Rivista "IBC" XVI, 2008, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni

M. C. Ruggieri Tricoli, Musei sulle rovine. Architettura del contesto archeologico, Milano, Edizioni Lybra Immagine, 2007.
Musei sulle rovine

Beatrice Orsini
[collaboratrice dell'IBC]

Maria Clara Ruggieri Tricoli, nel volume Musei sulle rovine. Architettura del contesto archeologico, pone il problema della gestione del patrimonio archeologico e della sua conservazione analizzando varie soluzioni adottate in Inghilterra, Belgio e Lussemburgo, Germania e Austria. Il patrimonio archeologico, in generale, si presenta eterogeneo, essendo legato alle valenze storiche, culturali e simboliche del contesto in cui si trova, valenze che si differenziano da nazione a nazione e in Italia, in particolare, da regione a regione. Ogni Paese, quindi, adotta progetti di musealizzazione diversi fra loro, che risulta difficile racchiudere in un discorso univoco. Molte di queste realtà dimostrano i vantaggi della musealizzazione in situ (musei di rovine o musei sulle rovine) e della rinuncia alla dislocazione dei reperti. Esistono inoltre una serie di emergenze, frequenti nei nostri centri urbani, che possono essere reintegrate in edifici a carattere sia residenziale che pubblico. Varie sono state le tipologie progettuali adottate nel corso del tempo: in alcuni casi hanno portato alla realizzazione di contenitori trasparenti che sembrano annullare lo spazio interno (l'edificio termale della Viehmarkplatz di Treviri) o di scatole buie che lo ricoprono (la domus dell'Ortaglia di Brescia e quella della "Casa dei Tappeti di Pietra" a Ravenna); in altri casi, invece, la continuità con l'esterno è garantita senza negare l'esistenza dello spazio interno, come nel caso del Bryggens Museum di Bergen, costruito direttamente sulle rovine di alcune case dell'XI secolo.

Nell'ultimo ventennio, gli organismi internazionali che si occupano dell'heritage hanno elaborato una definizione del patrimonio che supera ogni distinzione fra ambito archeologico, storico, artistico e naturalistico, per una strategia unitaria di interpretazione e intervento. Viene inoltre ribadito (si veda la Carta di Burra, 1999) che l'oggetto della conservazione è costituito tanto dagli aspetti reali quanto dai valori a esso associati, quindi l'esistenza di un paesaggio archeologico non è necessariamente legata alla presenza di manufatti, ma anche all'interpretazione dell'insieme, cioè delle modalità con cui l'uomo si è relazionato con il proprio territorio. Gli interventi risultano ancora più problematici se si tratta di paesaggi archeologici costretti a convivere con situazioni di alta densità abitativa, per i quali solitamente si salvano piccoli ambiti cercando nuove forme di interpretazione con l'ambiente circostante.

Nell'analisi della realtà inglese viene proposta un'accurata ricostruzione della musealizzazione delle numerose ville romano-britanne dislocate sul territorio: dai primi tentativi di copertura come la villa di Bignor, piccoli cottages coperti da tetti in paglia, a quella di Chedworth, coperta da edifici chiusi, fino a quelle di Lullingstone e Fishborne, dove le rovine invece possono essere godute nella loro unitarietà grazie a coperture parziali e camminamenti. Oltre ai pavimenti conservati in situ esistono vari esempi di dislocazione degli stessi, come quelli rinvenuti nel Gloucestershire, dislocati per la maggior parte nel Corinium Museum. Dai vari interventi descritti si evince come l'atteggiamento inglese sia orientato verso il mantenimento di un senso di continuità col presente, con una particolare attenzione rivolta non solo alle rovine ma anche al paesaggio circostante.

In Belgio e Lussemburgo il patrimonio si compone di villae e siti rurali di epoca gallo-romana oltre a vestigia di edifici religiosi medievali, palazzi nobiliari o villaggi. Gli obiettivi principali della musealizzazione in questi paesi sono la comunicazione e la conservazione per il grande pubblico. Le vestigia, soggette nella maggior parte dei casi a un notevole deperimento, impongono la conservazione dell'ambiente e del paesaggio circostante. La tecnica della ricostruzione viene quindi utilizzata per trasmettere non tanto la concezione degli spazi dal punto di vista architettonico quanto l'uso che se ne faceva anticamente, coinvolgendo così il pubblico. Il caso dell'Austria e della Germania, limitato in questa analisi solamente al periodo romano, pone l'accento sul fatto che le rovine vengono percepite come patrimonio della vita quotidiana della comunità. In assenza di strutture museali, le precarie condizioni di molte aree archeologiche hanno portato in molti casi alla ricostituzione della planimetria dell'edificio, con il livellamento della cortina muraria e l'utilizzo di pietrisco colorato per la distinzione degli ambienti. Emblematico è il caso dell'intervento di recupero dell'insediamento celtico-romano di Magdalensberg, finalizzato alla realizzazione del più grande parco austriaco, dove notevoli sono le ricostruzioni in situ degli edifici mirate alla contestualizzazione dei reperti. La recente musealizzazione dell'impianto termale di Baden-Baden, infine, tenta di dar voce alla materia tramite l'uso di luce colorata per fornire un'interpretazione visiva del calore differenziata in base all'uso degli ambienti.


M. C. Ruggieri Tricoli, Musei sulle rovine. Architettura del contesto archeologico, Milano, Edizioni Lybra Immagine, 2007, 312 pagine, 28,00 euro.

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