Rivista "IBC" XVII, 2009, 3

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni

Il nuovo Museo della civiltà villanoviana, inaugurato a Castenaso, racconta la storia di una grande cultura della prima Età del Ferro. Là dove è affiorata per la prima volta.
La stele racconta

Isabella Giacometti
[IBC]

È stato inaugurato l'8 maggio 2009, a Castenaso (Bologna), il primo segmento del "MuV", il nuovo Museo e centro di documentazione della civiltà villanoviana. È il felice esito di una progettazione congiunta tra il Comune di Castenaso, la Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, l'Istituto regionale per i beni culturali e l'Assessorato alla cultura della Provincia di Bologna, che hanno consentito la realizzazione di un percorso museale sul Villanoviano proprio nei luoghi in cui, nel maggio del 1853, il conte Giovanni Gozzadini, in seguito a scavi effettuati nella sua tenuta di campagna, portò alla luce le testimonianze funerarie di una civiltà fino ad allora sconosciuta.

Il rinvenimento della necropoli all'interno di una proprietà di Gozzadini sita alle spalle della parrocchia sanlazzarese di Santa Maria delle Caselle ha contribuito a ricomporre il quadro della storia dell'uomo antecedente alla civiltà etrusca classica, facendo conoscere al mondo i primi resti della cultura protostorica divenuta internazionalmente nota come "villanoviana". Lo sancisce del resto, già pochi anni dopo, lo stesso Gozzadini, quando negli atti del quinto Congresso internazionale di antropologia e di archeologia preistorica, tenutosi a Bologna nel 1871, afferma con convinzione che "gli oggetti di Villanova, confrontati con quelli della necropoli di Marzabotto o con quelli del sepolcreto di Felsina, ci risultano più antichi di questi, ma tra loro vi è una sorta di affinità. Non si incontra ancora la perfezione, ma vi si trovano già le grandi linee dell'arte etrusca. E quindi Villanova è da porre all'inizio dell'epoca etrusca".

Il museo ha sede proprio nella frazione di Villanova, nell'ex fienile del complesso Casa Sant'Anna, già pertinenza di Villa Gozzadini e ora proprietà comunale; si tratta di un classico esempio di architettura rurale bolognese, che conserva l'impostazione a pilastri in cotto sul lato sud: gli spazi erano adibiti a magazzino e a fienile, nel piano sopraelevato, mentre nella parte centrale, al pianterreno, si trova l'area originariamente adibita a stalla. Il percorso di visita si sviluppa sui due piani dell'edificio, appositamente ristrutturato; il piano terra ospita i servizi per i visitatori, il bookshop e la sala adibita alle attività e ai laboratori didattici in affaccio diretto sul giardino esterno. L'itinerario museale vero e proprio ha inizio con una grande videoinstallazione che accoglie il visitatore introducendolo alla figura di Giovanni Gozzadini, il cui nome è legato indissolubilmente alla scoperta della necropoli di Villanova, e della moglie Maria Teresa, gentildonna veronese, colta e ricca di temperamento, ricordata per essere stata un'attiva sostenitrice della lotta contro il dominio austriaco.

L'allestimento è corredato da riproduzioni cartografiche e mappe che mostrano la diffusione della cultura villanoviana in Italia, evidenziandone la presenza non solo nella pianura padana, ma nell'Italia centrale tirrenica (notoriamente terra di elezione degli Etruschi) e in alcune località della Campania e del versante adriatico centrosettentrionale. L'inquadratura geografica si restringe, poi, alle testimonianze emerse nell'area regionale emiliano-romagnola, per soffermarsi infine su Castenaso e sul territorio immediatamente circostante, teatro della scoperta archeologica che per la prima volta ha svelato all'Italia e all'Europa intera l'esistenza di questa importantissima cultura della prima Età del Ferro. Nel futuro ampliamento di questa sezione museale, previsto per i prossimi mesi, con l'uso di moderne tecnologie sarà proposto al visitatore un percorso diacronico che illustrerà i processi di trasformazione del territorio comunale dall'antichità fino ai giorni nostri.

L'itinerario prosegue al secondo piano, dove al centro della grande sala espositiva è stata collocata, per ora, solo la prima di tre "scatole magiche", un nome evocativo per altrettante strutture metalliche appositamente progettate allo scopo di immergere il visitatore in un viaggio alla scoperta dei caratteri e delle usanze di questa antica cultura, passando attraverso la conoscenza del rituale funerario. Le modalità di sepoltura, il cerimoniale funebre, l'uso di deporre nella tomba oggetti di corredo, consentono di leggere e di ricostruire la struttura, i ruoli e le caratteristiche della società dell'epoca.

Lo spazio è arricchito dall'esposizione degli oggetti recentemente rinvenuti in località Marano di Castenaso, nella piccola necropoli che ha restituito 9 sepolture a cremazione databili al VII secolo avanti Cristo, sepolture sicuramente aristocratiche, vista la particolare ricchezza dei manufatti e la monumentalizzazione del sepolcreto con fastose lapidi scolpite. Tra queste, emerge per pregio (opportunamente sottolineato dal risalto museografico che le è stato conferito) la stele a disco, cosiddetta "delle spade": una stele di forma dichiaratamente antropomorfa e di estremo interesse soprattutto per la complessità della decorazione, che nella parte centrale raffigura un duello tra due guerrieri e, in quella superiore, la figura di un felino circondato da immagini di spade. Una pedana circolare sostiene la stele, collocata in uno spazio appositamente realizzato per evidenziare l'eccellenza del reperto e agevolare, grazie a un'appropriata illuminazione, la lettura della rappresentazione a bassissimo rilievo, di cui si possono ammirare le qualità stilistiche e comprendere al meglio il simbolismo del messaggio figurativo, tutto legato al mondo dell'oltretomba. I lussuosi corredi funerari del sepolcreto sono per il momento esemplificati dalle suppellettili ceramiche e metalliche della tomba 1, ma il progredire dei lunghi e onerosi lavori di restauro permetterà di assicurare, nel tempo, l'avvicendamento espositivo dei materiali, dando così modo, al visitatore, di conoscere tutti gli aspetti della necropoli di Marano e, alla struttura, di esporre a rotazione il patrimonio di cui dispone.

Il museo risponde quindi pienamente all'esigenza dell'amministrazione comunale di celebrare il legame tra Castenaso, la figura di Giovanni Gozzadini e la civiltà villanoviana, legame che per oltre un secolo e mezzo è rimasto nell'ombra di una sostanziale invisibilità. L'obiettivo perseguito negli anni, e che sta alla base di questo progetto, è proprio realizzare una struttura museale dinamica, dove sia possibile promuovere e veicolare i contenuti puntando a interessare maggiormente il visitatore. Attraverso un'esperienza coinvolgente, infatti, si mira ad accorciare la distanza tra il pubblico e l'oggetto museale, creando un luogo che unisca vocazioni diverse: essere sì un luogo di raccolta dei reperti del territorio, ma anche uno spazio in cui promuovere in modo scientifico e divulgativo la conoscenza del Villanoviano, in cui offrire opportunità di incontro, studio e analisi dei materiali e poter stabilire collaborazioni con altre istituzioni culturali e museali.

Se da un lato, infatti, il Museo della civiltà villanoviana è sicuramente il primo a recare nel nome il riferimento esplicito a questa civiltà protostorica, non è certo l'unico a conservare materiali di questo periodo, dal momento che il territorio bolognese e quello limitrofo sono disseminati di realtà museali che custodiscono consistenti manifestazioni di questa cultura. Sono realtà conservative che documentano, con i propri materiali, il popolamento del territorio durante la prima Età del Ferro, a partire dal Museo civico archeologico di Bologna, città che costituisce il centro primario di propagazione della cultura villanoviana, i cui limiti geografici sono indicativamente compresi tra l'area del Secchia presso Rubiera, a ovest, e la linea del fiume Santerno a est, là dove sembra arrestarsi la sfera di influenza del villanoviano bolognese. Questo ambito geografico è punteggiato da rinvenimenti di sepolcreti e abitati che hanno consentito di recuperare informazioni e studiare materiali significativi per la ricostruzione dell'assetto del territorio e per l'interpretazione delle sue dinamiche insediative, le cui evidenze sono ora custodite all'interno di spazi specificamente adibiti alla conservazione e alla valorizzazione della memoria. Il Museo archeologico di Bologna conserva una raccolta villanoviana di grandissimo pregio, sia dal punto di vista tipologico che dal punto di vista quantitativo, e annovera tra i suoi moltissimi materiali pure i reperti rinvenuti da Giovanni Gozzadini durante gli scavi effettuati a Caselle, nei pressi di Villanova.

Testimonianze del Villanoviano si ritrovano anche nel Museo civico archeologico e paleoambientale di Budrio, promotore di ricognizioni e di scavi sistematici che hanno consentito il formarsi di una sezione villanoviana dedicata soprattutto all'abitato di Castenaso e alla necropoli di Castenaso - Scuole medie. A San Lazzaro di Savena il Museo della preistoria "Luigi Donini" ha riservato un'ampia parte del suo percorso all'allestimento delle sepolture e dei relativi corredi riportati in luce una ventina di anni or sono sempre a Caselle, in una porzione della celebre necropoli scoperta da Gozzadini contigua a quella indagata fra il 1853 e il 1856. Anche Bazzano fu sede di un insediamento villanoviano individuato lungo la sponda del fiume Samoggia: le sue testimonianze sono attualmente divise fra il Museo nella Rocca Bentivoglio e il Museo archeologico etnologico di Modena, mentre nel Museo di San Domenico a Imola, impegnato nel riallestimento delle sue collezioni, ai reperti riferibili a vecchi ritrovamenti si aggiungeranno fra breve le più recenti scoperte.

La progressiva penetrazione villanoviana nelle aree intravallive è documentata invece dal Museo civico archeologico "Luigi Fantini" di Monterenzio. Da non tralasciare, infine, il Museo archeologico ambientale di San Giovanni in Persiceto, che ora, sempre in collaborazione con l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna e la Soprintendenza archeologica, con una mostra accompagnata da un volumetto didattico approntato per l'occasione e successivamente destinata alla musealizzazione, sta valorizzando il nucleo sepolcrale di via Imbiani, composto da alcune tombe villanoviane assieme ai relativi corredi funerari: un ulteriore contributo, utile ad arricchire il panorama di un'epoca le cui tracce continuano ad affiorare attraverso il tessuto urbano moderno.

Quello della cultura villanoviana, infatti, è un tema di grande attualità, grazie alle continue scoperte che ampliano le conoscenze e ne articolano, a un maggiore livello di dettaglio, il quadro geografico di distribuzione. Questa civiltà, come si è visto, gode di una capillare diffusione all'interno del territorio regionale, e in particolare nel distretto bolognese: proprio a Bologna, in zona Fiera, in un'area sottoposta ai controlli della Soprintendenza a partire dagli anni Settanta, è stata rinvenuta di recente un'estesa necropoli di cui sono state contate 1311 sepolture. Gli esiti di questo vasto scavo, insieme ai molti e interessanti dati che ne sono scaturiti, saranno resi pubblici il prossimo autunno con una mostra che raccoglierà i pezzi più significativi.

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