Rivista "IBC" XIV, 2006, 2

musei e beni culturali / pubblicazioni, storie e personaggi

M. Pigozzi, R. Gioia, Federico Zeri e la tutela del patrimonio culturale italiano, Bologna, CLUEB, 2006
Zeri docet

Stefano Bulgarelli
[collaboratore della Biblioteca civica d'arte "Luigi Poletti" di Modena]

Dobbiamo rendere atto al pregevole lavoro svolto da Marinella Pigozzi e Rosaria Gioia col volume Federico Zeri e la tutela del patrimonio culturale italiano: con questo libro ci viene offerto un ritratto profondo dello storico dell'arte (1921-1998), attraverso il suo inesausto impegno. Man mano che si procede nella lettura, quella che emerge è l'immagine nitida di un intellettuale che ha deciso di mettersi in gioco, dando vita a una battaglia mossa da un sentimento puro di etica democratica, in cui i valori alla base del rispetto della persona sono gli stessi che sorreggono l'operazione di salvaguardia di un manufatto artistico, artigianale, di un paesaggio urbano o naturale.

Nei giorni in cui assistiamo al graduale abbattimento dei cosiddetti ecomostri sulla costa pugliese, le pagine di Zeri mostrano tutta la loro attualità, riaccendendo il dibattito sempre aperto sulla necessità di un controllo intelligente e capillare del nostro patrimonio. Non è dunque, questo, un libro di memorie o di vicende appartenenti al passato, ma una selezione di avvincenti riflessioni che dialoga in toto col nostro presente, diffondendo l'esigenza di sentire l'arte e la sua conservazione come causa primaria di qualsiasi stato civile. Per dirla con Gramsci, Zeri si pone come una sorta di "intellettuale organico", che attraverso la propria opera e la propria persona vuole estendere il senso di consapevolezza in ogni cittadino.

La lotta per la difesa del patrimonio si fondeva pienamente con lo stile di vita dello stesso Zeri, in un ambivalente rapporto tra concezione dell'arte e modo di essere-nel-mondo, con una fusione tra impegno intellettuale e vicenda esistenziale analoga a quella di molti storici dell'arte nati negli anni Dieci (Carlo Ludovico Ragghianti, Francesco Arcangeli, Cesare Gnudi o Roberto Salvini). Si avvera con lui una storia dell'arte intesa come strumento conoscitivo in grado di integrarsi concretamente anche sul piano pratico: grazie a un "saper vedere" quotidianamente vissuto, il suo esempio ha consolidato l'importanza della conoisseurship derivata dall'alunnato presso Toesca e dalla frequentazione di Roberto Longhi, in base all'idea, sempre sostenuta, secondo cui non si potrà mai essere storici dell'arte senza essere buoni conoscitori.

Emerge dunque, dalle pagine del libro, la tesi che per tutelare è necessario conoscere, e per conoscere è fondamentale porsi davanti all'oggetto della propria indagine con un sentimento di apertura, di dialogo, in grado di cogliere quell'universo di relazioni di cui quell'oggetto è parte. Se quindi la conoscenza è alla base di un'azione di tutela concreta, la redazione del "catalogo" è il primo passo necessario da compiere. Ricordando l'attenzione da parte di Zeri nell'instaurare un dialogo coi politici a cui competono le decisioni riguardo musei e gestioni del patrimonio (gli storici dell'arte sono generalmente esclusi dalla politica artistica), nella ricca silloge di articoli ed elzeviri di denuncia raccolti nel volume sono degne di nota le sezioni riguardanti il mal funzionamento di diversi musei, l'incuria nella tutela di luoghi di primaria importanza storico-artistica e la cattiva gestione del patrimonio da parte dell'amministrazione dei beni culturali nel corso della seconda metà del Novecento.

Attraverso lo scorrere degli interventi, il più delle volte pungenti e mossi da una polemica dalle finalità sempre costruttive, si costituisce un ritratto dello stesso Zeri e non si possono non rievocare i suoi primi piani televisivi, con l'immancabile sigaro e lo sguardo dritto nei nostri occhi. È grazie a quelle apparizioni televisive, ricordate meticolosamente nel libro, che riviviamo la sua immagine e comprendiamo più in profondità il suo uso pionieristico del medium di massa, scelto affinché le sue denunce arrivassero al maggior numero di persone.

Rileggendo questi testi risuona un monito, e rimane un interrogativo. Siamo davvero arrivati alla fase della "Patrimonio spa" come è stata paventata da Salvatore Settis, per cui una mirata campagna di restauri si attua solamente se è inserita in un programma di guadagno diretto di questo o quel pacchetto turistico confezionato dall'"Azienda Italia"? Con le parole di Zeri, con le sue battaglie e i valori umanistici di cui sono intrise, ricordiamo che al disinteresse di uno stato verso la salvaguardia dei beni culturali, e al rischio concreto di una loro distruzione, corrisponde una perdita gravissima e insanabile per le generazioni che ci seguiranno. Una perdita che nessuna manovra economica, anche la più astuta e redditizia, potrà mai compensare.

 

M. Pigozzi, R. Gioia, Federico Zeri e la tutela del patrimonio culturale italiano, Bologna, CLUEB, 2006, 256 p., _ 20,00.

 

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