Rivista "IBC" XX, 2012, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni

Archeologia e terremoti: un interessante caso di studio a Montegibbio di Sassuolo, nel Modenese.
Le salse raccontano

Carla Conti
[Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna]

Nella sua Storia naturale (II, 199), Plinio il Vecchio descrive l'eruzione della Salsa di Montegibbio avvenuta nel 91 avanti Cristo; secondo gli archeologi, sarebbe questa la causa del collasso delle strutture di età romana trovate in località il Poggio, a soli 700 metri da uno dei due apparati eruttivi dell'antica salsa citata da Plinio, oggi inattiva.

Il terremoto che ha colpito il Modenese nel maggio 2012 ha reso di drammatica attualità l'archeosismologia: settore di indagine relativamente recente, è l'attività scientifica che lega la letteratura archeologica sui terremoti alla sismologia, basandosi sul concetto che più si allarga la finestra temporale delle osservazioni dei terremoti in una certa area, più se ne conosce l'attività sismica. E l'archeologia, con le sue testimonianze materiali di crolli e distruzioni rimaste a lungo imprigionate nella terra, è la disciplina che più può accrescere la comprensione dei fenomeni in corso. Le ricerche sui terremoti antichi aiutano a valutare la pericolosità sismica di un'area; l'Italia ha in questo campo un primato riconosciuto, in gran parte dovuto all'eccezionale patrimonio di fonti storiche ancora conservato.

La ricerca iniziata a Montegibbio nel 2006 dall'archeologa Francesca Guandalini, per la sua tesi di dottorato, puntava a individuare resti archeologici nelle zone della collina modenese interessate da "salse" (pseudo-vulcanetti di fango che, causa la fuoriuscita di gas metano, eruttano in modo discontinuo acqua salata e fango). L'intento era comprendere quali fossero le dinamiche insediative riscontrabili vicino ai campi di salse che, producendo fango salato, rappresentavano nel mondo antico un'importante risorsa alimentare e terapeutica.

Le indagini tuttora in corso in località il Poggio stanno sempre più legando la storia millenaria di questo sito ai movimenti della terra. In sei anni gli scavi archeologici hanno portato in luce una successione stratigrafica che va dalla prima romanizzazione (III-II secolo avanti Cristo) al periodo tardo antico (V-VI secolo), con resti riferibili a un santuario dedicato a Minerva, a una probabile villa urbano rustica e a strutture agricolo-produttive. La villa romana, con bei pavimenti in opus signinum, fu quasi certamente distrutta da un terremoto che ne ha causato l'abbandono, ma altre evidenze archeologiche danno conto di sconvolgimenti anche violenti. Per questo, fin dall'inizio, la Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna ha voluto che il cantiere di Montegibbio fosse un terreno di confronto per studiosi di diverse discipline. Oltre alle tematiche archeologiche, storiche e topografiche, gli scavi hanno stimolato studi legati alla geologia, in particolare all'ambiente dei "vulcani di fango" in cui la villa è inserita, all'archeosismologia, disciplina incentrata sullo studio dei terremoti antichi, alla petrografia e alla chimica, materie utili per capire i materiali e le tecniche costruttive impiegate.

L'attenzione si è concentrata sui fenomeni di crollo degli edifici, riferiti verosimilmente a fenomeni tellurici. Le fonti storiche hanno dato un contributo fondamentale. L'ultima debole attività sembra risalga al 1910 ma oltre a Plinio, già a partire dal 1594 (con il cronista sassolese Antonio Vivi) e fino al 1835 (con Giovanni De' Brignoli di Brunnhoff), altri storici narrano episodi simili avvenuti nel territorio di Montegibbio, con esplosioni di salse connesse a scosse telluriche. L'ultima eruzione, iniziata il 4 giugno 1835 e durata tre mesi, fu in concomitanza con una scossa di terremoto avvertita a chilometri di distanza.

La sismicità dell'area pare caratterizzata da frequenti terremoti di debole e media intensità, con ipocentri relativamente poco profondi (meno di 15 chilometri) connessi alle strutture tettoniche del pedeappennino emiliano. L'episodio più rovinoso (almeno fino a pochi mesi fa) si registrò il 5 maggio 1501, con intensità valutata al nono grado della scala MCS (comunemente detta scala "Mercalli"), più o meno corrispondente a una magnitudo 6.9 della scala Richter: un evento classificato come "disastroso".

Tutte queste notizie hanno dato alle indagini archeologiche di Montegibbio una nuova valenza: questo scavo, con tutte le sue peculiari evidenze, rappresenta un caso-studio di archeosismologia? Probabilmente sì. La sequenza sismica che oggi affligge la pianura modenese indica quanto sia seria la problematica causata da un terremoto e fa riflettere su quanto sia importante riconoscere gli eventi sismici antichi, sui quali peraltro le metodiche specifiche dell'archeosismologia impongono grandi cautele, al fine di evitare ricostruzioni fantasiose. Archeologi e geologi stanno cercando la risposta nel cuore di un versante collinare che cela molte deformazioni di differente età ed entità. Di anno in anno, il cantiere manifesta sempre più una complessità che necessita di analisi attente e multidisciplinari, la cui tempistica è comunque doverosamente imposta dai ritmi e dalle finalità, di studio e conservazione, dello scavo archeologico.

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