Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / editoriali

Le case degli artisti non sono un museo, ma un laboratorio, un luogo tra reale e fantastico, dove un inventore di forme ha costruito il proprio universo, lasciandolo in legato, come una creatura amata, alla società civile.
Tra le stanze della creatività

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Si parla spesso, oggi, di creatività, e il termine "creativo" è diventato corrente nel nostro vocabolario quotidiano, a indicare qualcosa che non è sempre chiaro ma ha la forza suggestiva di una parola d'ordine, come accadde in altri anni per l'"immaginazione al potere". L'inflazione linguistica ci minaccia da tutte le parti e a qualcuno può venire il desiderio di ristabilire i valori semantici originari, di restituire a una possibile esperienza la sua autenticità e la sua vitalità. Niente di meglio, allora, che pensare al mondo dell'arte e a quel particolare capitolo che è rappresentato dalle case degli artisti, così come si distribuiscono sul territorio della nostra regione, disegnando un itinerario, una mappa da conoscere e da esplorare.

Le case degli artisti non sono un museo, ma un laboratorio, un luogo tra reale e fantastico, dove un inventore di forme ha costruito il proprio universo, dove ha creato qualcosa di inedito lasciandolo in legato, come una creatura amata, alla società civile e alle sue istituzioni. Ciò che vi si sperimenta è una storia irripetibile, un'"aura" intima e luminosa che coincide con una ricerca, un lavoro paziente, una scoperta di immagini e di emozioni: in una parola, i modi di una creazione continua, che è sempre un'invenzione, una costruzione di un mondo nel mondo. Qui l'artista diviene anche un artigiano, con la costanza e la dedizione del fare, del misurarsi con la forza della materia e con la densità del colore e dei suoi incanti figurativi.

La casa dell'artista può essere allora la scuola di un'esperienza creativa, di un'epifania operosa dell'immaginazione, in cui l'occhio ha una parte decisiva. E forse non è un caso che in questo nostro numero si sia dato notizia anche dell'Archivio nazionale del film di famiglia, un'officina della memoria nata dalla passione di un gruppo di giovani, che è a sua volta lo specchio di un'attitudine inventiva, libera e curiosa, che dalla testimonianza passa alla rappresentazione, alla resa fedele e insieme trasfigurata del reale quotidiano, del suo universo di cose e di volti, di solitudini e di incontri. La verità è che i beni culturali vogliono un'educazione corrispondente, un'attenzione che sia anche esercizio, manualità governata dal fervore e dallo slancio della virtualità immaginativa. La cultura, insomma, ha bisogno di farsi creazione, senso concreto del nuovo, stupore che sconfigge la routine, la ripetizione rituale. Per questo la ricerca non è mai celebrazione.

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