Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2

musei e beni culturali / immagini, pubblicazioni

C. Chéroux, L'errore fotografico. Una breve storia, Torino, Einaudi, 2009.
Errori miracolosi

Carlo Tovoli
[IBC]

"È importante fare brutte fotografie": la frase lapidaria di Diane Arbus con cui si apre il volume L'errore fotografico. Una breve storia di Clément Chéroux, conservatore del fondo fotografico del Centre Pompidou e storico della fotografia, consola i dilettanti. E suggerisce di non buttare nulla perché il verdetto sul carattere riuscito o errato di una foto dipende sempre da diversi fattori, tra cui, fondamentale, l'ambiente culturale da cui proviene il giudizio. Chéroux definisce il suo saggio un piccolo trattato di "erratologia" che scommette sull'errore fotografico come strumento cognitivo poiché "è nelle sue ombre, nei suoi scatti errati, nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio si lascia analizzare".

Per quale motivo una foto viene giudicata errata? Partiamo dagli errori legati alla tecnica del procedimento fotografico. Il registro di quelli più comuni è mutato ben poco dai tempi di Daguerre, nonostante l'evoluzione degli strumenti: si parla ancora oggi di sfocature, sdoppiamenti, pellicole velate o danneggiate. Quello che cambia è il nostro atteggiamento. Scrive Chéroux: "Possiamo notare che, se globalmente gli errori restano gli stessi, la loro percezione si modifica in funzione del luogo e del momento in cui vengono valutati".

Un esempio è la celebre istantanea di un auto in piena velocità scattata nel 1913 da Jacques-Henry Lartigue durante il Gran Premio dell'Automobile Club de France. Secondo i canoni dell'epoca, la foto era da considerare errata, perché flou, decentrata e deformata. Anche Lartigue la giudicò allora insoddisfacente. Ma basta aspettare qualche anno perché fotografie simili a quella comincino a circolare nelle riviste illustrate. Cosa è cambiato? I presunti errori di Lartigue del 1913 sono diventati i nuovi canoni della rappresentazione della velocità. Lartigue fa tesoro di questa esperienza e pochi anni più tardi afferma: "Gli insuccessi sono del tutto naturali. Servono da lezione. È per questo che bisogna conservare anche le fotografie che non ci soddisfano, perché fra tre, cinque o dieci anni vi scopriremo magari qualcosa di ciò che un tempo avevamo sperimentato". Oggi non solo quell'immagine è considerata una delle sue migliori ma è diventata una vera e propria icona della fotografia del XX secolo.

Stigmatizzati nei manuali di tecnica fotografica, sono le avanguardie storiche a rivalutare gli accidenti fotografici, in particolare il Surrealismo con Man Ray, che, amante dei giochi di parole, si dichiara fautographe (da faute, errore). "Quando facevo delle fotografie, quando ero nella camera oscura" - scrive - "evitavo di proposito tutte le regole, mescolavo le sostanze più insensate, utilizzavo pellicole scadute, facevo le cose peggiori contro la chimica e la fotografia". Dagli errori provocati da Man Ray e da altri per il gusto della sperimentazione, si passa, nel volume, ai casi più recenti di Robert Frank e della sua "estetica della sciatteria", all'origine di un tendenza contemporanea che prende il nome di "fotopovera" o cheap photography (un altro esempio sono le immagini del fotografo Bernard Plossu, realizzate con macchine fotografiche del tipo "usa e getta" in luoghi fotografici poco "ortodossi").

Resta alla fine un dilemma: se l'errore ti fa scoprire altri modi di rappresentazione o permette, alla Man Ray, di abbandonarti al caso e far emergere forme visive inedite, allora in fotografia tutto è permesso? Chéroux non cede all'elogio dell'errore fotografico tout court. Lo considera un potente strumento di conoscenza, capace di mettere a nudo i principi fondamentali della fotografia. Riconosce anche nell'atto stesso di errare un'occasione: "Errare in fotografia è essere disposti ad accogliere incidenti come piccoli miracoli laici, delle vere e proprie epifanie fotografiche". Saper approfittare degli incidenti, lo diceva anche Man Ray. Ma bisogna saper cogliere "la fertilità del caso". Non era del resto Louis Pasteur a dichiarare che "il caso favorisce soltanto gli spiriti preparati"?


C. Chéroux, L'errore fotografico. Una breve storia, Torino, Einaudi, 2009, 145 pagine, 18,00 euro.

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