Rivista "IBC" XIX, 2011, 1

musei e beni culturali / storie e personaggi

Luciano Bertacchini, pittore e critico d'arte (1913-2010).
Bertacchini, pittore e molto altro

Anna Maria Aldrovandi Baldi
[giornalista]

Ai primi di ottobre del 2010, a 97 anni, se n'è andato Luciano Bertacchini. Valente pittore, comunicatore intelligente e sagace osservatore, ha attraversato un intero secolo con lo stupore timido "che sa d'infanzia, contraddetto dallo sguardo acuto, forse ironico, senz'altro fiero", come dice di lui Eugenio Riccomini. Francesco Arcangeli, nel lontano 1947, gli attribuiva "candore di reticenza poetica", "delicatezza di modulazioni misurate su un ritmo interiore", e Adriano Baccilieri gli ha riconosciuto la capacità di emancipazione rispetto alla lezione dei suoi maestri di Accademia - Guidi, nel corso di pittura, e Morandi in quello di grafica - con una perfetta equidistanza da entrambi.

Come artista, la sua attività si estende per tutto il Novecento, con opere raffinate: una pittura chiarista, velata e silenziosa, e una perizia incisoria di alta qualità. Dal 1954 affiancava alla sua attività pittorica quella giornalistica: per oltre vent'anni ha collaborato all'"Avvenire d'Italia", quindi è divenuto critico d'arte per il telegiornale regionale della RAI. Un ruolo che ha mantenuto per quarant'anni e che lo ha fatto conoscere e stimare da enti e amministrazioni comunali di tutta Italia. Ha svolto anche attività di insegnante, completando le nozioni didattiche con gli esempi di una vita concepita all'insegna dell'onestà e di una visione religiosa del mondo.

Un'esistenza lunga, che lo ha messo spesso a dura prova: orfano a sei anni, la casa distrutta dalla guerra, dieci anni di pittura andati in fiamme, altri sei di vita militare in Slovenia e altrove. E, nell'aprile del 1945, il rischio di fucilazione per uno scambio di identità. In quei giorni, dopo molte peripezie, Bertacchini tornava nella Bologna appena liberata. Fermatosi in una trattoria, venne scambiato per un gerarca fascista da un gruppo di partigiani, che subito lo condannò a morte. A nulla servivano i suoi documenti né quelli rilasciati dal comitato di liberazione delle Marche, da cui proveniva. A salvarlo fu un foglio di giornale con la foto di Luciano Minguzzi: chiese un confronto con l'amico scultore, anch'egli membro del comitato di liberazione. Andarono tutti insieme a cercarlo in bicicletta, ma Minguzzi non si trovava, né allo studio, né a casa. Mentre il pittore era ormai disperato dinnanzi ai partigiani, arrivò Minguzzi, gagliardo e sorridente. L'abbraccio fu risolutivo e non ci fu bisogno di aggiungere altro.

Fondamentale, nella vita di Luciano Bertacchini, è stata l'esperienza maturata a Filottrano, nelle Marche, dove trovò generosa ospitalità dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1944. Si nascose nella campagna trovando asilo nelle case coloniche, dove acquistò familiarità con i luoghi e con la gente. Un'esperienza che poi, nei tempi difficili della ricostruzione postbellica, lo trasformò anche in amministratore comunale di quel paese.

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