'oro che brillava alla luce della luna e sorridendo alla fantastica avventura si addormentò.

 

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