Rivista "IBC" XXIV, 2016, 2

musei e beni culturali / media, progetti e realizzazioni

Museomix: ingredienti per nuovi linguaggi

Margherita Sani
[Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna]

Nel suo recentissimo libro La grande rivoluzione dei musei europei Massimo Negri traccia il quadro di una istituzione – il museo appunto – che in Europa a partire dal dopoguerra, e con ritmo ancora più intenso negli ultimi decenni, si è radicalmente rinnovata, trasformandosi in un grande laboratorio di sperimentazione di modi di essere e di comunicare con il pubblico o, sarebbe più corretto dire, con i pubblici.

Tra le tante trasformazioni è indubbio che una delle più evidenti stia proprio nel rapporto che il museo intrattiene con i destinatari delle proprie iniziative e attività culturali. Il passaggio da un’idea di pubblico generico cui rivolgere un messaggio indistinto e unidirezionale, a una segmentazione molto precisa degli utenti (le famiglie, gli anziani, i migranti, ecc.) è chiaro. Altrettanto chiaro è il tentativo di cogliere le caratteristiche peculiari di ciascun individuo relativamente a preferenze culturali, modalità di visita, stili di apprendimento, ecc.

Questo sforzo di personalizzazione, per quanto possibile, del messaggio museale è andato di pari passo negli ultimi anni con il diffondersi del paradigma partecipativo, segnato dall’uscita del libro di Nina Simon The participatory museum nel 2010. In sostanza, il pubblico non solo fruisce di un contenuto (per quanto personalizzato) che il museo predispone per lui, ma contribuisce al crearsi di quel contenuto con diverse modalità e livelli di autonomia che la Simon ha raggruppato in categorie che vanno dalla consultazione alla co-creazione, all’utilizzo del museo come spazio per attività progettate al suo esterno in assoluta libertà.

In questo spettro partecipativo si colloca anche l’esperienza di Museomix. Nato nel 2011 in Francia, Museomix intende il museo come luogo partecipato che per tre giorni si apre a una comunità particolare, quella dei creativi digitali e dei creativi tout court, lasciando loro mano libera per ideare nuove soluzioni allestitive o comunicative e progettare nuove modalità di offerta al pubblico.

È solo dal 2015 che il format francese è approdato in Italia in occasione della conferenza “Creative Museum”, organizzata dall’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna in quanto partner dell’omonimo progetto europeo, e subito si è radicato nel territorio grazie al lavoro di supporto costante e metodico di BAM! Strategie Culturali e all’entusiasmo e alla generosità dei quattro musei – tre dei quali nella nostra regione – che si sono candidati per partecipare all’edizione 2016.

Lasciarsi “invadere” per tre giorni da gruppi di persone il cui obiettivo è quello di reinventare le modalità comunicative del museo e rimescolarne i contenuti richiede coraggio e apertura mentale, così come preparare l’evento richiede tenacia e capacità di costruire rapporti e alleanze. Sicuramente i musei protagonisti hanno lavorato a lungo e molto intensamente e ora, conclusasi la maratona di tre giorni (che si è tenuta dal 11 al 13 novembre), hanno la possibilità di voltarsi indietro raccontando e forse anche tentando un bilancio, nella consapevolezza che, se pure alcuni risultati importanti sono già stati raggiunti, altri si manifesteranno soprattutto a medio e lungo termine.

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