Rivista "IBC" XXI, 2013, 4

Dossier: Missione restauro

musei e beni culturali, dossier /

Trenta pezzi danteschi

Lidia Bortolotti
[IBC]

Da lunghissimo tempo Ravenna è l'attenta custode della memoria di Dante Alighieri. Le vicende sono note: il sommo poeta, esiliato da Firenze, sua città natale, nel 1302, dopo aver lungamente peregrinato trovando asilo presso diverse corti italiane, tra cui Forlì e Verona, venne accolto da Guido Novello Da Polenta, signore di Ravenna. Fatalmente questa città diventa l'ultimo rifugio di Dante, che vi muore nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, di ritorno da un'ambasceria a Venezia per conto del suo illustre ospite.

Dopo le solenni esequie celebrate nella chiesa ravennate di san Francesco, le spoglie mortali del poeta vengono tumulate in una tomba adiacente allo stesso monastero francescano. I frati diventano poi quei gelosi custodi che nel tempo non mancano di porre in essere anche sparizioni e occultamenti delle stesse preziose reliquie, per scongiurarne sia il trafugamento che la dispersione, nonché la restituzione forzata a Firenze che, soprattutto dal Cinquecento, inizia a reclamarle e predispone in Santa Croce un monumento funebre degno del padre della lingua italiana.

L'attuale tomba di Dante, progettata da Camillo Morigia tra il 1780 e il 1781 e restaurata tra il 2006 e il 2007, è costituita da un tempietto neoclassico posto al di sopra del sepolcro quattrocentesco eretto per volere del podestà veneto Bernardo Bembo. L'interno del tempietto è rivestito di marmi e stucchi, mentre sul sarcofago, di età romana, è scolpita un'epigrafe commemorativa in versi latini, dettata da Bernardo Canaccio nel 1366; al di sopra del sepolcro antico, vi è un pregevole bassorilievo del 1483, opera di Pietro Lombardo, raffigurante Dante pensoso davanti a un leggio.

Una lampada votiva alimentata da olio d'olivo della Toscana, donato ogni anno dalla città di Firenze in occasione dell'anniversario della morte del poeta, arde perennemente all'interno del sepolcro. All'esterno della tomba vi è il recinto di Braccioforte, che è parte del convento di San Francesco e a cui si accede attraverso un cancello. Intorno alla tomba, che è monumento nazionale, l'Amministrazione ravennate ha istituito la "zona dantesca", di rispetto e silenzio.


Tradizionalmente, nel mese di settembre, Ravenna celebra Dante con numerose iniziative culturali, eventi e spettacoli che mantengono viva la memoria del sommo poeta nella città, per la quale Dante rappresenta un ineludibile punto di riferimento. Ma la sua popolarità si rinnova quotidianamente grazie agli edifici pubblici ravennati che sono a lui dedicati, tra cui il Teatro comunale, il Museo e il Centro dantesco.

Il Museo Dantesco, al cui interno sono raccolte le testimonianze del culto tributato nel tempo al poeta, al suo sepolcro e agli edifici contigui dalla comunità nazionale e internazionale, è luogo della memoria per eccellenza ed è stato inaugurato nel 1921. Oltre alla gran parte delle donazioni ricevute in occasione dei centenari danteschi, vi hanno trovato collocazione ritratti scultorei di Dante e materiali che documentano la storia della sua sepoltura e dell'area che la circonda.

Non a caso il Museo ha sede in alcuni spazi del complesso conventuale adiacente allo stesso sepolcro, in continuità tematica, oltre che fisica, con il Centro Dantesco dei Frati minori conventuali, fondato nel 1964 da padre Severino Ragazzini. Il Centro possiede un cospicuo patrimonio sia librario che storico-artistico, formatosi a seguito delle annuali mostre internazionali a tema dantesco.

Benché l'attività sia documentata già dal 1919, quando vennero avviate le prime "Letture classensi", è soltanto dal 1921, in occasione delle celebrazioni per il VI centenario della morte del poeta, che viene dato impulso all'istituzione dantesca ravennate per eccellenza, l'Opera di Dante, grazie alle numerose attività promosse da Corrado Ricci, Luigi Rava e Giovanni Mesini, figure di elevato spessore culturale e cultori di storia e letteratura.

L'Opera, ente morale autonomo, emanazione del Comune di Ravenna, dalla sua fondazione alimenta l'antica tradizione dantesca di "Ravenna ultimo rifugio" e tra i suoi compiti istituzionali ci sono la conservazione e l'incremento delle collezioni del Museo Dantesco. L'amministrazione dell'ente è affidata a un consiglio formato da rappresentanti dell'amministrazione comunale e provinciale, dal provveditore agli studi di Ravenna e dal direttore della Biblioteca Classense, che è anche conservatore del Museo Dantesco.


In veste di istituto conservatore, la Biblioteca Classense ha presentato sul Piano 2009 della Legge regionale 18-2000 un progetto per il restauro di manufatti di carattere commemorativo, realizzati nella prima metà del secolo XX, appartenenti alle collezioni del Museo Dantesco e destinati all'esposizione nel rinnovato allestimento.

Gli oggetti restaurati, dono di associazioni, gruppi, scuole, provengono da luoghi diversi in Italia e all'estero. L'intervento ha riguardato in tutto 29 pezzi: tre corone d'alloro in ferro battuto o bronzo con doratura, cinque ghirlande in ferro battuto o bronzo patinato, cinque grandi targhe in bronzo patinato, dodici medaglie in bronzo o in argento, un ramoscello d'alloro in argento fuso e cesellato (dono della città di Parenzo), una effigie di Dante in bronzo patinato, un modellino del monumento a Dante di Cesare Zocchi, anch'esso in bronzo patinato, e una lampada votiva in ottone e lega di rame.

Lo stato conservativo dei diversi pezzi al momento dell'avvio dell'intervento, affidato alla restauratrice Florence Caillaud di Bologna, risultava abbastanza diversificato. In generale la leggibilità dei manufatti era compromessa da opacizzazione, sporcizia diffusa, ossidazione più o meno forte. Non mancavano situazioni in cui era in atto una corrosione attiva a causa di depositi igroscopici. Talvolta, in alcuni pezzi, si sono riscontrate fessurazioni, distacchi di elementi, difetti di fusione. Il pezzo più fragile e delicato, in condizioni conservative piuttosto precarie, è risultato essere il ramoscello in argento, donato dalla città di Parenzo nel settembre 1908 per commemorare la morte di Dante.

Comune a tutti i pezzi è stato ovviamente l'intervento di pulitura, effettuato in modo diversificato a seconda delle diverse situazioni, utilizzando sia strumenti meccanici idonei, sia solventi, alcool etilico, acqua demineralizzata e tensioattivi. Minimali gli interventi di ripresa di dorature con colori acrilici reversibili, o di ritocco ove necessario. La stesura finale della protezione con cera microcristallina ha completato l'intervento, che ha inteso restituire leggibilità ai manufatti e migliorarne lo stato conservativo, rendendoli idonei all'esposizione nel museo opportunamente riallestito.

Inaugurato l'11 settembre 1921, il Museo Dantesco fu ideato dall'architetto Ambrogio Annoni, al tempo soprintendente di Ravenna, che si valse della collaborazione di Corrado Ricci. Attualmente i percorsi tematici raccontano il ruolo di Ravenna negli anni dell'esilio di Dante, e rappresentano l'iconografia dantesca attraverso busti, dipinti, e icone varie, senza trascurare gli aspetti fisiognomici del Sommo Poeta alla luce dei più recenti studi accademici sull'argomento. Vengono inoltre ricostruite le vicende legate alla realizzazione del monumento funerario del Morigia, sopra descritto, e alla traslazione dei resti mortali del Poeta, ritrovati in modo fortuito nel 1865 all'interno del convento francescano. Gli apparati video e multimediali di cui si avvale l'esposizione, tra cui versioni della Commedia in più lingue, mirano a coinvolgere un pubblico diversificato per età e per provenienza geografica.

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