Rivista "IBC" XV, 2007, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, progetti e realizzazioni, pubblicazioni

Ut natura ars. Virtual reality e archeologia, Atti della giornata di studi (Bologna, 22 aprile 2002), a cura di A. Coralini e D. Scagliarini Corlàita, Imola (Bologna), University Press Bologna, 2007.
Archeologia virtuale

Maria Luigia Pagliani
[Assessorato alla cultura della Regione Emilia-Romagna]

Sono passati oltre duecentocinquanta anni da quando nel 1757 Carlo Weber disegnò pazientemente la pianta della villa di Giulia Felice a Pompei. Dopo di lui numerosi artisti e altrettanti studiosi e disegnatori si sono impegnati per restituire, almeno in parte, il fascino dell'antica città vesuviana e renderla meglio comprensibile a occhi profani. Come non ricordare, per esempio, le pittoresche vedute degli scavi del Saint-Non nella seconda metà del Settecento, o le "filologiche" tempere di Francesco Morelli dei primi dell'Ottocento, o ancora le ricostruzioni di pareti dipinte di August Mau. Disegnatori da un lato e artisti dall'altro hanno tramandato aspetti diversi della città vesuviana, e non solo di questa, al pubblico degli studiosi e dei viaggiatori colti. Oggi con le nuove tecnologie tutto ciò è solo un ricordo e tutt'al più materia di studio per quanti si occupano di storia dell'archeologia.

La moderna realtà virtuale ha soppiantato i piccoli vecchi taccuini e le grandi tavole dipinte e si propone come strumento indispensabile per un'aggiornata ricerca archeologica e una migliore comprensione del patrimonio dell'antichità. Il progresso tecnologico consente la realizzazione di immagini sempre più precise e di ricostruzioni sempre più accattivanti. Tuttavia la grande potenza e l'indubbia versatilità dello strumento non deve nascondere gli obiettivi autentici della ricerca e distrarre da un approccio metodologicamente corretto. Ogni processo ricostruttivo non può essere fine a sé stesso, bensì deve essere posto al servizio della realtà della ricerca archeologica e dello scavo. La relazione fra la consapevolezza dei limiti e dei rischi della realtà virtuale e la piena comprensione delle esigenze scientifiche costituisce il terreno più fertile per una positiva collaborazione capace di arricchire l'indagine scientifica, la didattica e l'informazione culturale.

A questi temi nel 2002 il Dipartimento di archeologia dell'Università di Bologna ha dedicato un convegno che si poneva come momento di discussione e confronto all'interno di un percorso di sperimentazioni di archeologia virtuale iniziate alcuni anni prima proprio col progetto "Pompei - Insula del Centenario" (www2.unibo.it/Archeologia/ricerca/scavi/pompei.htm). Gli atti del convegno riflettono compiutamente la ricchezza delle questioni emerse nella giornata di studi: dal peso della tecnologia al ruolo dell'archeologo, dal rigore metodologico della documentazione agli aspetti della comunicazione, dai codici propri della realtà virtuale al difficile rapporto tra analisi scientifica ed efficacia evocativa. Tutti i contributi, anche quelli maggiormente orientati a presentare singoli progetti o realizzazioni, pongono in primo piano i problemi di metodo: gli obiettivi della ricostruzione virtuale, i criteri di progettazione e di verifica, il ruolo delle fonti documentarie e la complessa relazione che si instaura fra lo spazio antico conservato, come noi lo vediamo, e la sua simulazione. Fra gli autori sono numerosi i nomi autorevoli, italiani e stranieri, da tempo impegnati sul fronte della ricerca e della didattica: dalle curatrici Daniela Scagliarini e Antonella Coralini a Paolo Liverani, da Antonella Guidazzoli a Maurizio Forte, da Irene Favaretto a Maria Luisa Bianco, da Bernard Frischer a Philip Stinson.

 

Ut natura ars. Virtual reality e archeologia, Atti della giornata di studi (Bologna, 22 aprile 2002), a cura di A. Coralini e D. Scagliarini Corlàita, Imola (Bologna), University Press Bologna, 2007 ("Studi e Scavi", 22), 143 p., _ 36,15.

 

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