Rivista "IBC" XIV, 2006, 3

Dossier: Facile a dirsi - Come divulgare la cultura

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Non vi stupirò con effetti speciali

Alberto Angela
[paleontologo e divulgatore scientifico]

Rimini. Giugno, una domenica pomeriggio. Il termometro continua a salire più di quanto questo mese solitamente consenta. La deserta calura ricorda quella romana di un lontano film di Luciano Emmer, Domenica d'agosto. Guardi il silenzio infuocato del centro storico e pensi: "Sono tutti in spiaggia". Ma si rivela una considerazione fuorviante. Oltrepassata piazza Ferrari e le strutture che delimitano l'area di scavo della ormai famosa "domus del chirurgo", entrati al Museo della città, raggiunta al primo piano la grande "Sala del Giudizio", la sorpresa è notevole: lo spazio è gremito di persone che ascoltano con palese entusiasmo l'intervento di Alberto Angela dal titolo "Un naturalista alle prese con l'antico", uno degli appuntamenti in cui si articola il "Festival del mondo antico" svoltosi a Rimini dal 15 al 18 giugno 2006.

Fa piacere vedere tante persone, con una preponderanza di giovani, ascoltare e poi dialogare, mossi dalla voglia di approfondire o di verificare le proprie idee. È confortante che in tanti chiedano un autografo su un suo libro e gli esprimano il loro entusiasmo o il desiderio di poter svolgere una professione analoga. La buona divulgazione culturale e scientifica non si improvvisa, richiede preparazione e umiltà, ma ha un pubblico di fedelissimi. Non tutti, fortunatamente, sognano il reality, la maglia da calciatore o la mise da velina in batteria!

Alberto Angela non si sottrae, è disponibile. La profonda passione per il suo lavoro, che svolge con competenza mai seriosa, si manifesta anche nel rapporto con le persone. È pacato e attento. Lo aspettiamo per chiedergli della sua iniziazione alla professione di divulgatore.

 

La divulgazione, per lei, è stata l'approdo di un percorso partito da un'esperienza di ricerca sul campo?

Sì, io ho compiuto scavi per circa dieci anni. La mia formazione, dopo la laurea in Scienze naturali, si è focalizzata sull'antropologia e ho conseguito alcune specializzazioni in America. Ho partecipato a diverse spedizioni di carattere paleoantropologico. Ho ritrovato resti di dinosauri e mammiferi, ho raggiunto luoghi di grandissimo interesse sia da un punto di vista paesaggistico, sia per la possibilità che offrono di comprendere meglio la storia e l'evoluzione del nostro pianeta. Pensavo di continuare il mio percorso nell'area della ricerca. Poi mi è capitato di ritrovarmi, in qualità di ospite, alla RTSI, la televisione della Svizzera italiana, per gli scavi in cui ero direttamente coinvolto in quel momento. Sono stati i redattori di quell'emittente, a cui evidentemente erano piaciuti i resoconti che avevo proposto di quelle spedizioni, a offrirmi l'opportunità di tramutare degli interventi sporadici in una serie di trasmissoni divulgative di carattere naturalistico e archeologico. Sono nate così le dodici puntate del programma intitolato Albatros, che era in nuce quello che poi ho realizzato con Ulisse.

 

Lei è rimasto coerentemente legato alla sua formazione. È sempre ben documentato, fa ricognizioni accurate sui luoghi di cui tratta; sa scegliere gli interlocutori. Nei suoi servizi, nelle ipotesi che formula e propone, non si avverte l'esigenza di trarre conclusioni a ogni costo. Si percepisce che desidera stimolare la curiosità del pubblico, invogliarlo a un approfondimento. Ma, sempre, lontano dal sensazionalismo a cui sono inclini diversi dei suoi colleghi, che pure ritengono di realizzare una corretta divulgazione. Da cosa nasce questa tendenza a stupire sempre e comunque, soprattutto quando si parla del mondo antico?

Credo che ci sia un errore ricorrente nella divulgazione: è quello di usare la scienza per fare spettacolo. Mentre bisognerebbe fare il contrario: usare lo spettacolo per fare la scienza. Faccio un esempio: le realtà virtuali sono lo strumento principe per realizzare le ricostruzioni con la computergrafica e sono un mezzo straordinario di divulgazione. Si possono creare in questo modo dei cosiddetti "viaggi impossibili". Penso alla possibilità di "entrare" in una villa di Pompei, e di raccontare la vita quotidiana di un certo momento storico, di un determinato ambiente sociale. Nelle trasmissioni che realizziamo, noi cerchiamo di mantenere viva la curiosità e anche l'emotività del pubblico, ma con l'obiettivo di dare informazione. Non prescindiamo mai da un linguaggio semplice, ma trattiamo gli argomenti con gli esperti. Credo, poi, che nel dar vita a un progetto sia molto importante scegliere un tema che sia "televisivo". Ci sono sicuramente momenti storici e argomenti scientifici che sono più facili da trattare o che richiamano un interesse più trasversale. Ma è fondamentale che piaccia ciò che si sta provando di realizzare. Non è meno importante di un discreto budget!

 

Trasmissioni come Passaggio a Nord-Ovest e Ulisse. Andare in onda in prima serata parlando dell'Himalaya, o del Colosseo. Vincere un premio "Flaiano". Non pensa di aver contribuito a modificare l'idea che la dirigenza televisiva ha delle esigenze del pubblico e della responsabilità che bisognerebbe sentire nei confronti di chi si siede davanti al video?

Penso che i risultati e lo share ottenuti con queste trasmissioni siano segni tangibili, e per me, e per le persone con cui lavoro, costituiscono uno stimolo a proseguire in una professione che offre opportunità straordinarie. Il privilegio di emozioni che vogliamo regalare anche allo spettatore, ma senza ricorrere a effetti speciali.

[a cura di Valeria Cicala]

 

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