Rivista "IBC" XVII, 2009, 3

territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne, pubblicazioni

E. Denison, G. Yu Ren, N. Gebremedhin, Asmara. Africa's Secret Modernist City, London - New York, Merrell Publishers, 2006; Architettura italiana d'oltremare. Atlante iconografico, a cura di G. Gresleri, P. G. Massaretti, Bologna, Bononia University Press, 2009.
Asmara segreta

Mirko Nottoli
[collaboratore delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna]

Si è chiusa il 5 luglio 2009, a Casa Saraceni, la mostra "Asmara. Africa's Secret Modernist City". Una mostra anomala, in quanto c'era poco da vedere e molto da leggere, che però, sotto molti punti di vista, serbava delle belle sorprese. Non so infatti a quanti, pensando all'architettura moderna, verrebbe in mente la capitale eritrea. Non so in quanti, pensando ad Asmara, si aspetterebbero di trovarci una stazione di servizio dalla forma di aereo, con un'apertura alare di 30 metri che funge da tettoia, tutta in cemento armato, senza nemmeno un pilone a sorreggerla. O un edificio come il Cinema Impero, in elegante stile art déco perfettamente conservato. O fabbriche in disuso che sembrano uscite dallo studio di Walter Gropius, costruzioni come il Selam Hotel che non hanno nulla da invidiare ai migliori esiti del razionalismo italiano (e penso alla colonia AGIP di Cesenatico, del mai troppo rivalutato Giuseppe Vaccaro), o distributori di benzina che starebbero a meraviglia in un quadro di Hopper degli anni Trenta o in un film noir del medesimo periodo.

Questa è Asmara. Città che risale al XII secolo ma di fatto costruita in una manciata di anni, dal 1935 al 1941. Gli anni della politica coloniale fascista in Africa, quando Mussolini si esalta nel delirio imperialista e l'Eritrea e Asmara (già italiane, insieme alla Somalia, dalla fine dell'Ottocento) diventano fondamentali dal punto di vista strategico per la conquista dell'Abissinia, l'attuale Etiopia, con cui riunire tutto il Corno d'Africa sotto l'egida del tricolore. Sotto un regime dittatoriale e razzista le condizioni dei nativi africani non erano certo facili. Tuttavia in quegli anni la città cresce, economicamente e artisticamente, al punto che, alla fine della Seconda guerra mondiale, quando gli inglesi entrano in città da vincitori, si meravigliano di trovare una città moderna, dall'aspetto europeo, piena di viali alberati, cinema e fontane. È in quegli anni infatti che il dibattito internazionale sull'architettura si infiamma, con la nascita del movimento moderno, chiamato a rispondere a nuove esigenze abitative e a mutate condizioni sociali ed economiche, a cui si accompagnano scoperte di nuovi materiali e nuove possibili tecniche realizzative.

Sono gli anni dei Congressi internazionali di architettura moderna e di Le Corbusier, di Wright e di Gropius, delle città-giardino e dell'edilizia popolare per garantire alle masse operaie alloggi con standard quantomeno minimi di vivibilità. È in questo clima che Asmara diventa un banco di prova su cui testare tendenze e teorie ed ecco sorgere fabbricati che rendono conto del proliferante fervore del momento. Funzionalismo e neoclassicismo, ma anche monumentalismo, eclettismo, art déco, futurismo, pareti bianche ed elementi decorativi, spirito internazionale e recupero etnico, rigore e melting pot. Difficile fornire una definizione unitaria su Asmara, se non dicendo che in quel preciso momento incarnò il mito di ogni progettista, quello di poter dar vita dal nulla alla propria città ideale. Lo stesso sogno che accese le ambizioni degli architetti rinascimentali, che fu alla base dei piani di Brasilia di Lucio Costa e Oscar Niemeyer, o di Chandigar, la città d'argento di Le Corbusier. Città di nuova fondazione, utopie rimaste incompiute, rimaste tali.

Asmara, almeno, si è conservata fino a noi quasi intatta. Il successivo passaggio dell'Eritrea sotto il dominio etiope ha fatto in modo, paradossalmente, che Asmara perdesse il ruolo centrale di capitale e di conseguenza perdesse anche interessamenti speculativi che avrebbero potuto investire il suo territorio e tradursi in sventramenti e ricostruzioni. Tutto questo non è (almeno in parte, ancora) successo, cosicché, riconquistata nel 1991 la tanto sospirata indipendenza, Asmara può oggi mostrare il suo intero patrimonio architettonico con fierezza e timore, perché un patrimonio del genere va esibito ma anche conservato e preservato. E per questo servono fondi, competenze, maestranze che l'Eritrea, per forza di cose, adesso non possiede. Per questo la mostra, itinerante, si propone un obiettivo ben preciso: rendere Asmara nota nel mondo affinché possa essere inserita all'interno del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Per chi volesse approfondire la questione rimandiamo al catalogo della mostra (solo in inglese) e a un atlante iconografico sul tema generale.


E. Denison, G. Yu Ren, N. Gebremedhin, Asmara. Africa's Secret Modernist City, London - New York, Merrell Publishers, 2006, 240 pagine, 39,95 dollari; Architettura italiana d'oltremare. Atlante iconografico, a cura di G. Gresleri, P. G. Massaretti, Bologna, Bononia University Press, 2009, 500 pagine, 75,00 euro.

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