Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / storie e personaggi

Due complessi architettonici e una tesi per conoscere un paesaggio e le sue vicende.
I Castelli di Torrechiara e di Roccabianca tra fiaba e Storia

Irene Santoro
[Dottoressa magistrale in Storia dell'Arte, Alma Mater Studiorum Università di Bologna]

Torrechiara e Roccabianca sono due castelli quattrocenteschi, parte di una fitta rete di costruzioni volute da Pier Maria Rossi, signore del Parmense, per il controllo della sua piccola signoria nel contado di Parma. Oggi i due castelli fanno parte del patrimonio culturale italiano, sono aperti al pubblico e visitabili ( 1)come luoghi che preservano la memoria storica del territorio.   
In qualità di luoghi della memoria racchiudono in loro un gran numero di storie, piccole e grandi, incontri e scambi tra locale e nazionale, coordinate culturali e sociali, piccoli aneddoti e momenti peculiari. La loro importanza risiede anche nell’essere custodi di queste storie, da cui ricevono senso collocandoli in una rete più ampia di collegamenti.
Le storie però hanno bisogno di essere raccontate, a differenza del valore estetico di questi luoghi, che è visibile e subito esperibile dal pubblico, seppure in un certo livello superficiale. Il senso profondo, storico, territoriale di questi castelli non è invece di immediata comprensione.
Ecco quindi la necessità dello studio e poi, soprattutto, del racconto come attività di valorizzazione per far sì che i luoghi vengano compresi e collocati in un orizzonte storico e che così la loro memoria venga preservata.
Durante lo studio dei castelli Torrechiara e Roccabianca sono stati individuati vari livelli di significato e quindi molti sensi distinti e intrecciati che li rendono dei semiofori patrimoniali. ( 2)

I sensi “storico” e “artistico” sono quelli temporalmente più profondi, fanno riferimento al momento della creazione di questi castelli, la loro destinazione d’uso originaria, il ruolo di controllo e di rappresentazione del potere, la peculiarità artistica e architettonica caratterizzata dal momento di passaggio tra Medioevo e Rinascimento. Sono poi individuabili altri due sensi di più ampio respiro: “paesaggistico” e “comunitario”.  

Oggi le potenzialità narrative di questi luoghi non sono del tutto sfruttate; i due castelli vengono spesso collocati in un immaginario fiabesco, un Medioevo dal sapore Romantico. ( 3) Non considerando i più recenti studi storici ci si concentra, allora, sull’amore adultero tra il signore e la sua amante per dare senso alla costruzione dei castelli, una eccessiva semplificazione che rischia di sminuire la moltitudine di significati e col tempo di perderne la memoria. È quindi necessario ripartire dall’individuare i sensi di questi luoghi e poi trovare tanti modi per raccontarli.

Molteplici sensi per Torrechiara e Roccabianca

Nel XV secolo la situazione politica in Italia si presenta molto frammentata, mentre in altri stati europei si stanno formando le monarchie moderne, la penisola è caratterizzata da tante realtà diverse che da comuni diventano signorie, in un percorso che porterà infine alla formazione degli stati regionali. Il passaggio di potere da comune a signoria è visto come usurpazione, ( 4) quindi necessita di essere legittimato e rilegittimato, sia sul piano interno che nei rapporti con altri stati. Questo di fatto crea una situazione di grande instabilità. Per dare un’idea della complessità: nel 1455 la Lega Italia, un tentativo di grande alleanza italiana, riconosce circa 120 entità autonome, ( 5) tra queste le più grandi e potenti sono sicuramente il Regno di Napoli, il Papato, la Repubblica di Venezia, il Ducato di Milano, la Repubblica di Firenze, poi con dimensioni minori ma molto rilevanti ricordiamo anche: Genova, Siena, Modena, Bologna, Lucca e Perugia.

L’instabilità e la frammentazione sono però anche interne agli stati dove convivono spesso situazioni eterogenee, famiglie e stirpi in lotta per il potere. L’Emilia in particolare è una zona di grande frizione. Qui un potere regionale forte tarda a formarsi (il Ducato di Parma e Piacenza nascerà solo nel XVI) è quindi una zona contesa tra poteri esterni, principalmente: Milano, il Papato e gli Este. Queste forze però non riescono ad imporre un controllo capillare nella zona e, inoltre si trovano a scontrarsi con le molte famiglie locali che si ribellano, si rifiutano di rinunciare al controllo del proprio territorio, avendo creato nel tempo delle micro-signorie territoriali, che si configurano come una peculiarità emiliana.

Parma è comune indipendente dal 1022, ma nei secoli successivi l’autorità comunale si rivela debole nel controllare la città e il contado, questo permette a famiglie e coalizioni di rafforzarsi e, di fatto, di governare. Esistevano in città quattro squadre principali corrispondenti alle quattro famiglie più forti: i Rossi, i Pallavicino, i Correggio e i Sanvitale. Pur controllando la realtà cittadina nessuna di queste fazioni, nonostante i ripetuti tentativi, riuscì a trasformarla nella propria signoria. A seguito dell’impossibilità di assoggettare la città queste famiglie si spostarono progressivamente nel contado, allargando i propri possedimenti e costruendo una fitta rete di infrastrutture, creando così delle signorie territoriali di dimensioni ridottissime ma piuttosto forti e strutturate. Parma passa nel 1346 sotto il dominio milanese e vi resta per quasi due secoli, è quindi con il Ducato che queste famiglie si trovano a scontrarsi e ad allearsi; contemporaneamente, infatti, esse si rivelano essere per Milano dei mezzi per controllare il territorio e delle fonti di continui problemi e scontri.

La famiglia Rossi, tra Trecento e Quattrocento, si attesta come la fazione più forte, con la più ampia rete clientelare, il dominio territoriale più esteso e stretti rapporti con il Ducato di Milano, in qualità di condottieri e consiglieri personali dei duchi. In particolare, la storia di Torrechiara e Roccabianca è forgiata dall’ultimo grande signore dei Rossi: Pier Maria II.

Pier Maria II de Rossi nasce nel 1413 da Pietro Maria I de Rossi, signore al servizio dei Visconti e Giovanna Cavalcabò. A quindici anni si sposa con Antonia Torelli, figlia di una famiglia potente della zona, per suggellare l’alleanza sul territorio. La coppia ebbe 9 figli, in più Pier Maria avrà varie amanti e almeno altri due figli che cresceranno insieme a quelli legittimi, come da tradizione. Delle amanti di Pier Maria sicuramente la più famosa sarà Bianca Pellegrini, rimasta famosa per la sua rappresentazione negli affreschi del castello di Torrechiara.  Nel 1432 Pier Maria iniziò ufficialmente a militare come condottiere per i Visconti e nel 1438, alla morte del padre, divenne signore della casata dei Rossi, quinto Conte di Berceto e Marchese di San Secondo. L’attività guerresca di Pier Maria si articola su due fronti: come condottiere al servizio di Miliano, in particolare fu grande alleato di Francesco Sforza e decisiva fu la sua collaborazione nella presa dei Milano nel 1450, e come signore territoriale nelle guerre locali tra famiglie del parmense.  Dal 1454, con la Pace di Lodi, stretta tra Milano e Venezia, si aprirono venticinque anni di pace: l’assenza di guerre nell’orizzonte regionale permise, allora, a Pier Maria di dedicarsi quasi interamente alla cura della propria signoria, consolidando e allargando i propri territori e costruendo castelli, chiese e infrastrutture. Torrechiara e Roccabianca, insieme a molti altri castelli, rientrano proprio nell’attività costruttiva di Pier Maria Rossi a cui possiamo trovare molteplici motivazioni: i castelli furono ricostruiti in forma grandiosa per la necessità di segnalare la propria presenza e per rappresentare il potere, sorgono poi entrambi in posizione strategica, Torrechiara per il controllo delle vie di comunicazione e approvvigionamento di Parma e Roccabianca a controllo del Po tra Parma e Cremona, zona storicamente contesa con i Pallavicino. La ricostruzione è poi dettata anche da fattori sociali e culturali: la necessità di ospitare il signore e la sua corte che si sposta dalla città al contado, rendendo quindi il castello luogo di residenza e di produzione culturale; in questo periodo poi, nuovi accorgimenti tecnici e nuove tendenze architettoniche iniziano a fiorire e a diffondersi, accompagnate da una generale spinta del Ducato di Milano alla smilitarizzazione dei luoghi di potere e all’abbellimento delle residenze. Tutte queste cause insieme fanno sì che i castelli di Torrechiara e Roccabianca vengano, forse da Pier Maria stesso, progettati e costruiti, seppure su strutture già esistenti, ex novo per rispondere in maniera grandiosa alle nuove esigenze.

Pier Maria Rossi morì nel 1482, di malattia, nel corso della cosiddetta “guerra dei Rossi” combattuta tra Ludovico il Moro, Duca di Milano e lo stesso Pier Maria che si era, infine, ribellato. La morte di Pier Maria segna così, la fine della sua piccola signoria e un generale cambio di passo nei rapporti tra Milano e i signori di Parma.

La figura di Pier Maria Rossi dipinta dalle cronache è quella di un uomo dedito alle armi e alle arti. Seppure nella scarsità delle fonti, emerge un signore a metà tra Medioevo e Rinascimento, condottiere e vassallo ancora legato a logiche medievali e pratiche cortesi, ma al contempo, stratega, quando serve diplomatico, nonché uomo colto con una sensibilità per le nuove tendenze artistiche e un amore per la musica e la poesia.

Da questo breve quadro storico emergono molti valori che compongono il primo senso dei due castelli: il Quattrocento come momento forse meno studiato ma importante per la formazione degli stati, l’Emilia e Parma con la loro singolarità del caso, quasi unico delle micro-signorie e la storia del signore e condottiere Pier Maria Rossi con la sua attività costruttiva che lasciò un’impronta indelebile nel paesaggio, il tutto ricostruisce il passaggio tra Medioevo e Rinascimento nel Parmense.

Dal punto di vista artistico e architettonico poi, i due castelli, costruiti intorno alla metà del XV secolo come punti di difesa e controllo e residenza della corte, presentano numerosi aspetti interessanti. Torrechiara è un castello di collina, maestosamente situato su un’altura più volte ricordato per la sua struttura armoniosa, ( 6) fonde in sé in effetti un progetto sapientemente elegante e una solida struttura difensiva. Roccabianca è invece un castello di pianura, di dimensione più ridotta, ma anch’esso molto elegante; il mastio richiama appunto Torrechiara di cui è in qualche modo fratello minore.

Il punto di interesse artistico principale dei due castelli sono due splendide camere affrescate, volute da Pier Maria Rossi: la Camera d’oro ( 7) a Torrechiara e la camera di Griselda ( 8) a Roccabianca, unici esempi di affreschi quattrocenteschi a tema profano.

La camera d’oro rappresenta nella volta una pellegrina, Bianca amante di Pier Maria, in viaggio attraverso le terre dei Rossi rappresentate come un’allegoria del Buon Governo e costellate dei castelli Rossiani. Nelle quattro lunette sottostanti si trovano quattro scene che raccontano l’innamoramento e il corteggiamento tra Pier Maria e Bianca Pellegrini.  La camera del castello di Roccabianca invece, presenta in 24 scene la storia di Griselda tratta dalla centesima novella di Boccaccio e, nella volta una rappresentazione astrale del cielo di difficile interpretazione.

Per molto tempo i due cicli di affreschi sono stati letti, come una magnificazione dell’amore tra Pier Maria Rossi e Bianca Pellegrini: questa tematica che è sicuramente presente almeno in quelli di Torrechiara, non è però, come studi più recenti hanno dimostrato, l’unica interpretazione possibile. Una simbologia più complessa, infatti, attraversa i due cicli rendendoli rappresentazioni volte a legittimare e magnificare il potere di Pier Maria Rossi come signore e vassallo; è possibile leggervi quindi un percorso iniziatico del signore verso la gloria e la grandezza, in cui la figura femminile, sia Bianca che Griselda, è allegoria delle virtù dell’uomo.( 9) Queste letture stratificate permettono di contestualizzare meglio i cicli di affreschi nella cultura del loro tempo e di distinguere tra diversi livelli di messaggio che il signore voleva comunicare a seconda dell’interlocutore: uno privato riguardante l’amore e, l’altro, pubblico di autolegittimazione del proprio potere.

I due cicli, inoltre, sono interessanti perché presentano una simbologia mista: allegorie tipiche del mondo culturale medioevale e cortese ed elementi di richiamo classico che fanno pensare già ad una sensibilità rinascimentale. I castelli e gli affreschi sono indicativi di un fatto importante: le piccole corti delle signorie emiliane erano in grado di attirare maestranze e artisti di alto livello, qualificandosi come centri di produzione culturale, ridottissime ma in tutto simili alle altre signorie, rendendo di fatto la zona settentrionale policentrica dal punto di vista culturale. Anche il senso artistico dei due castelli è quindi denso di significati diversi e presenta forti tratti di unicità nonché contribuisce a collocarli culturalmente nel contesto quattrocentesco.

Infine, gli ultimi due sensi, il paesaggistico e quello comunitario si sono costruiti col passare del tempo: dalla loro costruzione ad oggi la presenza dei castelli e dell’uomo che li abita, hanno modificato il paesaggio, ( 10) modellandolo, caratterizzandolo e rendendolo unico, unione tra umano e naturale. Oltre che tratti paesaggistici però i castelli sono anche ed ancora parte del territorio inteso come un luogo vivo e abitato da una popolazione che ama il proprio patrimonio culturale ed in esso si riconosce nella costruzione della propria memoria. Da questo attaccamento deriva il senso comunitario proprio dei luoghi che si riferisce al legame tra la comunità e i castelli di Torrechiara e Roccabianca, legame che li rende vivi, che aiuta a preservarne la memoria e che ne giustifica la necessità di valorizzazione.

Note

1 Il castello di Torrechiara è oggi di proprietà pubblica, acquistato dallo Stato nel 1912, è sotto la gestione del Polo museale dell’Emilia-Romagna. Il castello di Roccabianca è di proprietà della famiglia Scaltriti.

2 Coniata dal K. Pomian la nozione di Semioforo cioè “portatore di senso” indica un oggetto che nel patrimonio culturale diventa portatore di senso simbolico e metaforico, scindendo i rapporti con la sua funzione originaria, si veda A. Desvallées e F. Mairesse (a cura di), Concetti Chiave di Museologia, Armand Colin, 2010

3 Si veda a tale proposito l’interessante riflessione sul rapporto tra Castelli Rossiani, Medioevo e Romanticismo in D. Romagnoli, “Romanticismo, medievalismo e castelli rossiani”, in M. G. Muzzarelli (a cura di), Miti e segni del Medioevo nella città e nel territorio. Dal mito bolognese di re Enzo ai castelli neo-medievali in Emilia - Romagna, Bologna CLUEB, 2003, pp. 172-213

4 Cfr. F. Somaini, “La geografia politica dell’Italia del Rinascimento”, in M. Folin (a cura di), Corti italiane del Rinascimento arti, cultura e politica, 1395-1530, Milano, Officina Libraria, 2010. pp. 35 – 62.

5 Ibidem. 

6 Corrado Ricci attribuiva la sensazione di armonia a un rapporto proporzionale di 1:1 tra la costruzione e la collina. Luciano Summer, ha poi osservato che la successione degli alzati del castello si trovano in rapporto 1:2 e 2:1, l’intervallo delle cinte murarie originali sembra regolato da una progressione aritmetica. Gli schemi compositivi del castello sembrano rimandare ai rapporti fissi individuati per primo da Pitagora, teorie che sono poi alla base all’architettura nel Rinascimento e che nel complesso creano il senso di armonia e di accordo che il castello comunica all’osservatore. Si veda L. Serchia, “Il castello di Torrechiara tra artificio e natura”, in A. Mordacci (a cura di) Castelli del Parmense Torrechiara, Gazzetta di Parma editore, Parma, 2009.

7 la camera peregrina aurea attribuita a Benedetto Bembo, o comunque ad un pittore di area lombarda, prende il nome dalla rappresentazione di Bianca in veste di pellegrina e dalla lucentezza delle formelle dorate che ricoprono le pareti.

8 gli affreschi originali della camera di Griselda si trovano oggi esposti ai Musei Civici del Castello Sforzesco di Milano, strappati e venduti alla fine del XIX secolo. Presso il castello di Roccabianca è possibile vedere una fedele riproduzione su tela del pittore Gabriele Calzetti.

9 Cfr. D. Romagnoli, “la storia di Griselda nella camera picta di Roccabianca: un altro autunno del medioevo”, in A. C. Quintavalle (a cura di) Medioevo: immagine e racconto atti di convegno internazionale di studi Parma 27 – 30 settembre 2000, Firenze Electa, 2003; e G. Z. Zanichelli, “la committenza dei Rossi: immagini di potere fra sacro e profano”, in L. Arcangeli e M. Gentile (a cura di) Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo, Firenze, Firenze University Press, 2007, pp. 187-212.

10 Per paesaggio, così come definito nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, “si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”. Cfr. Codice dei beni culturali e del paesaggio parte III titolo I, capo I, Art 131, comma 1.

 

Bibliografia

F. L. Campari, Un castello del parmigiano attraverso i secoli Pallavici, Rossi, Rangoni, Parma, Luigi Battei, 2010.
G. Chittolini, “Una geografia di corti e di piccoli stati”, in Le sedi della cultura nell’Emilia Romagna L’epoca delle signorie Le corti, Milano, Silvana Editoriale, 1985. pp. 11-38.
A. Desvallées e F. Mairesse (a cura di), Concetti Chiave di Museologia, Armand Colin, 2010.
R. Greci, M. di Giovanni Madruzza, G. Mulazzani, Corti del Rinascimento nella provincia di Parma, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi arti grafiche, 1996.
A. Ferretti, Manuale di diritto dei beni culturali e del paesaggio, Napoli, Manuali Simone, 2013.
A. Mordacci (a cura di) Castelli del parmense Torrechiara, Parma, Gazzetta di Parma Editore, 2009.
A. Mordacci (a cura di) Castelli del parmense Roccabianca, Parma, Gazzetta di Parma Editore, 2009.
M. Pellegri, Un feudatario sotto l’insegna del Leone Rampante Pier Maria Rossi 1413-1482, Parma, Silva Editrice, 1996.
D. Romagnoli, “Romanticismo, medievalismo e castelli rossiani”, in M. G. Muzzarelli (a cura di), Miti e segni del Medioevo nella città e nel territorio. Dal mito bolognese di re Enzo ai castelli neo-medievali in Emilia-Romagna, Bologna CLUEB, 2003, pp. 172-213.
D. Romagnoli, “La storia di Griselda nella camera picta di Roccabianca: un altro autunno del medioevo”, in A. C. Quintavalle (a cura di) Medioevo: immagine e racconto atti di convegno internazionale di studi Parma 27 – 30 settembre 2000, Firenze Electa, 2003.
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