Rivista "IBC" XX, 2012, 4

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni

Il dolce potere delle corde. Orfeo, Apollo, Arione e Davide nella grafica tra Quattro e Cinquecento, a cura S. Pollack, Firenze, Leo S. Olschki, 2012.
Il dolce potere delle corde

Elisabetta Landi
[IBC]

Bologna, sull'Arno, ha fatto la sua figura alla mostra "Il dolce potere delle corde. Orfeo, Apollo, Arione e Davide nella grafica tra Quattro e Cinquecento". L'esposizione, organizzata dal Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, in collaborazione con il Kunsthistorisches e il Max Planck Institut di Firenze, è stata allestita fino al 23 settembre 2012 nella Sala Detti di quella Galleria e comprendeva opere grafiche di ambito internazionale e nostrano, scelte da Susanne Pollack, curatrice del catalogo, e Marzia Faietti, direttrice del Gabinetto, tra le collezioni cartacee fiorentine: gli Uffizi, per l'appunto, la Biblioteca Marucelliana e il Museo del Bargello.

Dai bulini di Marcantonio Raimondi alle incisioni di Agostino e Ludovico Carracci, a un disegno inedito di Amico Aspertini, la civiltà figurativa emiliana integrava l'excursus sull'immagine degli strumenti a corda tracciato con le opere di artisti famosi, da Bernardino Campi a Luca di Leida, da Pieter de Witte ad Antonio Tempesta, da Stefano della Bella ad altri disegnatori. Quarantotto fogli dal XV al XVI secolo illustravano esaurientemente un mito, quello della musica celeste, eseguita dai cantori antichi: Apollo, Davide, il citarista Arione, che inventò il ditirambo per onorare Dioniso. E soprattutto Orfeo.

Figlio di Dioniso-Fanes, come nella tradizione orfico-pitagorica, questo semidio partecipava sia della natura dionisiaca che dell'apollinea, proponendosi come figura chiave e quasi simbolo dell'armonia delle sfere, alla base della concezione musicale dei filosofi antichi. Fu nel VI secolo che Pitagora teorizzò le basi dell'armonia, rappresentando attraverso rapporti numerici gli intervalli musicali. Ben presto, la scoperta del principio ordinatore matematico-musicale, dal pentagramma, si trasferì al cosmo, e le conoscenze acquisite grazie alla pratica musicale servirono come mezzo per conoscere l'universo; perché tutti i pianeti, grazie al moto perpetuo, generavano un suono costante. Era la "musica delle sfere", il suono più ineffabile e alto che a un essere umano fosse dato di udire. Per primo il dio del Sole, suonando la lira, faceva risuonare il cosmo: "[...] nel linguaggio figurato del mito, i pianeti furono equiparati alle note prodotte dalle sette corde della lira di Apollo" (Pollack); più tardi, ai pianeti si affiancò il canto delle Muse, che con la danza raffiguravano i moti siderali. Il potere della musica, insomma, rivelava il Divino.

Questa idea di un collegamento tra l'ordine dell'Universo e la melodia delle note sopravvisse fino al Rinascimento. Orfeo, che suonando la lira ammansiva gli animali feroci e li faceva coesistere pacificamente con le bestie più miti (il lupo e l'agnello, il cane e la lepre), rappresentò, complici le Georgiche di Virgilio e le Metamorfosi di Ovidio, il simbolo della Discordia concors, l'armonia degli opposti, sulla quale, come insegnò Pitagora, si reggeva il cosmo. Ecco, allora fiorire, tra Quattro e Cinquecento, nelle arti figurative, l'iconografia di Orfeo, il simbolo dell'artista ispirato, ben presto associato a valori cristiani (Goldhan, Wolf).

L'orfismo, indirizzo di pensiero associato al semidio e al suono soprannaturale della lira, fu praticato nelle città "colte", dove la vita intellettuale era più intensa. Molti circoli filosofici si riconobbero nella figura di Orfeo. Bologna non fece eccezione. Come illustra in catalogo Marzia Faietti (che in incipit dedica il suo scritto a Lucio Dalla, "Orfeo bolognese dei nostri giorni"), all'ombra delle torri le condizioni per il successo della Discordia concors c'erano tutte. Qui il modello orfico dell'ispirazione divina dell'artista, accennato dal Beroaldo e ripreso da Achille Bocchi, ebbe fortuna. L'ambito aristotelico dello Studio, lo studio della tragedia greca, le speculazioni di Antonio Urceo detto Codro (ellenista convinto dell'unità organica della tradizione greco-latina e difensore del ritorno alle fonti) avevano preparato il terreno.

"Non meraviglia pertanto che in ambito bolognese a partire dagli anni Ottanta l'eroe mitico Orfeo fosse spesso raffigurato intento a suonare e attorniato dagli animali incantati dal suono della sua melodia" (Faietti). Questo spiega la diffusione dell'iconografia orfica: a Bologna più che altrove. E non ci sorprende ritrovare il motto "Discordia concors", presentato in catalogo dal bel saggio di Almut Goldhan, nel ciclo pittorico emblematico-filosofico di Palazzo Leoni, nuova sede della Biblioteca costituita dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna. Come hanno dimostrato gli studi di chi scrive, pubblicati nella monografia sull'edificio (Libri a Palazzo), nel salone affrescato dove si conservano attualmente i 40.000 volumi dell'Istituto si riunì, tra il XVI e il XVII secolo, un cenacolo di intellettuali, all'insegna del motto orfico pitagorico adottato, nel Seicento, dall'Accademia dei Filomusi, la futura Accademia Filarmonica. Della quale, non a caso, fu presidente nel secolo successivo l'ultimo dei Leoni.

Per questo ci piace segnalare sulla nostra rivista il catalogo della mostra fiorentina dedicata a Orfeo, un invito a riflettere sul rapporto importantissimo tra filosofia, musica e arti figurative, come se i disegni avessero la possibilità di rendere "visibile" il suono; ma un "suono cosmico", impercettibile alle orecchie del "non iniziato". Il potere divino delle note, a Bologna, fu onorato (specialmente dagli intellettuali Leoni). Questo spiega, nell'esposizione fiorentina, l'emergenza dei pittori nostrani. Inoltre, nel volume, la presenza di saggi interdisciplinari che spaziano dalla filosofia alla musica (senza dimenticare la danza), dalla letteratura all'arte, dal mito alla religione, fa della pubblicazione uno strumento fondamentale per approfondire questo affascinante e inesauribile nodo di cultura. Dove tutto si incontra, e tutto si ricollega, nella superiore "Armonia delle Sfere".


Il dolce potere delle corde. Orfeo, Apollo, Arione e Davide nella grafica tra Quattro e Cinquecento, a cura S. Pollack, Firenze, Leo S. Olschki, 2012, 177 pagine, 38,00 euro.

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