Rivista "IBC" XV, 2007, 4
biblioteche e archivi / interventi, pubblicazioni
Gentile direttore, scrivo a proposito del volume Editoria e cultura in Emilia e Romagna dal 1900 al 1945, curato da Gianfranco Tortorelli ed edito dall'Istituto per i beni culturali (Bologna, Editrice Compositori, 2007). Mi riferisco in particolare al contributo Fascismo e biopolitica: l'editoria emiliano-romagnola e la questione della razza di Gaia Giuliani (pagine 271-297). Innanzitutto chiarisco che l'affermazione "Cappelli e Zanichelli diedero alle stampe, [...] oltre al famigerato trattato di Pende" deve probabilmente intendersi come riferita all'editore Cappelli: certo Zanichelli non ha pubblicato trattati di Pende; forse l'autrice confonde il trattato di Pende con una recensione di Vinci (assai critica) al trattato stesso, pubblicata su una rivista edita da Zanichelli. Chiarisco che l'affermazione: "la casa editrice Zanichelli venne pesantemente fascistizzata: negli anni Trenta, insieme a Le Monnier [...] è direttamente controllata dal senatore Giovanni Gentile" è errata: Giovanni Gentile non ebbe mai quote della società. Chiarisco ancora che il descrivere Zanichelli, alla fine del secolo XIX, come principale azionista del "Resto del Carlino" costituisce un travisamento della verità.
Ma vengo al punto centrale: la tesi di fondo, più volte ripetuta (quasi un Leitmotiv che percorre le pagine) è che Zanichelli fu "uno strumento estremamente importante per la diffusione della letteratura scientifica e propagandistica sulla razza". Ora vi domando: le tre pubblicazioni Zanichelli citate in appoggio alla tesi sembrano prove idonee? Ho parlato di tre libri, ma di uno di essi l'autrice stessa afferma: "In esso è praticamente assente un qualsiasi cenno alla concezione della razza che il regime stava sviluppando". Vi sono altre fonti che autorevolmente ascrivono quei tre (anzi due) libri fra gli strumenti di diffusione della propaganda sui temi della razza?
In una fonte che l'autrice dimostra di aver consultato (Le edizioni Zanichelli 1859-1939, Bologna, Zanichelli, 1984) si ricorda che, proprio negli anni di cui si occupa lo studio (1930-1938), fu presidente della Zanichelli Isaia Levi. È un fatto che mi impone altre domande: può l'autrice non aver sospettato che il Levi fosse "appartenente alla razza ebraica"? E l'autrice, se davvero convinta che Zanichelli fosse stata all'avanguardia nell'indicare la rotta della politica razziale del regime, perché non ha approfondito la circostanza? Perché anzi, interpretando in maniera inesatta la medesima fonte, sul punto inequivocabile, indica come presidente della società, in quel periodo, Balbino Giuliano? Ho sempre pensato che gli studi promossi dal vostro Istituto e in particolare le assidue ricerche sull'editoria regionale fatte o promosse dal professor Gianfranco Tortorelli costituissero un capitolo importante degli studi sul mondo culturale dell'Emilia-Romagna. Mi auguro che le vostre risposte riescano a confermare questa mia opinione.
Gentile dottoressa Enriques, le sono grato innanzitutto per le sue osservazioni, che rendono vivo e animato il dialogo sempre auspicabile tra un'opera e i suoi lettori. In attesa di una risposta diretta del curatore e dell'autrice del saggio nel merito dei suoi rilievi, prendo atto delle loro fondate ragioni e mi auguro di potere ancora annoverare tra gli interlocutori più attenti dell'attività del nostro Istituto la casa editrice che lei dirige.
Ezio Raimondi
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