Rivista "IBC" XXVI, 2018, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

Al Museo della Civiltà Villanoviana di Castenaso, una nuova esposizione racconta le attività quotidiane in un villaggio, espressione di quella cultura.
Le opere e i giorni

Paola Poli
[Conservatore archeologo]
Marina Sindaco
[Referente servizi educativi]

Una nuova mostra temporanea va ad arricchire il percorso espositivo permanente del MUV, che espone al pubblico reperti di eccellenza provenienti dagli scavi della necropoli orientalizzante di Marano di Castenaso, dove ciascuna sepoltura è caratterizzata dalla presenza di un segnacolo funerario, fra cui la famosa “Stele delle spade”.
Da maggio 2018 l’allestimento è stato ampliato dalla ricostruzione di una capanna villanoviana a grandezza naturale, completamente arredata, che campeggia nel giardino del Museo ( figg. 1-2).
Proprio a partire dal modello in dimensioni reali di un'abitazione della prima età del Ferro italiana, realizzato grazie al contributo e al sostegno dell'IBC, all’interno della legge regionale 18 del 2000 - piani museali 2016-2017, l’esposizione Oggetti dal quotidiano: un giorno all’interno di un villaggio villanoviano,inaugurata lo scorso 13 ottobre ( fig. 3), si pone come integrazione ideale alla visita guidata alla capanna.

Se quest’ultima, ricostruita fedelmente con tecniche antiche nella struttura e con riproduzioni di arredi ispirati alle fonti archeologiche, permette al visitatore di capire come fossero organizzati i luoghi dell’abitare, il tema espositivo propone una serie di attrezzi e utensili impiegati nelle diverse attività che scandivano la perduta quotidianità di questa lontana epoca. Un vero e proprio viaggio nel tempo nella Castenaso antichissima, che permette al pubblico una duplice esperienza: in primo luogo, entrando nella capanna, è possibile “toccare con mano” gli oggetti utilizzatidalle comunità protostoriche di questo territorio. A seguire, visitando la mostra, è possibile ammirare una ricca selezione di materiali emersi da scavi di abitato, provenienti da contesti principalmente dell’Etruria padana, ma anche da siti di coeve civiltà dell’Italia centro-meridionale, così da permetterne un confronto a livello culturale e materiale.
Ad essi, in taluni casi, è stato necessario affiancare manufatti nella loro versione più nobile, rinvenuti in scavo di necropoli; in tal modo l’oggetto di uso quotidiano, realizzato in materiali anche deperibili, viene meglio compreso grazie a quello metallico o in terracotta, intenzionalmente deposto nei corredi funerari.

Obiettivo della mostra è di presentare materiali di uso comune, solitamente poco esposti nei musei, per via dell’estrema frammentarietà e della cattiva conservazione, invece di proporre reperti più integri e rappresentativi provenienti dalle sepolture.
L’utilizzo nel quotidiano viene contestualizzato attraverso le attività, da un lato proprie del mondo femminile, come la filatura, la tessitura, la preparazione e la cottura dei cibi, dall’altro di quello maschile, rivolto alle pratiche di sostentamento della famiglia e della comunità.
Appena il visitatore entra nella sala Gozzadini, al piano terra, viene accolto da un’enorme immagine di una porzione di abitato villanoviano, che fa da sfondo ad una pedana che espone in modo scenografico alcuni reperti di grandi dimensioni: tre doli, ovvero tre grandi vasi ceramici globulari, utilizzati per immagazzinare provviste alimentari come cereali e legumi tostati ed essiccati, ed un anello di terracotta pertinente alla camicia di un pozzo.

I doli, pur essendo stati rinvenuti in contesti funerari (uno dalla tomba 37 della necropoli di Piazza Azzarita a Bologna, venuta in luce nel 1996, e due dalle tombe 17 e 20 della necropoli in Piazza VIII Agosto sempre a Bologna, emersa tra il 1998 e il 1999 in occasione della costruzione di un grande parcheggio sotterraneo – 1–), presentano caratteristiche morfologiche assolutamente simili a quelli scoperti in abitato, per cui si prestano molto bene come confronti funzionali  ( fig. 4) . L’anello in terracotta fa parte invece di una struttura da pozzo ad anelli sovrapposti (ne sono stati recuperati 7 in ottimo stato di conservazione) ritrovata nello scavo di un’area abitativa condotto dall’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna tra il 2006 e il 2009 a Bologna in via D’Azeglio ( 2), costituita da un edificio rettangolare in materiale deperibile (8/9×5 m circa) con portico e diverse pertinenze delimitate da una palizzata lignea.

La mostra si articola in quattro micro-sezioni collocate all’interno di altrettante vetrine a muro, suddivise sulla base delle attività che si praticavano dentro o fuori la capanna: due sono destinate ad accogliere gli oggetti del quotidiano riconducibili alla vita che si svolgeva internamente alla capanna, mentre le altre due sono riservate alle attività esterne.
Il criterio espositivo scelto per la prima vetrina si basa sul raggruppamento dei reperti legati alla filatura e alla tessitura e presenta una serie di fusaiole, rocchetti e pesi da telaio, unitamente ad un fuso e ad una conocchia di lamina di bronzo, provenienti dagli scavi effettuati dal conte Giovanni Gozzadini, tra il 1853 e il 1856 ( 3), nella sua tenuta di campagna, nei pressi di Villanova, in località Le Caselle.

Spicca tra gli altri la piccola pisside in ceramica su ruote con coperchio ( fig. 5) , contenente 28 tessere fittili forate per tessitura, che faceva parte del corredo funebre della sepoltura enotria nr. 309 della Necropoli di Aianello ( 4) di Aliano (MT). Si tratta di un set miniaturistico che rappresenta uno straordinario pezzo unico, a documentare un tipo di tessitura molto particolare, diverso da quella a telaio verticale, cioè la tessitura a tavolette ( 5) per la produzione di strisce di tessuto utilizzabili come accessori dell’abbigliamento o come bordi per stoffe di grandi dimensioni.

Completa la vetrina la copia del tintinnabulo in lamina di bronzo, proveniente dalla tomba 5, detta "Tomba degli Ori" della necropoli dell'Arsenale Militare di Bologna. Estremamente prezioso per la decorazione a sbalzo, tale pendaglio rituale illustra su un doppio registro fronte/retro scene di donne intente nelle pratiche prima della cardatura, poi della filatura e infine della tessitura.
La seconda vetrina ospita la strumentazione legata alla preparazione, alla conservazione e alla cottura dei cibi, nonché alla presentazione e al consumo degli stessi, accogliendo vasellame ceramico di varie fogge e funzioni, tra cui diversi manufatti provenienti dagli scavi in abitato realizzati da Elsa Silvestri negli anni Settanta, nel centro urbano di Castenaso ( 6). A questi si aggiungono piastre ed alari di forme differenti: uno conformato a tetto di capanna, altri con protome zoomorfa, alcuni a mattoncino e due decorati a stampiglie, primariamente da via D’Azeglio a Bologna.

Di particolare interesse è il confronto tra i materiali villanoviani e quelli laziali: il posto d’onore è infatti riservato ad un paio di fornelli fittili rinvenuti a Ficana ( 7) ( fig. 6) , importante centro abitato del Latium vetus, che ha restituito numerosi fondi di capanne databili all’VIII-VII sec. a.C. e resti di edifici più tardi con fondazioni in blocchi di tufo.

L'allestimento della terza vetrina è dedicato alle attività di sussistenza, quali l’agricoltura e l’arboricoltura, l’allevamento, la caccia e la pesca, privilegiando i materiali contenuti nel deposito di S. Francesco di Bologna. “ Nell’area dell’abitato villanoviano di Felsina nel 1878 Antonio Zannoni rinvenne presso l’attuale Basilica di San Francesco un grande dolio di terracotta, che conteneva 14.838 pezzi di bronzo per un peso complessivo di oltre 14 quintali. Questo straordinario rinvenimento è stato interpretato come il deposito di un fonditore soprattutto per la presenza di oggetti rotti destinati alla rifusione, oggetti non rifiniti, scarti di lavorazione e pani di metallo grezzo, quasi tutti di rame, da utilizzare in lega con lo stagno per ottenere il bronzo ”. In esposizione falci, falcetti e pennati, asce sia ad occhio (scure) che ad alette, due punte di giavellotto ed un amo da pesca. Integra le diverse attività un consistente nucleo di ossa animali, a testimoniare l’allevamento di maiali, bovini, cavalli, capre e pecore, nonchè la caccia dei cervi.

Nella quarta vetrina sono collocati gli strumenti propri delle attività artigianali, come la lavorazione del corno e dell’osso, la produzione fittile e metallica, l’intaglio del legno e la decorazione del vasellame ceramico.
Gli strumenti usati per la metallurgia provengono dal già citato deposito di San Francesco a Bologna e comprendono un’incudine, un imbuto di fusione, un cono di colata, una lima e pani di rame. Ad essi si aggiunge una matrice in arenaria con funzione di forma fusoria per la produzione di anellini in bronzo, pertinente al sito di Servirola di S. Polo d’Enza (RE) ( 8) ( fig. 7) . L’importanza del pezzo è dovuta al fatto che si tratta del possibile reimpiego di uno stampo aperto dell’Età del Bronzo per la fusione di una punta di freccia, riconducibile al preesistente abitato terramaricolo.

Tra gli attrezzi per la lavorazione del legno: scalpelli, frammenti di una sega, una porzione di sgorbia, pezzi di un succhiello e di una raspa ( fig. 8).
Per la decorazione dei materiali ceramiciè in esposizione il set specializzato di utensili emersi nella tomba femminile 1 del sepolcreto di via Isonzo a Casalecchio di Reno (BO) ( 9), composto da una sgorbia in bronzo, una paletta sempre in bronzo ed un punzone biforcuto in terracotta: un pezzo unico, con terminazione a cerchielli, usato per realizzare stampiglie su vasi, alari e altri manufatti ceramici ( fig. 9).

Dagli scavi di abitato siti in via Gramsci, via Tosarelli, via dello Sport di Castenaso provengono invece alcuni esempi di prodotti finiti: una lesina in bronzo con immanicatura in osso ed una fibula ad arco rivestito con perle in pasta vitrea. Ad essi si affiancano due attingitoi, ovvero piccoli recipienti in ceramica, con vasca emisferica e lungo manico, utilizzati per attingere liquidi da vasi più ampi e profondi.
Molto particolare risulta il kit per la realizzazione di fibule ad arco rivestito costituito da un filo di bronzo attorcigliato, vaghi semilavorati in ambra ed un piccolo attrezzo funzionale alla fabbricazione delle varie parti ( fig. 10).
La mostra completa il percorso museale offrendo una prospettiva a 360 gradi, che tiene conto del “mondo dei vivi” al piano terra e del “mondo dei morti” al primo piano. Il percorso espositivo risulta quindi unitario nel fornire una visione complessiva della realtà antica, con un approccio anche divulgativo, che si concretizza nei percorsi e nelle scelte didattiche che il museo persegue: nellevisite guidate a tema per adulti, nei percorsi laboratoriali rivolti alle scuole e nelle attività domenicali con i bambini.

L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con il Museo Civico Archeologico di Bologna; il Museo Civico Archeologico e Paleoambientale “E. Silvestri” di Budrio; il Museo Civico Archeologico “A. Crespellani” di Bazzano; il Museo “G. Chierici” di Paletnologia dei Musei Civici di Reggio Emilia; il Museo preistorico etnografico “L. Pigorini” del Museo delle Civiltà di Roma; la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; il Polo museale dell’Emilia Romagna ed il Polo museale della Basilicata.

 

Mostra:

Oggetti dal quotidiano: un giorno all’interno di un villaggio villanoviano
13 ottobre 2018-9 giugno 2019
MUV Museo della civiltà villanoviana, Castenaso (Bo)

 

Note:

1. J. Ortalli, Strutture pubbliche e luoghi della politica alle origini della città. Un ‘Campo Marzio’ nella Felsina villanoviana?, in ArchCl LXIV (2013), pp. 7-50.

2. L. Malnati, R. Curina, C. Negrelli, L. Pini (a cura di) , Alla ricerca di Bologna antica e medievale. Da Felsina a Bononia negli scavi di via D’Azeglio, Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Romagna 25, Firenze 2010.

3. G. Gozzadini, Di un sepolcreto etrusco scoperto presso Bologna, Bologna 1854; G. GOZZADINI, Intorno ad altre settantuno tombe del sepolcreto etrusco scoperto presso Bologna, Bologna 1856.

4. Da ultimo, con bibliografia: S. Bianco, Pisside, in P. von Eles (a cura di), Le ore e i giorni delle donne. Dalla quotidianità alla sacralità tra VIII e VII secolo a.C., Catalogo della Mostra (Verucchio, 14 Giugno 2006-6 Gennaio 2008), Verucchio 2007, p. 181.

5. L. Raeder Knudsen, La tessitura tavolette nella tomba 89, in P. von Eles (a cura di), Guerriero e sacerdote. Autorità e comunità nell’età del ferro a Verucchio. La Tomba del Trono, Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Romagna 6, Firenze 2002, pp. 220-234.

6. E. Silvestri, Castenaso. Tracce di insediamento, in La necropoli villanoviana di Ca’ dell’Orbo a Villanova di Castenaso, Catalogo mostra, Bologna 1979, pp. 91-96.

7. L’alimentazione nel mondo antico. Gli Etruschi, Roma 1987, pp. 158-159, nn. 33-34; con bibliografia.

8. Da ultimo, con bibliografia: R. Macellari (a cura di), Gli Etruschi e gli altri. Reggio Emilia terra di incontri, Milano 2014, pp. 86, 88.

9. Da ultimo, con bibliografia: L. Kruta Poppi, Casalecchio di Reno (BO), via Isonzo: la tomba 1. Una famiglia di maggiorenti di epoca orientalizzante, in L. Kruta Poppi, D. Neri (a cura di), Donne dell’Etruria padana dall’VIII al VII secolo a.C. Tra gestione domestica e produzione artigianale, Firenze 2015, pp. 103-110.

 

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