Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / pubblicazioni

"L’Università di Bologna Palazzi e Luoghi del sapere", a cura di Andrea Bacchi e Marta Forlai, Bologna, Bononia University Press, 2019.
Le dimore della conoscenza

Elisabetta Landi
[IBC]

Attraversa la storia di Bologna il percorso che unisce le sedi dell’Università raccontate da Andrea Bacchi e da Marta Forlai nel volume a cura della Fondazione Zeri. Edita dalla Bononia University Press, la pubblicazione passa in rassegna i luoghi dell’Alma Mater, e ne ripercorre i secoli “scritti nelle pietre che compongono i suoi edifici” (Ubertini). Il focus è sul patrimonio architettonico di un’Istituzione diffusa che si identifica con l’anima stessa della città, e che dalla città e dalla sua fisionomia non è separabile.

Lo Studio era partito dalla “cittadella” mille anni fa, poi nel 1561 aveva trovato una sede unificata, l’Archiginnasio; fino al 1803, quando, sull’onda delle riforme napoleoniche, era stato trasferito in palazzo Poggi, in strada San Donato. Di qui, passando per la Ca’ Grande Malvezzi, l’Ateneo si era esteso in molte direzioni, agganciando in un iter glorioso le residenze storiche e le costruzioni moderne, e poi raggiungendo i poli del campus nei centri della Romagna.
È un fatto che la discontinuità di una sede identitaria abbia favorito, nel tempo, la specularità tra l’immagine dell’Università e il volto di Bologna, innescando un processo di osmosi. Così, con un’operazione doverosa, gli autori del volume hanno attraversato le vicende della città ricomponendo questo scacchiere denso di storia e di cultura costituito da una sessantina tra palazzi, ville, conventi, Istituti e Facoltà costruiti nel Novecento con l’aggiunta delle biblioteche, dei musei e delle collezioni scientifiche. Un patrimonio straordinario, presentato da Maria Beatrice Bettazzi, Francesca Lui, Martina Nunes, Valeria Rubbi, Giorgio Trebbi e Marianne Turco e integrato dai saggi di Giuliano Briganti, Anna Ottani Cavina e Lucia Corrain.
La pubblicazione ha perciò il senso di una ricognizione che parte dal passato e arriva al presente, presentando nuove acquisizioni e promuovendo, al contempo, una campagna fotografica che documenta in maniera capillare le ricchezze dell’antico Ateneo qui presentate per la prima volta, in maniera organica, in una panoramica sull’urbanistica e l’architettura di Bologna.
Ad attrarre l’attenzione sulle sedi universitarie sono stati i docenti che hanno contribuito, nel tempo, alla migliore conoscenza della storia della città: Francesco Ceccarelli, Vera Fortunati, Giuliano Gresleri, Anna Maria Matteucci, Anna Ottani Cavina e altri. Proprio un saggio della Matteucci dedicato agli Aspetti storico−artistici delle sedi universitarie suggeriva per primo, nel 1988, un’analisi di sette edifici proposti per un esercizio di lettura, come proseguiva il titolo, con un’intuizione che in quegli anni era inedita. L’invito è stato raccolto, e da quel contributo iniziale l’indagine si è allargata e ha coperto un arco cronologico che va dalla quattrocentesca palazzina della Viola alla Biblioteca Walter Bigiavi, ultimata nel 1973; e tutto ciò, nella “convinzione che per chi abbia il privilegio di vivere e di lavorare in un contesto antico, sia sottile piacere intellettuale la riflessione sulle forme che via via la storia ha stratificato […]” (Matteucci).

Il volume, introdotto da una presentazione del Rettore Ubertini, dalle riflessioni di Marco Antonio Bazzocchi sulla vita universitaria nel Novecento, di Roberto Balzani sui Musei dell’Alma Mater e l’Archivio Storico dell’Università e di Giacomo Nerozzi sulla Biblioteca Universitaria, si compone di tre sezioni: la prima, dedicata ai palazzi, alle ville e ai conventi comprende ventidue edifici dal XV al XIX secolo, acquisiti dall’Ateneo negli ultimi duecento anni.
La visita ai luoghi dell’Ateneo, dal passato al presente, come scrive Andrea Bacchi, ha inizio con palazzo Poggi, né poteva essere altrimenti. Sede Istituzionale dell’Università, fin dalla sua costruzione alla metà del ‘500 funzionò come una sedes sapientiae voluta da un umanista, il cardinal Giovanni Poggi. Pater elegantiarum, il colto prelato era vicino agli ambienti accademici bolognesi: nei pressi, c’era l’Accademia Hermathena fondata da Achille Bocchi e da qui s’irradiava un sapere antico che passava attraverso la tradizione, la filosofia, e la cultura cristiana comunicate attraverso la civiltà dell’emblema che in quel “quartiere della cultura” (Andrea Emiliani, com. verbale) era declinata anche nel vicino Palazzo Leoni, collegato, come hanno dimostrato i nostri studi, all’Accademia degli Ardenti e al culto degli autori classici. Senza contare gli echi erasmiani che provenivano dal vicino studio teologico di San Martino dove aveva predicato Giovanni Battista Spagnoli, l’energico carmelitano che il filosofo di Rotterdam aveva soprannominato il “Virgilio Cristiano”.
Nella dimora del cardinale, affacciata su strada San Donato con il prospetto elegante di Bartolomeo Triachini e progettata all’interno da Pellegrino Tibaldi con un romanismo vigoroso, scorre, attraverso gli affreschi, un programma pensato per coinvolgere gli ospiti. Al piano nobile, sfilano in successione cicli pittorici di importanza capitale che hanno condizionato il percorso delle arti figurative: dai sottinsù spalancati dal Tibaldi nelle Storie di Ulisse, normativi per gli esordi della pittura illusiva, si passa ai fregi con le Storie di Susanna ideate dall’artista ed eseguite dai collaboratori (e tra questi il Nosadella), e a quelli delle sale di Mosè e di Davide (1555) di Prospero Fontana, il pittore prediletto dalla committenza erudita; fino ai cicli letterari e allegorici di Nicolò dell’Abate che non cedono al disagio dei manieristi o alle inquietudini della controriforma, promuovendo, invece, la potenzialità narrativa della decorazione murale concepita come un libro dipinto; un volume illustrato dove si raccontano le fiabe cavalleresche che chiudono, in questo e in altri edifici, la stagione dorata della civiltà cortese.

Da palazzo Poggi il percorso attraverso i luoghi dell’Ateneo ci conduce a un’altra dimora cardinalizia, la villa Guastavillani sul colle di Barbiano (Bologna Business School), opera di Sebastiano Mascherino decorata con un programma allegorico che richiama all’ortodossia controriformata.
Nel secolo successivo, l’Aula Magna dell’Università si collega alla religiosità della Legazione rappresentata, a Bologna, dalla chiesa dei gesuiti, Santa Lucia, progettata da Girolamo Rainaldi con le forme magniloquenti del Gesù di Roma destinate a far risuonare la predicazione autorevole della Chiesa.
Nella seconda metà del XVII secolo l’edilizia dei palazzi senatori testimonia il prestigio dell’aristocrazia bolognese con soluzioni architettoniche grandiose, ‘funzionali’ ai riti dell’oligarchia. È l’epoca degli scaloni, ‘macchine’ per il cerimoniale progettate per le feste che scandivano le elezioni periodiche del gonfaloniere. I cortei si snodavano lungo le rampe concepite con una strategia precisa, condivisa dagli ambienti di corte; nasceva, nella città dei teatri, la tipologia della scala monumentale. Dei fasti senatori e del primato dell’architettura locale testimonia una sede prestigiosa dell’Alma Mater, il palazzo Marescotti Brazzetti (Dipartimento delle Arti). Qui, un vano scenografico accoglie il visitatore e lo dirige lungo le rampe a tenaglia che si ricongiungono al piano d’accesso, rievocando la coreografia dei rituali di governo; è un’idea formidabile, pensata e messa in pratica da Gian Giacomo Monti e destinata a diventare ben presto un modello per le regge d’Europa.
Al piano nobile, il programma iconografico degli affreschi declama il prestigio della casata. Nelle sale di rappresentanza, i pittori si confrontano con le tendenze opposte della grande decorazione: il barocco illusivo di Domenico Maria Canuti che avvolge le figure nei vortici dei soffitti e il classicismo composto di Marcantonio Franceschini che ricorda una tradizione gloriosa.
L’avventura dell’edilizia senatoria ripercorsa dai luoghi dell’Ateneo prosegue poi nel secolo successivo con palazzo Hercolani (Dipartimento di Scienze Economiche; Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia). Voluto sul finire dell’ Ancien Régime da Filippo, gonfaloniere e principe del Sacro Romano Impero, il cantiere dell’edificio ebbe inizio nel 1793 e proseguì negli anni turbolenti dell’epoca napoleonica. Si conclude, qui, l’avventura dei fasti barocchi, corretta da Angelo Venturoli con un neopalladianesimo internazionale che converte in forme neoclassiche il prototipo dello scalone senatorio, enfatizzato dalle sculture all’antica di Giacomo De Maria.

Negli ambienti di parata i cicli pittorici di Filippo Pedrini e di Serafino Barozzi alleggeriscono con le tonalità lievi gradite all’alta borghesia giacobina la tradizione dell’affresco settecentesco, mentre il pian terreno riserva la sorpresa di un unicum che testimonia l’aggiornamento del committente: è la “boschereccia del gonfaloniere” (Riccomini), dipinta nel 1810 da Rodolfo Fantuzzi. Ispirata al giardino naturale europeo, questa stanza dipinta rappresenta l’esempio più straordinario del genere figurativo della “stanza paese”. La sala, a pianta ovale, simula un parco all’inglese − ma con ricordi del Pincio − e introduce al giardino vero progettato dal Venturoli. La contiguità tra la vegetazione reale e l’affresco predispone l’architettura a un rivestimento en plein air, un tuffo nel verde che non ci si aspetta. Anche qui, in questo ambiente prodigioso ricompreso in una sede universitaria, si afferma la capacità della civiltà pittorica locale di elaborare soluzione formali nuove, e di ampio respiro.
Dal neopalladianesimo di palazzo Hercolani, il percorso attraverso l’Edilizia Universitaria giunge al ‘900, e alla “classicità modernizzata” (Stefano Zamagni) degli Istituti scientifici comprensivi di raccolte. La sezione dedicata al XIX secolo, comprensiva di ventitré luoghi diversi tra Istituti, Facoltà, padiglioni e musei costruiti dall’Ateneo in quel secolo, è la più sommersa tra le sedi dell’Alma Mater e certamente la più inedita della pubblicazione (Bacchi). Sfilano, nella rassegna, i nomi di personalità famose: da Alfonso Rubbiani a Edoardo Collamarini, e da Giuseppe Vaccaro a Giovanni Michelucci e fino ad Enzo Zacchiroli è possibile ripercorrere le fasi della progettazione moderna nella quale si inseriscono figure meno note ma non per questo di significato minore, come nel caso di Gualtiero Pontoni, Gustavo Rizzoli, Attilio Muggia e Luigi Vignali che hanno contribuito a disegnare la fisionomia dell’architettura universitaria della prima metà del secolo.
Integra la rassegna una sezione sui Musei Universitari, quattordici, e tra questi alcuni di fondazione antica inclusi nel Sistema Museale di Ateneo che da tempo ha avviato un progetto di valorizzazione e di divulgazione, rendendo accessibili le proprie collezioni.
Si comincia con l’Istituto delle Scienze, allestito nel Museo di palazzo Poggi e si prosegue con le raccolte scientifiche conservate tuttora presso gli istituti originari e formate grazie all’impegno di docenti illustri: il geologo Giovanni Cappellini, Luigi Bombicci, professore di mineralogia, il chimico Giacomo Ciamician.
L’itinerario si ferma agli anni Cinquanta, con l’eccezione delle opere di due maestri dell’architettura italiana del XX secolo: il palazzo degli Istituti di Matematica e Geometria progettato da Michelucci e la Biblioteca Bigiavi già ricordata, realizzata da Enzo Zacchiroli.
“La progettazione sistematica di un’edilizia universitaria attuata e gestita nel contesto delle Convenzioni, come emanazione diretta dell’Ateneo, si esaurisce con la Settima Convenzione conclusa con l’inaugurazione della Facoltà di economia e Commercio nel 1955, alla presenza del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Un ideale spartiacque rispetto al nuovo modo di progettare gli spazi per l’Università contemporanea; una progettazione cui verranno richieste innanzitutto capacità di innovazione, modelli funzionali interdisciplinari e nuove tecnologie.Moltissimo è stato costruito per l’Ateneo dagli anni Ottanta a oggi. Potrebbe essere il secondo capitolo di questo lungo racconto.
A Bologna l’Università, presente in tutta la città, è specchio ideale dello Studium medievale. Primo intento del libro è far conoscere il significato e il valore artistico di questi luoghi per restituirli alla comunità universitaria che li abita e alla città intera” (Bacchi, Forlai).

Volume:

 L’Università di Bologna Palazzi e Luoghi del sapere, a cura di Andrea Bacchi e Marta Forlai, Bologna, Bononia University Press, 2019.

 

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