Rivista "IBC" XXIV, 2016, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

Luca Caccioni e Massimiliano Fabbri: a Rimini due artisti in dialogo in una grande installazione.
I sentieri del disegno

Silvia Ferrari
[Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna]

Nella sala Pamphili del Complesso degli Agostiniani di Rimini, un ampio e suggestivo spazio che in passato ospitava un'area del convento, prende vita la mostra dei due artisti selezionati per la nuova edizione di "Vie di Dialogo"; Luca Caccioni e Massimiliano Fabbri. Si rinnova così l'appuntamento che l'Istituto regionale per i beni culturali, in collaborazione con il Comune di Rimini, dedica all'arte contemporanea attraverso il confronto tra diversi interpreti dei linguaggi più attuali, individuati per il valore dell'esperienza artistica e per il portato di riflessione sui nuovi orizzonti della nostra cultura.

Il dialogo, allestito anche spazialmente nella forma di un raffronto, con le opere che scorrono sulle due pareti opposte dell'ambiente maestoso in un continuo contrappunto, si gioca su una materia particolarmente cara ai due autori, l'opera su carta; il disegno è infatti disciplina su cui entrambi hanno sperimentato a lungo e con la quale hanno parimenti un rapporto profondo e radicato nella piena consapevolezza dei propri mezzi espressivi e nella maturità linguistica raggiunta.

Emblematico è anche il contesto che fa da sfondo al loro confronto artistico: il progetto infatti è parte integrante del programma di eventi della seconda edizione della Biennale del disegno di Rimini, la grande manifestazione che si propone come osservatorio nazionale sulle tendenze e i nuovi sviluppi della cultura disegnativa italiana, soprattutto - anche se non priva di incursioni estere -, partendo dalle sue premesse storiche e dalle riflessioni più ampie sul disegno in quanto strumento della conoscenza del mondo in tutti i settori del sapere umano. Se la rassegna fonda i propri presupposti sull'idea che il disegno in ambito artistico abbia ormai assunto una propria autonomia di mezzo espressivo, avendo da molto tempo superato il ruolo subalterno di fase preparatoria per l'opera finale (pittorica, scultorea, architettonica, che sia), e che abbia sondato come altre discipline le proprie infinite potenzialità in particolare negli ultimi anni, con la mostra odierna siamo di fronte alla dimostrazione di come i due artisti abbiamo spinto ancora oltre il limite di tali potenzialità creative.

Chi ha avuto modo di visitare personalmente la mostra e che abbia attraversato l'ambiente di grande potere evocativo, dalle proporzioni imponenti, accompagnato dalle opere di Caccioni e Fabbri, avrà percepito la sensazione di essere parte di uno spettacolo che vede il coinvolgimento intero dei sensi, e in cui ogni elemento è parte attiva: la dimensione avvolgente dell'ambiente, con il suo carico di memoria che si unisce alle memorie degli artisti impresse sulla materia stessa delle carte, la sacralità del luogo sottolineata dall'uso sapiente delle luci, il misurarsi con la presenza quasi materiale del vuoto e delle dimensioni fuori scala. Il dialogo qui si dipana sì nelle diverse modalità di approccio degli artisti alla pratica del segno, ma ancora prima diviene confronto tra il disegno stesso e la dimensione fortemente installativa dell'operazione.

Le opere sono quindi concepite come un insieme, come parte costitutiva dello spazio, aggiunte per stratificazione ma apparentemente sedimentate nella memoria del luogo.

Luca Caccioni (Bologna, 1962) parte da una materia che porta evidenti le tracce del proprio passato: grandi carte scenografiche recuperate da depositi di vecchi teatri, parzialmente dipinte o disegnate, con le piegature annerite, i distacchi di vernici, i ritagli sagomati. Su di esse l'autore traccia nuove memorie, innanzitutto la scrittura che è il mezzo privilegiato di appropriazione dell'oggetto: scrittura rapida, da annotazione, a matita, carboncino, gesso, pittura, quasi sempre relegata ai margini delle carte, come dei marginalia di antichi manoscritti. Teatrale è anche l'organizzazione spaziale dei componenti laddove un grande elemento (cerchio, bifora, aperture a ogiva) quasi sempre occupa la centralità del campo, forando la superficie del supporto, mentre la griglia delle ripiegature delle carte ricorda il reticolo delle antiche macchine prospettiche; poi per aggiunte successive o preesistenti ecco apparire collage, sovrapposizioni di supporti, ritagli, sporcature, abrasioni. L'opera mostra il proprio vissuto e si rivela a immagine "come un rituale magico che sfiora l'animismo dei primitivi e la filosofia taoista", come scrive in catalogo Claudia Collina, curatrice della mostra, e continua: "l'artista trae linfa dall'energia primigenia della materia e la trasforma in nuove, autonome, immagini in cui significati e simboli assumono nuove energie e rinnovata esistenza attraverso il gesto e la stratificazione di segni".

Il processo di stratificazione è ciò che distingue anche il lavoro di Massimiliano Fabbri (Cotignola, 1972), come sottolinea Massimo Pulini, co-curatore del progetto: "la stratificazione è una costante nel suo lavoro, giunge a sedimentare, una sull'altra, forme diverse che spesso si dispongono in sequenza di piani, quasi tentassero una prospettiva di valori. Questa scala segnica e tonale, fatta di preminenze e cancellature, questa gradazione attribuita alle immagini chiamate a raccolta, costruisce una catasta di ricordi e di percezioni". Anche per Fabbri la memoria è il meccanismo di rivelazione dell'immagine, ma egli attinge a una memoria primordiale, non legata a un vissuto privato: dai regni del mondo animale, vegetale, minerale, Fabbri trae le suggestioni segniche per ricreare una personale figurazione dei meccanismi ancestrali della genesi della vita e soprattutto del pensiero. Nella serie di grandi carte presentate in mostra, si susseguono, in rigoroso bianco e nero, apparenze di forme fitomorfiche, piante, rami, semi che crescono talvolta come organismi solitari dentro forme ovoidali, in diversi stadi di sviluppo, immersi in un ambiente amniotico, oppure si aggrovigliano in grumi magmatici, incasellati in riquadri disposti in serie tassonomiche come a modulare i diversi procedimenti di sedimentazione dell'esperienza e delle idee.

Vie di dialogo/5. Opere di Luca Caccioni e Massimiliano Fabbri

a cura di Claudia Collina e Massimo Pulini

Biennale del Disegno di Rimini, Sala Pamphili del Complesso degli Agostiniani

23 aprile-10 luglio 2016

Catalogo a cura di Claudia Collina e Massimo Pulini

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