Rivista "IBC" XV, 2007, 1

Dossier: La storia torna a scorrere

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, dossier /

I Consorzi dei Canali di Reno e Savena

Fabio Marchi
[direttore dei Consorzi dei Canali di Reno e Savena in Bologna]

Con l'inizio del secondo millennio, e soprattutto con la pace di Costanza (1183), la città di Bologna poté dedicarsi a promuovere il proprio sviluppo. Fu incentivata l'immigrazione di talenti e mestieri e il territorio venne progressivamente trasformato per favorire lo sviluppo urbano, produttivo e commerciale. Le genti che vi abitavano si aggregarono in categorie produttive, l'intera città conobbe uno straordinario sviluppo che, come è noto, ne fece una città industriale. L'intervento che contribuì maggiormente a promuovere questa straordinaria evoluzione, adattando alle necessità produttive quanto la natura metteva a disposizione, fu la realizzazione di un imponente sistema idraulico capace di fare di Bologna una città d'acqua anche se l'area urbana è lambita, ma non percorsa, dai vettori naturali, Reno e Savena, che, come ricorda Dante nel Canto XVIII dell'Inferno, cingono di lontano la città.

A dire il vero l'addomesticamento dell'acqua realizzato dai bolognesi interessò anche territori lontani, ma capaci di incidere sull'economia e sullo sviluppo cittadino. Per tutto il XIV secolo i legnami utilizzati per la costruzione dei fabbricati della città in forte espansione furono raccolti sulla montagna modenese e veicolati all'interno delle mura con la fluitazione, resa possibile da un mirabile intervento che portava le acque del torrente Dardagna in Reno. Attraverso un tunnel scavato nella montagna, le acque, che naturalmente facevano parte del bacino del Panaro e quindi del Po, furono portate in Reno attraverso un acquedotto di montagna appositamente costruito, che già alla fine del secolo fu dismesso e successivamente scomparve. Oggi di quell'opera rimane solo il nome di Poggiolforato, toponimo del paesino da cui aveva origine la diversione.

Nello stesso periodo storico la navigazione palustre, resa sempre più precaria dall'emersione delle terre portate dalle piene dei torrenti collinari, fu regolata con la realizzazione del canale Navile. Infatti, a differenza di quanto solitamente si crede, il Navile non portava l'acqua in un territorio asciutto, ma in un'area acquitrinosa non più sicura per la navigazione. Essa veniva così contenuta entro saldi argini che ne impedivano lo spogliamento, fornendo alle barche una via diretta verso Venezia e quindi verso i mercati delle corti europee e dell'oriente.

Il flusso dell'acqua di fatto scandiva e regolava l'economia e la vita civile urbana. La ripartizione era meticolosamente determinata in conseguenza di accordi fra le corporazioni e di diritti rigorosamente codificati. Le ore in cui una derivazione veniva alimentata vedevano nelle fabbriche a essa allacciate il fervere delle attività, sia di giorno che di notte, mentre nei momenti di "tolta d'acqua" i lavori riguardavano la manutenzione delle macchine e la preparazione per il nuovo turno di attività. Anche lo sviluppo urbanistico attraverso quello che oggi chiameremmo "piano regolatore" fu per la prima volta pensato e codificato all'inizio del XIV secolo e aveva come elemento discriminante l'acqua: l'area servita dal fiume Reno doveva essere preferibilmente interessata dall'"industria pesante" cioè dai grandi molini, mentre il territorio servito dal Savena doveva essere vocato alla "piccola industria" e all'artigianato. Fra le cerchie murarie dette "del 1000" e "del 1300" fiorente fu lo sviluppo di una particolare agricoltura urbana chiamata delle colture umide, la moderna orticoltura.

A regolare il buon governo dell'acqua provvedono da tempi remoti delle particolari istituzioni, che hanno il preciso scopo di salvaguardare e preservare l'integrità del reticolo idraulico e di distribuire secondo precisi riparti la risorsa. Avendo inoltre il sistema idraulico artificiale di fatto costituito il vero e proprio sistema idrico cittadino, escluso l'uso alimentare, esso ha svolto fin dalle origini, e via via in modo sempre più rilevante, l'irrinunciabile pubblica funzione di mantenere l'equilibrio idrogeologico cittadino. In altre parole si può affermare che l'alimentazione dell'industria e dell'agricoltura interessava i privati, mentre la raccolta e lo smaltimento delle acque dei rii collinari, delle acque di pioggia e delle reflue urbane, insieme all'alimentazione del Navile, attenevano all'interesse pubblico.

Le antiche Assunterie, di cui gli attuali Consorzi di Reno e di Savena sono eredi, hanno per secoli governato la regimazione idraulica urbana, con ciò di fatto armonizzando gli interessi pubblici con gli interessi dei privati e ottimizzando la resa della già allora scarsa risorsa. La prima azione in questa direzione, anche se probabilmente involontaria, può essere attribuita a papa Pio V, che col proprio intervento ricostruttore e riformatore consegnò alla città di origine della propria famiglia (Ghisilieri) un reticolo idraulico nuovamente efficiente e l'obbligo di contribuire alle spese di mantenimento da parte degli utilizzatori. Di conseguenza chi si trovò a dover pagare cominciò a chiedere, e poi a pretendere, di poter determinare il governo delle acque.

Tale azione-pressione portò, sul finire del XVII secolo, al coinvolgimento dei privati nella gestione amministrativa. Questa presenza, dapprima numericamente minoritaria, divenne via via sempre più influente fino a che, agli inizi del XIX secolo, occupò integralmente le Assunterie, riordinate dopo il periodo napoleonico. In termini pratici i Consorzi si preoccupavano di mantenere in efficienza i manufatti idraulici, di regimare il reticolo e di turnare le derivazioni nel rispetto dei diritti pregressi. Tutto ciò in armonia con le necessità territoriali di adeguamento alle sollecitazioni atmosferiche. Banalizzando, si trattava di portare più acqua quando ce n'era poca e di portarla via quando era in eccesso.

Così come ora descritta, l'antica funzione delle Assunterie è anche l'operatività assicurata oggi dai Consorzi (www.consorzireno-savena.it); certo non viene più svolta la difesa militare della città attraverso l'alimentazione delle fosse adiacenti la cinta muraria e non viene più alimentata l'industria serica, della canapa, della pelle, ecc. Un'eccezione in questo senso si ha con la centrale idroelettrica del Cavaticcio, che, realizzata del 1985 dal Comune di Bologna su un'idea del Consorzio (che già nel 1907 aveva elaborato un progetto e uno statuto della società di gestione), produce potenzialmente più energia in un'unica sede che la somma della forza lavoro svolta da tutte le "ruote" esistenti nei secoli precedenti. Oggi l'imponente reticolo idraulico, con uno sviluppo superiore ai sessanta chilometri, già costruito per fini industriali, si è convertito ad assolvere la funzione di salvaguardia del territorio cittadino.

Gli eventi meteorici sempre più violenti si riversano su un'area quasi completamente impermeabilizzata, così che i tempi di risposta necessari per evitare allagamenti sono diventati sempre più ristretti e quindi tempestivo deve essere l'intervento umano e costante la sorveglianza. La percezione della città è anche cambiata: nel cittadino moderno l'acqua non è più solo fattore di produzione o potenziale pericolo ma è ormai, da tempo, diventata elemento di arredo, parte integrante dello sviluppo urbanistico. Importante in questo senso è stata l'attività dei Consorzi, che hanno preservato l'integrità del reticolo anche quando gli eccessi modernisti, in particolare nel dopoguerra, avrebbero volentieri ridotto e trasformato tutto in fognatura così come è successo in città vicine (come Modena).

L'evoluzione ambientale e del territorio ha poi introdotto nuove esigenze. Si pensi alla possibilità di pulire le strade dalle polveri prodotte dalla combustione degli idrocarburi, azione ora in fase sperimentale, che permette di ridurre nell'aria il pericoloso pulviscolo e nell'acqua un sedimento fortemente inquinante e non depurabile. Il patrimonio di conoscenza di cui sono dotati i Consorzi può dunque essere elemento rilevante per la programmazione della gestione del territorio. La necessità di pulizia delle strade, per esempio, era un problema già presente all'inizio del XIII secolo: anche in quell'occasione la soluzione fu possibile grazie all'uso dell'acqua dei canali, con un metodo che oggi definiremmo "alla parigina". Un altro esempio riguarda la secolare consuetudine, anche allora dettata dalla scarsa disponibilità, di usare l'acqua per diversi fini. Oggi si parla di uso plurimo delle acque, terminologia moderna che ripete il sapere antico.

L'acquedotto duale è un altro termine moderno che esprime concetti noti: Bologna non deve costruire questo tipo di reticolo perché un acquedotto alternativo esiste già quale eredità di un opulento passato. L'uso per scopi non idropotabili di acqua superficiale non depurata consente uno straordinario vantaggio per qualsiasi territorio, in specie per quello bolognese, che ha il record mondiale di subsidenza, cioè dell'abbassamento difforme del terreno, dovuto all'emungimento da falda (soprattutto per alimentare gli acquedotti). Questo fenomeno, oltre ai problemi strutturali che i manufatti subiscono, sottoposti come sono ad assestamenti superiori alla loro capacità di adattamento, procura un dissesto funzionale in particolare nelle livellette delle fognature e dei corsi d'acqua. Questi, perdendo localmente di pendenza, danno luogo ad allagamenti e tracimazioni per la sopravvenuta incapacità di allontanare la portata contenuta.

Evidentemente, l'avere preservato l'antico reticolo cittadino consegna nelle mani dei bolognesi di oggi un prezioso strumento, che potrà contribuire al miglior uso della risorsa e all'assestamento idrogeologico del proprio territorio. Oltre a ciò non va dimenticato il patrimonio cartografico e documentale in possesso dei Consorzi (riordinato con l'aiuto dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna): un patrimonio che non ha solo straordinaria valenza culturale ma è anche elemento prezioso per la conoscenza del territorio. La consultazione degli antichi registri consente a studenti e studiosi di seguire l'evoluzione tecnologica delle diverse industrie che utilizzavano l'acqua, la storia delle famiglie impegnate in queste attività, gli adeguamenti urbanistici che la città ha adottato nel secondo millennio e anche l'inesauribile insieme di regolamenti e di consuetudini che scandivano la vita quotidiana dei bolognesi. Si pensi alle lavandaie, ai bagni pubblici, agli annegati, all'acqua presa per fare le minestre in brodo, al trattamento per immersione dei cascami di macelleria, e più recentemente all'uso dell'acqua per il raffreddamento degli impianti di condizionamento.

La storia dell'acqua si può concettualmente dividere in ere, che così sono state definite da Meneglier: nella prima l'uomo fuggiva dall'acqua lacustre, nella seconda addomesticava l'acqua a fini agricoli, nella terza avviava l'uso dei pozzi e nella quarta l'acqua ha assunto il valore di elemento per il benessere. Bologna ha percorso tutte queste ere: è nata allontanandosi dalle acque palustri, ha fin dall'origine adattato ai propri fini le fonti disponibili, ha poi vissuto per più e più secoli di acqua di pozzi e infine oggi primeggia per il consumo di acqua potabile, parametro generalmente utilizzato per determinare la qualità della vita. Lo straordinario e unico patrimonio infrastrutturale che i nostri avi ci hanno trasmesso è sopravvissuto anche grazie all'azione costante dei Consorzi, che continuano a operare per la conservazione di tale dote. La qualità dell'acqua, diceva già Seneca, dipende dalla tipologia del territorio da cui sgorga, e noi potremmo aggiungere: dal comportamento di chi su quel territorio vive ogni giorno.

 

Bibliografia

R. Campioni, S. Pezzoli, Per conservare le acque, "IBC", XI, 2003, 4, pp. 28-32.

J.P. Goubert, La conquête de l'eau. L'avènement de la santé à l'âge industriel, Paris, Laffont, 1982.

A. Guenzi, Acqua e industria a Bologna in antico regime, Torino, Giappichelli, 1993.

H. Meneglier, Storia dell'acqua, Milano, SugarCo, 1994.

Piano di tutela regionale delle acque, Bologna, Regione Emilia-Romagna, 2005.

P. Sorcinelli, Storia sociale dell'acqua. Riti e culture, Milano, Mondadori, 1998.

 

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