Rivista "IBC" XXV, 2017, 3

territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne

5 mostre del Centro Etnografico ferrarese partecipano a Rencontres photographiques de Serre et d’Olt.
Viaggio nell'Aveyron

Greta Gadda
[studiosa d'arte e di fotografia, collaboratrice del CEF]

L’attenzione che la cultura transalpina ha riservato, e continua a riservare, alla fotografia è nota. Alcuni sostengono che la Francia non abbia mai rinunciato ad attribuirsi la piena e unica paternità dell’invenzione che, lo ricordiamo per inciso, venne “ufficializzata” con una comunicazione dell’astronomo e fisico francese François Dominique Arago, all’Académie des Science di Parigi, nel 1839. Che la fotografia, nell’immaginario francese, aderisca ad un sentimento di “grandeur” è probabile. Sicché non pare fortuito che il più importante festival internazionale di fotografia abbia luogo in Francia, ad Arles, e sia arrivato quest’anno alla quarantottesima edizione. Ma Arles non è l’unica manifestazione di rilievo che la Francia dedica alla fotografia.

Nel 2017 festeggiano il rispettabile traguardo dei 10 anni i Rencontres photographiques de Serre et d’Olt, kermesse pensata e sviluppata dalla gallerista, docente e critica d’arte Myriam Angilella-Scot, con la collaborazione del marito, il fotografo ed artista (pittore e ceramista) Joseph Auquier. Da un decennio i villaggi medievali dell’Aveyron accolgono in estate, con ottima ricaduta turistica, decine di mostre fotografiche, che occupano spazi pubblici e privati (musei, alberghi, ma pure abitazioni private che, per qualche mese, si convertono ad essere occasionali gallerie d’arte). Per l’edizione del decennale (1 luglio-16 settembre 2017), la curatrice dei Rencontres ha deciso di presentare 30 esposizioni fotografiche, distribuite in sette villaggi, fra i più suggestivi dell’Aveyron (Campagnac, Saint Saturnin de Lenne, Pierrefiche d’Olt, Saint Geniez d’Olt, Sainte Eulalie d’Olt, Prades d’Aubrac, Castelnau de Mandailles). Fra queste, 5 mostre, tutte quelle destinate agli spazi prestigiosi del Museo Boudou di Sainte Eulalie d’Olt, offrono ai visitatori la possibilità di approcciare, in efficace sintesi, la variegata produzione fotografica del Centro Etnografico Ferrarese (CEF). Le mostre al Boudou sono, infatti, esplicative dei molti interessi fotografici dell’istituto estense. La scelta operata dalla curatrice ha saputo evidenziare l’impegno del CEF, che oggi spazia dalla fotografia storica all’etnofotografia, dal monitoraggio critico delle nuove tendenze creative sino all’impiego della fotografia narrativa, sviluppata su concettualità e tematiche antropologiche.

Non sarà inutile ricordare che il CEF è un istituto del Comune di Ferrara. È nato alla fine del 1972 con scopi di ricerca demo-etno-antropologica e di “promozione culturale di base”, grazie alle intuizioni di uno straordinario intellettuale “rovesciato”, il modenese Renato Sitti. Nel 1973 è iniziata l’attività di ricerca sul campo, che ha poi portato alla continua raccolta di importanti documentazioni etnostoriche, testimonianze orali e visive. Hanno conseguentemente preso forma un archivio sonoro delle fonti orali (oggi struttura di importanza nazionale) e un archivio fotografico (che detenendo circa 200.000 immagini si colloca fra i più importanti a livello regionale). Nel 1982, il CEF ha visto entrare nel proprio organico Roberto Roda, che ha messo a disposizione dell’istituto estense sia competenze etnoantropologiche sia fotografiche: ha preso così avvio una innovativa riflessione e sperimentazione sull’utilizzo della fotografia di documentazione nelle scienze umane (ricerca etnoantropologica e documentazione del territorio). Durante gli anni ‘80 e ‘90 sono nati progetti di ricerca che hanno portato le produzioni fotografiche di Roda e del CEF all’attenzione nazionale e extranazionale: basterà qui ricordare, le riflessioni metodologiche e museali su Le rappresentazioni fotografiche del lavoro agricolo (1985); la campagna nazionale Sulle Orme d’Orlando, che ha realizzato il censimento dei luoghi italiani ove la cultura popolare ha trasferito nel paesaggio narrazioni orali di epica carolingia (1986); il censimento fotografico L’archeologia industriale della provincia di Ferrara (1986-1991), lavoro che ha goduto oltreoceano dell’interesse della New York University e del Pratt Institute; il progetto “Spazi ritrovati” (1991- 2001), ove numerosi centri minori della provincia italiana (fra gli altri Foiano della Chiana (AR), Cesenatico (FC), Pomponesco (MN), ecc.) sono stati indagati con il mezzo fotografico, applicando il concetto di consequenzialità a riprese orbicolari lungo percorsi antropologici di fruizione degli spazi vissuti. Sempre nella prima metà degli anni ’90 è stata avviata l’indagine nazionale etnofotografica Il corpo illustrato sul revival del tatuaggio nella cultura giovanile. Con lo scopo di fornire un’informazione non limitata alla sola fotografia di documentazione (territorio e reportage sociale) è stato sviluppato, nel 1999, l’Osservatorio Nazionale sulla Fotografia, una struttura “agile”, diretta emanazione del CEF, capace di monitorare, ad ampio spettro, le produzioni fotografiche contemporanee con particolare attenzione alle nuove tendenze. Nel nuovo secolo, portano la firma dell’Osservatorio molte importanti rassegne tematiche di importanza nazionale, capaci di fornire sguardi obliqui sulla fotografia, non solo letture critiche o storiche, ma anche interpretazioni in debito con l’antropologia dell’arte. È del 2001 la rassegna Corpi & Corpi, dedicata alle tendenze e alle contaminazioni nella fotografia femminile contemporanea . Nel 2002, l’Osservatorio presenta Geografie & paesaggi culturali nella fotografia italiana contemporanea. Nel 2004 arriva Il nudo fotografato e il sogno della pittura dall’accademia al digitale. Nel 2006 viene avviata una riflessione sul fenomeno artistico-sociale delle bad girls. Con il titolo Artiste Teppiste vengono presentate le provocatorie realizzazioni di 30 “dispettose ragazzacce dell’arte contemporanea”. Ben 22 di loro utilizzano il mezzo fotografico. Nel periodo 2000-2008, il CEF e l’Osservatorio fanno conoscere nella penisola un affollato manipolo di importanti fotografi stranieri, pressoché ignoti in Italia (fra i tanti l’americana Geanna Merola, la canadese Gabrielle De Montmollin, il russo Igor Amelkovich, ecc.). Il secondo decennio del nuovo secolo vede il CEF e l’Osservatorio ancora impegnati nella ricerca etnofotografica, negli studi di storia e critica della fotografia, nell’antropologia dell’arte, mentre riprendono vigore le sperimentazioni sulla fotografia narrativa impiegata in azioni di didattica della storia e di etnografia promozionale. I fotoromanzi con testimonial l’eroe dei fumetti Martin Mystère, sviluppati da Roda con lo sceneggiatore Alfredo Castelli e con la Sergio Bonelli Editore, a partire dai primi anni ‘90 (e poi sospesi nel corso dei 2000, nonostante lo straordinario interesse suscitato), hanno finito per tornare a “furor di popolo”, per le richieste degli appassionati. Nel 2011 è iniziata una nuova fase sperimentale che ha prodotto ben tre edizioni del fotoromanzo Martin Mystère. La fortezza degli uomini perduti, racconto ambientato durante la Prima Guerra Mondiale. Dal 2012 al 2016 la fotografia costruita-narrativa è stata al centro di una trilogia di produzioni sperimentali che rappresentano un unicum nel panorama italiano e non solo. Nel 2012 ha visto la luce Ai margini della Realtà. Esercizi di fotografia creativa e concettuale liberamente ispirati al Blow Up di Antonioni; nel 2014è stata la volta di Giallo, Noir e Perturbante. Esercizi di fotografia narrativa liberamente ispirati a Shining di Kubrick e non solo. Infine nel 2016, in occasione delle celebrazioni nazionali per i 500 anni dell’Orlando Furioso, è stato realizzato il Reportage dall’Isola del Pianto. Angelica incatenata e altre storie “furiose” raccontate con la fotografia e l’ex libris.

Le iniziative di cultura fotografica gestite dal CEF e dal suo Osservatorio sono state complessivamente quasi un migliaio: qui preme evidenziare come la curatrice dei Rencontres, Myriam Angilella-Scot, sia riuscita con le sue oculate scelte curatoriali nell’impresa, non facile, di sintetizzare, presso il Museo Boudou, un quadro efficace delle linee guida che continuano a sorreggere l’impegno fotografico dell’istituto ferrarese. Ma vediamo nel dettaglio le esposizioni selezionate dai Rencontres.

Il Po: un fiume lungo 40 anni e oltre. Fotografie di RobertoRoda (Le pô: un fleuve long de plus de 40 ans. Une sélection de photos prises par Roberto Roda montre le fleuve le plus long d'Italie et des gens qui le côtoient)
La mostra è di genere etnofotografico. Presenta una selezione di scatti che l’etnografo e fotografo Roberto Roda ha raccolto sul fiume Po, in oltre 40 anni di reiterate riprese e indagini. Gran parte di queste foto nascono da ricerche del CEF. La successione delle immagini a parete ha un andamento geografico: per ragioni divulgative, segue la corrente del fiume, dalla sorgente al mare. Tuttavia, si tratta di una sintesi “idealizzata e ricomposta”, perché le fotografie sono state realizzate in tempi diversi dai primi anni ’70, ma temporalmente a macchia di leopardo rispetto allo scorrere fluviale. La mostra è stata sviluppata su sollecitazione dell’Associazione Witness Journal, interessata ad approfondire, per i suoi soci, le peculiarità del metodo etnofotografico rispetto alle più note regole del “reportage fotogiornalistico”. 

Orti d’acqua. Donne al lavoro nel delta del Po. Fotografie di Rosanna Lazzari
Rodigina di nascita, bolognese d’adozione, Rosanna Lazzari si è formata come etnofotografa alla scuola del CEF, che frequenta dai primi anni’90. In questa mostra la Lazzari condensa una ricerca che la vede impegnata reiteratamente da alcuni anni, quella sulle donne impegnate negli “orti d’acqua”, ovvero le lavoratrici degli allevamenti di molluschi del delta del Po.
Nelle immagini della Lazzari c’è un forte rispetto per il lavoro femminile e pure una notevole capacità di dialogare con i soggetti fotografati. La fotocamera si muove con discrezione per raccontare il lavoro femminile. Rosanna si affida alla fotografia monocromatica, ma non nutre tentazioni citazioniste “neorealiste”. La scelta del bianco e nero è per la fotografa rodigina solo un’esigenza di essenzialità comunicativa.

Dans un ciel blanc comme une feuille de papier. Fotografie di Emiliano Rinaldi
Una mostra-cammeo che propone una sequenza di appena 12 fotografie, scattate (ma sarebbe meglio dire “pensate”) tra il 2009 e il 2017 dal fotografo e graphic designer copparese, Emiliano Rinaldi. Gli scatti, tutti caratterizzati da un vigoroso bianco e nero, isolano elementi architettonici capaci di creare grafismi stranianti, minimali. I particolari architettonici si stagliano contro cieli bianchi come fogli di carta, attraversati solo dal volo (che assume il valore di una punteggiatura) di uccelli e aerei. La mostra di Rinaldi esplora un linguaggio visuale di tendenza e di confine, quello dove la fotografia e il design grafico si incontrano per dare forma ad una sinergia estetica.

Bruno Vidoni: fotoamatore? a cura di Myriam Angilella-Scot, Joseph Auquier, Emiliano Rinaldi e Roberto Roda ( Bruno Vidoni: Photographe Amateur?)
Dal 2015, il CEF è impegnato in un’azione di studio della complessa produzione culturale dell’artista centese Bruno Vidoni (1930-2001). Pittore, fotografo, poeta, scrittore, storico ed etnografo, Vidoni è particolarmente noto per una serie di provocazioni fotografiche (falsi reportage bellici) che nei primi anni settanta lo hanno ascritto di diritto alla storia della grande fotografia italiana. La mostra che gode dell’adesione del Comune di Cento, mette ordine nella prima produzione fotografica vidoniana, quella del periodo 1967-1973, in cui l’artista partecipò, con scopi chiaramente provocatori, a concorsi amatoriali. Fra i materiali riemersi dagli archivi di Casa Vidoni vi sono alcuni inediti racconti, realizzati con la logica del reportage fotogiornalistico: lavori sorprendenti (c’è persino una “finta” corrida) capaci di favorire una riflessione attualissima sul fotogiornalismo e sulle dinamiche della credulità indotta dalle immagini. Di estremo interesse sono anche i collage surreali, che confermano la sintonia di Vidoni con le ricerche del milieu surrealista e para-surrealista post-bellico francese. La mostra è accompagnata dal catalogo Bruno Vidoni: photographe amateur?, Mantova, Editoriale Sometti, 2016.

Reportage dall’Isola del Pianto. Angelica incatenata e altre storie “furiose” raccontate con la fotografia e l’ex libris,a cura di Roberto Roda ed Emiliano Rinaldi. Fotografie di Lucia Castelli, Sara Cestari, Enrico Chiti, Emiliano Rinaldi, Roberto Roda, Luca Zampini, Nedo Zanolini.
La mostra approda al museo Boudou, dopo i primi positivi riscontri italiani. Racconta i risultati di un workshop di fotografia creativa/narrativa, ispirato al capolavoro dell’Ariosto. La mostra offre una rilettura insolita, ma affascinante, ironica e attualizzata, di alcune vicende del Furioso, testo letterario che gode di grande fama anche in Francia. La mostra ha richiesto un impegno minuzioso: ogni autore ha dovuto farsi partecipe di un lavoro d’équipe, interagendo prima di tutto con le attrici, che hanno dato fisionomia ai personaggi femminili di Angelica, Olimpia, Melissa: la modenese Luna Malaguti e la centese, ma di origini sino-vietnamite, Ngoc Phuong Ong. Il merito di trucco e parrucco è dell’artista tedesca, Arnika Laura Gerhard. Per le riprese in acqua sono state utilizzate attrezzature fornite da Leica Store Bologna. Tutte le fotografie hanno trovato ambientazione nelle incredibili scenografie rocciose, “naturalmente” artificiali, di RiminiRock, a Covignano (Rimini Alta), location su cui vale la pena di spendere qualche parola. RiminiRock è un’eccellenza made in Italy, un’azienda artigianale specializzata nella realizzazione di scenografie esotiche per centri termali, centri benessere di grandi hotel e ville di magnati del jet-set internazionale. Per dare ai propri esigenti clienti la possibilità di toccare con mano la capacità realizzativa aziendale, RiminiRock ha allestito uno show-room funzionante, ove il visitatore si trova realmente immerso in laghetti, cascate, strapiombi rocciosi, grotte, ecc. Un luogo artificiale, meravigliosamente “fantastico”, che si è dimostrato perfetto per rendere le suggestioni magiche di un Orlando “fotografato”. La mostra è accompagnata dal volume omonimo (edizioni Sometti, Mantova) che può essere considerato sia un libro d’arte sia un manuale di fotografia creativa. Il lettore può gustare i racconti visivi, ma anche capire come sono stati tecnicamente pensati e realizzati.

 

Mostra:
Rencontres photographiques de Serre et d’Olt
Museo “Marcel Boudou”, S.te Eulalie d’Olt
1 luglio-16 settembre 2017

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