Rivista "IBC" XIX, 2011, 2

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / editoriali

Fra cerimonie, incontri e mostre, il Centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia è stato anche l'occasione per rinnovare l'attenzione sul nostro Risorgimento e sottoporre il passato a un esame critico.
Una occasione

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Fra cerimonie, incontri, colloqui, mostre e altre iniziative spettacolari, il Centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia è stato anche, ci sembra, l'occasione per rinnovare o ridestare l'attenzione sul nostro Risorgimento e sui musei che ne definiscono tradizionalmente le reliquie. Più o meno consapevolmente, tanto più in un orizzonte politico contrastato e diviso, ricordare, di là dalle forme diverse del rito istituzionale, significava riconoscere il destino storico dell'Italia moderna (l'Italia in cammino) e sottoporre il passato a un esame critico che non fosse soltanto l'impulso contingente del cosiddetto revisionismo storiografico. In fondo conoscere davvero il passato è un modo per conoscere noi stessi e il nostro difficile rapporto con i processi globali della modernità. Ma è un discorso appena cominciato, che va approfondito, discusso, comparato alle vicende dell'Europa, come volevano, in un linguaggio diverso, i protagonisti di un tardo riscatto nazionale.

La tradizione vale per ciò che è stato risolto e più ancora per ciò che è rimasto incompiuto. E la memoria viva del Risorgimento, nella sua nuda e complessa fattualità, è un valore dunque da vivere nel presente, da cui dipende per buona parte la coscienza interrogativa di noi cittadini del 2000. Del resto si è detto tante volte che l'universo dei beni culturali implica un insegnamento civile, come testimonianza non retorica di una forma di vita, di una civiltà e dei suoi molteplici tramandi. Per questo il cittadino non è mai il semplice consumatore di un bene, ma il portatore di un'istanza conoscitiva, di una volontà di far diventare il passato, nella luce di un'equa conoscenza, una forza del futuro. Eppure il bene culturale è il più soggetto ai tagli implacabili del governo e riscuote un'avara considerazione politica.

Intanto, dopo le indagini di cui si è già dato conto, il nostro Istituto riprende il suo cammino quotidiano con i censimenti e le catalogazioni che sono due dei suoi compiti istituzionali. E questa volta, forte di un programma che conta già un decennio fertile di risultati, la parola del dossier spetta a Imago e ai suoi responsabili, al loro rigore concettuale che è insieme la misura segreta di un'operosa passione civile.

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