Rivista "IBC" XIX, 2011, 1

Dossier: Segni di Unità - Il Risorgimento nel patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna

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I volti dell'epopea

Claudia Collina
[IBC]

Il 1859, anno cruciale per l'Unità d'Italia, fu tale anche in campo artistico: il Concorso di Ricasoli confermò che ai soggetti antichi si affiancavano quelli più attuali, volti alla celebrazione della politica sabauda. Stimolare gli ideali nazionali attraverso l'iconografia del passato perdeva senso di fronte al susseguirsi precipitoso degli avvenimenti: solo rappresentandoli la pittura poteva lanciare il suo messaggio, etico e politico, assai al di là delle regole accademiche e delle correnti stilistiche ricorrenti sul tema bellico.

È dunque questo il crocevia d'intersezione tra pittura di storia passata e contemporanea: anche nei quadri di argomento risorgimentale la narrazione particolareggiata degli avvenimenti evidenziava l'eroismo e la virtù di cittadini, soldati e capi militari. Come nel Cavaliere piemontese inseguito da ulani austriaci del pittore milanese Sebastiano De Albertis che, rievocando un episodio della Guerra d'Indipendenza del 1866, coniuga suggestioni romantiche francesi alla neonata scapigliatura lombarda. O come in Dopo Novara del ferrarese Gaetano Previati che, con stile analogamente scapigliato e presimbolista, narra l'episodio più eclatante del fallimento della prima Guerra d'Indipendenza: l'esilio del re Carlo Alberto di Savoia, che dopo la sconfitta di Novara e l'abdicazione in favore del figlio Vittorio Emanuele si ritirava a Oporto, dove sarebbe morto due mesi dopo.

Le convenzioni compositive della ritrattistica, tuttavia, rimangono le medesime dal XVI secolo alla seconda metà del XIX, mirando a rivelare la personalità, il rango e il mestiere del soggetto effigiato, in equilibrio variabile tra immagine ideale e veritiera. Come nel "ritratto di Stato", dove domina l'assenza di realismo, a favore della sontuosa apparenza, che stupisce e soggioga lo spettatore: ne sono un importante esempio i ritratti degli "uomini illustri" del Gran Salone del Palazzo Luigi Pizzardi, commissionati dal 1861 in poi, dal primo sindaco di Bologna, ai pittori della neonata Reale Accademia di Belle Arti per le province dell'Emilia. Si veda il Ritratto di Napoleone III eseguito da Gaetano Belvederi a metà degli anni Sessanta, dove l'espressione dell'imperatore rivela il nobile e coraggioso idealismo, sottolineato da una quantità di particolari che testimoniano, simbolicamente, l'alleanza con l'Italia e l'imminente partecipazione all'azione bellica del 1859; o il Ritratto di Cavour e Minghetti del bolognese Luigi Busi, stilisticamente influenzato dal purismo puccinelliano, che celebra la storica arringa cavouriana alla Camera dei Deputati nel 1859; o il Ritratto di Vittorio Emanuele II del torinese Carlo Arienti, realizzato con morbido naturalismo d'ispirazione hayeziana.

Il toscano Antonio Puccinelli, nel Ritratto di Carlo Alberto a Oporto, evoca ancora l'ex monarca, affaticato e precocemente invecchiato, mentre medita sugli scritti di Gioberti e guarda il ritratto litografico del figlio, in cui ripone le sue speranze. Realizzato nel 1865, il quadro presenta novità stilistiche di matrice purista, neoquattrocentesca, espresse attraverso la razionalizzazione geometrica e verticalizzata degli spazi, e la luce chiara e diffusa. Il Salone del Risorgimento, smembrato da Carlo Alberto Pizzardi nel 1920, aveva decorazioni parietali di Luigi Samoggia e, oltre ai ritratti suddetti, comprendeva quelli di: Pier Capponi di Alessandro Guardassoni e Vittorio Emanuele II di Luigi Busi (dispersi durante la Seconda guerra mondiale), Galileo Galilei di Giulio Cesare Ferrari, Dante di Andrea Besteghi, Michelangelo Buonarroti e Cristoforo Colombo di Antonio Muzzi, con La battaglia di Fossalta di Antonio Puccinelli (a cui era ascritto anche il ritratto di Niccolò Macchiavelli).

I sentimenti che filtravano in via melodrammatica e teatrale già nella pittura storico-romantica confluivano con accenti più popolari, nel filone che descrive i sacrifici dei soldati, l'attesa dei familiari e le commoventi ricongiunzioni; narrazioni accomunate da una "poetica degli affetti" in cui spicca il verista Gerolamo Induno, autore della Partenza del coscritto per la Guerra d'Indipendenza del 1859. A Italia finalmente completata, dopo la presa di Roma nel 1870, il napoletano Francesco Paolo Michetti dipinge Mammina, bozzetto della parte centrale del dipinto La processione del Corpus Domini a Chieti. Ispirata agli aspetti più emozionali e vibranti della vita, la pittura evoca brillantezze cromatiche e suggestioni folcloristiche, mentre il simbolismo allegorico e verista veste la giovane madre con la bandiera tricolore della neonata nazione.


Crediti iconografici

Per le immagini si ringraziano: la Galleria d'arte moderna "Ricci Oddi" di Piacenza; il Museo del Risorgimento di Bologna.

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