Rivista "IBC" XVI, 2008, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Vedute bolognesi. "Dal Vanvitelli a Giovanni Boldini", a cura di B. Buscaroli, Bologna, Bononia University Press, 2008.
Vedute / da vedere

Mirko Nottoli
[collaboratore delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna]

All'esposizione bolognese dedicata ad Antonio Basoli tra marzo e giugno 2008 dall'Accademia Clementina e dalla Pinacoteca nazionale, la Fondazione Cassa di risparmio in Bologna ha partecipato prestando numerose opere, tra dipinti e disegni, e promuovendo anche la ristampa anastatica di due suoi taccuini di schizzi e disegni. Ma "Vedute bolognesi. 'Dal Vanvitelli a Giovanni Boldini'" (a Casa Saraceni dal 20 marzo al 27 aprile 2008) voleva essere qualcosa di diverso, una mostra sviluppata in parallelo. Quando infatti si parla di vedutismo a Bologna si pensa immediatamente a Basoli e invece, tra XVII e XIX secolo questa tradizione conta una fitta schiera di seguaci che, professionisti e dilettanti insieme, cavalletto e pennelli sottobraccio, con il paesaggio si sono cimentati, innovando il linguaggio del genere. È questa, d'altronde, la patria della quadratura, delle finte architetture dipinte e illusionisticamente scorciate, dei portici, a loro volta cannocchiali prospettici straordinari che interessarono, si dice, persino Dürer.

Non c'erano opere di Basoli, dunque, a Casa Saraceni, ma quelle di tanti altri pittori, molti dei quali anonimi. Un anonimato che però sembra aggiungere, al valore non solo documentaristico di queste opere, una componente sentimentale non trascurabile, eseguite, come furono, non tanto per lasciare impresso un nome ma per un'esigenza quasi naturale di confronto con la città, per ritrarla, da abitanti o da forestieri, in un atto d'amore verso un luogo particolarmente caro. Custodendo così dei pezzi di una memoria che purtroppo, un giorno, andrà perduta, travolta dall'urbanizzazione e dal progresso. "Per questo" - scrive Beatrice Buscaroli, curatrice dell'esposizione e del catalogo - "la loro testimonianza è ancora più importante. Perché la storia ha rovesciato le carte e ci troviamo a contemplare non tanto un 'autore', un artista che 'aggiunge' alla storia, quanto l'umile testimone di una diminuzione. Tanto più umile se se n'è perso anche il nome. Ma le sue cose restano, nella città che è cambiata. Ecco il senso di questa mostra".

Di fianco a questi vi sono poi anche tutti i nomi della tradizione figurativa d'inizio secolo, i paesaggisti accademici e quelli "secessionisti", quelli più naturalisti e quelli aperti alle nuove istanze che giungevano da Parigi, quelli che guardavano alle avanguardie, anche da qui, anche da Bologna. Giulio Cesare e Pietro Pietra, Giovanni Romagnoli, Garzia Fioresi, Ferruccio Giacomelli, Cleto Capri, Alessandro Guardassoni, Luigi Serra, Luigi Bertelli, fino ad Angelo Davoli, artista contemporaneo che attualizza il tema della veduta interpretandolo in modo lirico e personale nonostante l'apparente realismo fotografico.

Una mostra che invita i visitatori a partecipare, a entrare in empatia con i quadri, a riconoscere gli scorci, magari una vecchia strada che non c'è più, un pezzo di lastricato dove si giocava da piccoli, un cortile vicino a dove siamo nati. Il catalogo ripercorre le sezioni tematiche: si parte dalla Fontana del Nettuno per passare a Piazza Maggiore quando ancora era invasa dalle tende del mercato, alle torri, non solo le due più celebri ma anche le altre, quando di torri ne spuntavano cinque una vicina all'altra, poi sciaguratamente abbattute agli inizi del Novecento, come svelano i dipinti di Fabio Fabbi e Alessandro Scorzoni. E poi le chiese, la vie, le porte, i palazzi. Una sezione curata da Angelo Zanotti, un vero specialista del settore, è stata riservata ai canali di Bologna, un aspetto della città quasi impensabile per noi motorizzati e urbanizzati cronici. Il porto, le barche, i mulini, i canali dove oggi vi sono asfalto e smog.

Testimonianze storiche, artistiche, documentaristiche, ufficiali e ufficiose che la Fondazione Cassa di risparmio ha voluto, cercato, raccolto e conservato. Come continua a fare. Composta da opere tutte di proprietà delle sue Collezioni d'arte, la mostra si apriva e si chiudeva idealmente con due vedute straordinarie di recentissima acquisizione: una Porta Galliera del Vanvitelli e una Fontana del Nettuno acquerellata da Giovanni Boldini. Con un occhio rivolto al passato e uno al futuro, queste opere finiscono per tracciare una storia per immagini della città, degli eventi e dei mutamenti che l'hanno interessata dal Settecento a oggi. Un modo avvincente e alternativo per ripercorrere epoche e poetiche che nella città, nei suoi monumenti, nel tessuto urbano in perenne divenire si incarnano e prendono forma. Perché è la città stessa a parlarci, a portare in sé i segni che consentono di decifrarla, a farsi, stratificazione su stratificazione, il volto tangibile delle società che si sono susseguite e che così l'hanno voluta, costruita, ampliata, abbattuta, ricostruita di nuovo.


Vedute bolognesi. "Dal Vanvitelli a Giovanni Boldini", a cura di B. Buscaroli, Bologna, Bononia University Press, 2008, 240 pagine, 40 euro.

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