Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne

Rocche e castelli di Romagna nella pittura di Giordano Severi.
Ritrovare un paesaggio

Orlando Piraccini
[Studioso d'arte]

Trent’anni son trascorsi da quando per la prima volta le sessanta vedute romagnole con rocche e castelli dipinte da Giordano Severi tra il 1928 ed il ’30, han lasciato il Museo Etnografico di Forlì per esser poste in mostra a Cesena e poi alla Rocca di Ravaldino del capoluogo, accompagnate da un libretto destinato col tempo a diventare un ricercato “introvabile” sulla rete e nei mercatini dei libri vecchi.

Da allora ognuna delle tavole, oggi nuovamente esposte a Palazzo Romagnoli di Forlì (fino al 15 dicembre), è diventata vera e propria icona per quanti si occupano di studi d’architettura militare o di storia del paesaggio. Mentre, invece, è rimasta finora assai in controluce la figura del loro autore, pur degno di figurare nella vicenda figurativa romagnola del primo ‘900 non solo come il “pittore delle rocche”. Ma per questa riabilitazione si dovrebbe ancora indagare sulla Cesena dove Giordano era nato nel 1891 e da giovane aveva vissuto al tempo di Renato Serra, mentr’era la città animata artisticamente da un manipolo di scultori e pittori di buona levatura, come Tullo Golfarelli, Mauro Benini, Paolo Grilli. E del pittore in erba andrebbero seguite le orme studentesche, a Firenze marcate dall’amicizia con il talentuoso concittadino Gino Barbieri (uno dei maggiori illustratori della rivista L’Eroica, autore tra l’altro di un rinomato ritratto xilografico di Gabriele D’Annunzio) e poi a Bologna, Urbino e infine Roma con Aristide Sartorio. E sarebbe necessario sollevare i veli sulle supposte ‘simpatie’ politiche del pittore nel tempo in cui per tanti artisti locali certamente semplice non fu sottrarsi alle attenzioni ed agli interessi propagandistici del regime. Sono infatti documentati taluni sostegni al Severi da parte delle autorità durante il ventennio fascista: per qualche comparsata sulla stampa locale e per l’opportunità d’organizzare mostre in sedi ufficiali, come quella sulla “Savignano pittoresca” allestita, appunto nel 1933, nel Salone del Fascio di quel paese. 

Non per caso, dunque, nella Romagna che spallicianamente stava cantando se stessa scavando a strati nella propria storia, tra le pagine più gloriose e gli usi e i costumi popolari, Giordano Severi è diventato il censitore delle rocche e dei castelli; convinto ad affrontare l’epica impresa di magnificare pittoricamente le sopravvissute vestigia del paesaggio medievale dal concittadino Dino Bazzocchi, gran cultore di storie patrie e collaboratore del Touring. Deciso a imitare l’esempio catalografico di Pietro Franciosi sulle rocche e i castelli del Montefeltro (illustrate nel ’23 dalle xilografie di Bruno da Osimo), il Bazzocchi aveva già convinto l’appassionato fotografo cesenate Francesco Dellamore ad effettuare una vera e propria rilevazione delle architetture castellane romagnole, sulle quali, peraltro, già aveva posto interesse il Genio Militare attraverso il generale Lodovico Marinelli.  

Fu forse proprio dal censimento dell’amico Dellamore che Severi trasse spunto per diventare il ‘pittore ufficiale’ delle rocche. Forse vi fu anche un interessamento dello stesso Marinelli (che già nel 1907 aveva pubblicato uno studio monografico sulla rocca malatestiana di Cesena), se si considera che nell’aprile del 1930 l’intero ciclo - si potrebbe dire con le ultime pitture ancora fresche di colore - venne esposto a Roma alla Mostra d’Arte dei Castelli d’Italia, organizzata al Castel Sant’Angelo a Roma proprio dal Genio Militare.

Narrano le cronache del tempo che nella capitale i dipinti del Severi furono molto ammirati dalla famiglia reale e dal ministro dell’educazione nazionale. Pervennero dunque da Roma le giuste sollecitazioni affinché le rocche e i castelli fossero prima esposti a Forlì, città del duce, e poi dalla municipalità acquisite (ciò che accadde con atto deliberativo del 30 luglio del 1932 per la cifra di complessive 4.200 lire). Da allora le tavole si sono conservate come elementi d’arredo del locale Museo Etnografico, presso il Palazzo del Merenda. Di Severi fu invece inesorabilmente segnato il destino artistico da quell’impresa, se si guarda alla foltissima produzione di rocche e castelli esibita dal pittore fino all’ultimo (cioè fino al trasferimento del ’50 in Brasile) specialmente in campo grafico, a matita e con l’inchiostro.

Giustamente l’odierna mostra forlivese sottolinea il pregio della serie pittorica realizzata dal Severi come straordinario documento d’epoca sul paesaggio delle rocche e dei castelli nel confronto ravvicinato con la realtà odierna. E suggerisce al visitatore alcuni spunti sul metodo di ripresa usato dal pittore nel riportare sulle proprie tavole una visione generalmente ‘larga’ del paesaggio, nel quale ogni singolo monumento risulta protagonista non assoluto, isolato e separato dal contesto naturalistico o paesistico. L’invito che si porge, insomma, nella convinzione che l’occhio del vero artista riesca più d’ogni altro a penetrare il senso più profondo delle cose, è di non considerare le vedute di Giordano Severi semplicemente come gradevoli risultanze di una buona pittura del tempo antico, ma di apprezzarle per la loro preziosa qualità di testimonianza visiva.

Come suggeriva Pier Luigi Cervellati presentando il libretto del 1989, questi quadri - se osservati con attenzione, se indagati, se comparati con altri documenti e con il reale di oggi - diventano la raffigurazione del solo progetto che noi possiamo consegnare al domani: cioè, che si ricostruisca, che venga risarcito il paesaggio, castello o rocca compresi, che noi abbiamo inconsultamente e sconsideratamente distrutto. 

La mostra, promossa dal Museo di Palazzo Romagnoli, si articola in tre distinti momenti nell’arco del periodo estate-autunno 2019 ed è accompagnata da eventi collaterali sul paesaggio delle rocche e dei castelli.  Al primo atto (10 luglio – 1 settembre) su Romagna e Montefeltro: Rimini e le terre di ‘confine’ ha fatto seguito Dalla collina al mare: il territorio di Cesena e dintorni (4 settembre – 27 ottobre); l’itinerario si chiude con l’Appennino e la Bassa: lungo la via Emilia tra Forlì e Imola (dal 30 ottobre al 15 dicembre).

 

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