Rivista "IBC" XIV, 2006, 3

territorio e beni architettonici-ambientali / didattica, pubblicazioni, storie e personaggi

G. Brizzi, G. Marchi, S. Tisselli, Foreste di morte, Bologna, Alessandro Editore, 2006.
Nel folto della selva

Michele Tosi
[docente di Storia dell'arte all'Istituto tecnico "Luxemburg" di Bologna]

Un argomento di grande attualità in questi tempi è il rapporto fra la creazione letteraria e la storia, anche in virtù dell'enorme successo ottenuto dal Codice Da Vinci, il best seller di Dan Brown. Un autore, confrontandosi con la storia, ha varie possibilità: può realizzare un romanzo storico, dove il plot romanzesco si intrecci inestricabilmente con la dimensione storica, e qui, oltre ai ricordi di manzoniana memoria o al celebrato Nome della rosa di Eco, si possono citare, in ambito fumettistico, gli episodi della serie Dago, ideata dallo sceneggiatore Robin Wood, dove il protagonista, nel corso del XVI secolo, percorre Europa e Africa in un susseguirsi di appassionanti avventure che si snodano su scenari storici come il sacco di Roma del 1527 o le lotte fra cristiani e mussulmani; oppure, il nostro ipotetico autore può trattare l'elemento storico come uno sfondo lontano della vicenda, talvolta solo come una citazione (in alcuni casi si tratta di un rimando continuo, come accade nel Codice di Brown, che di richiami alla storia pare essere infarcito, anche se è necessario sottolineare come in questo caso l'autore non si accontenti di citare, ma manipoli il dato storico a proprio uso e consumo, distorcendolo e adattandolo alle esigenze di un pubblico sempre meno smaliziato e sempre più attratto, in ogni campo, dal gossip più becero).

Sarebbe comunque sempre necessaria, nella citazione dei fatti, un'indagine metodica e puntigliosa sulle fonti da parte dello scrittore, per non incorrere in errori marchiani, tenendo presente però che in opere di questo genere la coerenza narrativa deve sempre essere messa al primo posto rispetto all'esattezza storica. Il racconto a fumetti Foreste di morte, opera realizzata dai due sceneggiatori Giovanni Brizzi e Giovanni Marchi e dal disegnatore Sergio Tisselli, prosegue il percorso intrapreso, inizialmente dai soli Brizzi e Tisselli, con Occhi di Lupo. Un'avventura ai tempi di Annibale, primo episodio della saga di Ducario il Gallico.

Brizzi, che è il soggettista di ambedue gli episodi, insegna Storia romana all'Università di Bologna. Ha ambientato i suoi lavori nella nostra penisola, in un periodo compreso fra la fine del III secolo e gli inizi del II a.C., raccontando gli scontri degli eserciti di Roma repubblicana col cartaginese Annibale nel primo volume, dove viene narrata la battaglia del Lago Trasimeno, e con i Galli Boi in questo, dove si affronta la battaglia della Silva Litana. Si tratta di un terreno che lo studioso conosce alla perfezione e questo fa sì che l'ambientazione degli episodi e le loro premesse storiche siano da lui curate nei minimi dettagli. Ma il fine degli sceneggiatori non è la maniacale esattezza storica, bensì il fondersi della storia con le emozionanti vicende dei protagonisti, all'interno delle quali essa viene come evocata ad accrescere la pura fascinazione fantastica del racconto. Brizzi e Marchi, senza mai correre il rischio del freddo sfoggio di erudizione, della citazione colta ma fine a sé stessa, non perdono di vista l'intento di ogni narrazione: interessare, generare il desiderio, quando si finisce di leggere una pagina, di vedere cosa succederà in quella successiva.

Fanno bene gli autori a prendersi qualche licenza (che peraltro segnalano), a non tempestare il lavoro di date e di eccessivi riferimenti esplicativi. Il racconto, così, appare più concentrato, assorbe il lettore, lo cattura, lo emoziona. Un'atmosfera cupa pervade l'opera, impregnandola di un sapore tragico di derivazione shakespeariana. L'effetto viene ottenuto anche grazie alle splendide tavole di Sergio Tisselli. Il suo esordio nel mondo del fumetto si deve a un incontro fortunato, quello con Magnus. Questi, uno dei più grandi disegnatori del fumetto di sempre, prematuramente scomparso nel 1996, trascorse i suoi ultimi anni soggiornando frequentemente a Castel del Rio, un paesino dell'Appennino bolognese. Durante una delle sue soste incontrò Tisselli e, ammirando il particolare stile pittorico dei suoi lavori, gli affidò un proprio personaggio: Giuseppe Pignata. Le avventure di Pignata daranno vita a tre album prodotti dalla Granata Press negli anni Novanta, disegnati da Tisselli con la supervisione e la sceneggiatura dello stesso Magnus.

Tiselli è sempre stato un ottimo disegnatore, ma in Foreste di morte raggiunge il proprio apice espressivo. Grazie a una sceneggiatura che permette una scansione della pagina più pausata, rispetto ai suoi precedenti lavori, con un uso meno concitato della vignetta e dell'inquadratura, riesce a dilatare le immagini, accentuandone la dimensione ambientale. Quello che colpisce maggiormente di quest'opera, è il gioco analogico che è riuscito a compiere e che condiziona il percorso visivo del lettore con l'impiego di colori terrosi che esaltano la dimensione ctonia del racconto, e con il continuo richiamo - anche nella resa dei particolari, come la trattazione della bordatura delle vignette, quella dei rami, del fogliame, addirittura dei voli degli uccelli che solcano il cielo come cicatrici mai completamente rimarginate - all'idea delle punte, delle spine, degli artigli, che suggeriscono gli aspetti laceranti del dolore fisico e psicologico. Se nei suoi lavori precedenti Tisselli poteva ricordare in più di un'occasione il belga Hermann e qualche volta era forse anche incorso in risultati un poco didascalici, qui egli sembra avere maturato uno stile decisamente personale, ricco, variato, che gli permette di creare tavole di grande suggestione visionaria.

 

G. Brizzi, G. Marchi, S. Tisselli, Foreste di morte, Bologna, Alessandro Editore, 2006, 52 p., _ 16,99.

 

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