Rivista "IBC" XX, 2012, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / immagini, mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi

Nelle fotografie di Giuseppe Artese, una strada del centro storico di Bologna assume i contorni di un mondo in piccola scala...
Nel paese di via Broccaindosso

Riccardo Vlahov
[fotografo]

Porta il titolo curioso di Attoria il punto di arrivo editoriale di un originale progetto fotografico concepito da Giuseppe Artese intorno alla metà degli anni Ottanta e ripreso, in buona parte, nelle pagine di questo numero di "IBC". Il sottotitolo, Via Broccaindosso: una strada un paese, dal sapore volutamente zavattiniano, preannuncia l'impostazione del progetto, del successivo lavoro di ripresa, svolto nel medesimo periodo, e della sua conclusione espositiva ed editoriale nel giugno del 2011.1

Se l'oggetto dell'indagine appare chiaramente nel sottotitolo, il significato più profondo dell'intera operazione lo si trova, invece, proprio nel titolo, Attoria, che ritroviamo nella scritta volutamente monca riprodotta in una delle foto pubblicate, la cui curiosa inquadratura preannuncia una situazione sottilmente ambigua. Cosa succede in quella "Attoria"? Cos'è? La bottega degli attori? Oppure la Trattoria di via Broccaindosso di cui non vediamo le prime due lettere dell'insegna, nascoste dalla colonna del portico?

Ci si chiede, poi, come sia possibile considerare "paese" una strada del centro di Bologna. Quando immaginiamo un paese, lo raffiguriamo come un semplice agglomerato di case, magari grazioso o idilliaco, ma pur sempre una "popolazione" di soli edifici. E le persone? In genere non le immaginiamo, o forse ne consideriamo vagamente la presenza all'interno delle case. La nostra mente, piuttosto che generare l'immagine di una piazza o di una strada piene di gente, ci mostra una sorta di piccola città fantasma, visibilmente deserta, o forse abitata da persone senza volto, indefinite, miniaturizzate.

In queste fotografie l'autore non mostra un insieme di case morte e vuote, ma una popolazione di persone vive e attive, che sembrano muoversi e parlare nonostante la fissità dell'immagine in bianco e nero. Le case, la strada, i portici, i negozi, sono l'ambiente in cui le persone abitano, lavorano, discutono, giocano o passano: quasi una recita di attori tra le semplici quinte o i fondali di scena dei consueti "quadri" di una quotidiana rappresentazione teatrale della propria esistenza. Il soggetto principale dell'indagine fotografica di Artese è proprio la singola persona e la sua relazione con le altre; sono loro a dare forma e vita a un paese che coincide con l'ambiente circoscritto e quasi autosufficiente di una strada ai margini del centro storico della città, a poca distanza dall'ultima cerchia di mura.

L'autore ha abitato in quella via per un lungo periodo, entrando gradualmente in confidenza con i suoi abitanti e diventando, nel corso degli anni, "uno di loro"; a poco a poco li ha abituati alla presenza della macchina fotografica che portava spesso con sé e utilizzava in varie occasioni, fino a farla "scomparire", quasi fosse parte integrante della sua persona. Inizia infatti le riprese solo dopo sette anni di residenza in quella strada, dopo essersi integrato ed essere stato accettato come nuovo "compaesano" dai residenti autoctoni. La percezione di quella semplice vita di borgo lo porta a elaborare un progetto di analisi fotografica del "paese di via Broccaindosso", visto dall'interno, nella sua spontanea quotidianità, come fotografato dagli occhi anziché dalla macchina fotografica, in maniera essenziale e diretta, senza pretese artistiche e senza retorica.

Consapevole del fatto che spesso le fotografie riflettono la personalità del fotografo così fortemente da sovrastare il soggetto rappresentato nelle immagini, Artese provvede a mettere in evidenza nel modo più naturale possibile questo soggetto, senza raffinare l'assetto delle inquadrature; evita di decidere a priori cosa e quando fotografare, adottando invece una metodologia di ripresa casuale e seriale, al fine di ottenere una campionatura di immagini più neutrale possibile, ma priva di pretese di esaustività e comunque diversa da un'operazione dai connotati scientifico-documentari.

La festa organizzata in strada rappresenta l'apoteosi del "paese" di via Broccaindosso, che l'ha ideata e l'ha mantenuta nel corso degli anni. L'immagine emblematica della prestigiatrice che viene ripresa di spalle mentre sta davanti agli sguardi dei "paesani" capovolge il normale rapporto attore-spettatore, mettendo in scena, nel ruolo di protagonisti, proprio coloro che svolgono nella realtà il ruolo di spettatori, portando sul palcoscenico, come alla fine di uno spettacolo, i numerosi attori: l'Attoria al completo.

Il percorso di immagini propone, così, un vero e proprio ritratto collettivo, una fotografia composita che racchiude, in una serie di "infiniti istanti", la memoria di un modo di vivere ormai mutato, di un "paese" che fortunatamente esiste ancora oggi, che continua a costituire una piccola e orgogliosa comunità, e che celebra ancora la sua festa, ma con un'Attoria diversa da quella di allora. Quelle immagini rivivono ora in un nuovo e prezioso ruolo di testimonianza storica, legando insieme, con un filo di continuità, il "paese" di ieri a quello nuovo di oggi.


Nota

(1) G. Artese, Attoria. Via Broccaindosso: una strada un paese, Bologna, Artese Edizioni, 2011, 132 pagine, senza indicazione di prezzo. Il volume è reperibile presso l'Associazione Orfeonica di Broccaindosso a Bologna (orfeonicadibroccaindosso.blogspot.com; telefono: 051.236.992).

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