Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3

Dossier: Il Sistema Museale Regionale

musei e beni culturali /

Introduzione di Antonio Lampis.
La visione del Sistema Museale Nazionale

Antonio Lampis
[Direttore Generale Musei, Ministero per i beni e le attività culturali]

Parto da una annotazione personale: quale dirigente regionale per lunghi anni nel settore cultura, ho trascorso vent'anni alla direzione della Ripartizione Cultura Italiana della Provincia di Bolzano, una terra che ha saputo lavorare per cinquant'anni, partendo molto prima delle spinte autonomistiche che si sono sviluppate dopo la caduta del muro di Berlino in tanti paesi d'Europa, sul governo delle differenze e della complessità.
L’attenzione alle differenze e alla complessità allena la politica e l'amministrazione ad ottenere risultati di livello sensibilmente più alto rispetto a quelli che si ottengono con la banalizzazione dei maldestri tentativi di omogenizzare il trattamento di esigenze diverse. Come ha affermato la Corte costituzionale, per garantire un vero principio di uguaglianza le situazioni differenti vanno trattate in modo diversificato. Le norme sull’organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali hanno realizzato uno dei primi buoni esempi in Italia, un approccio sistematico al collegamento dei musei italiani, il Sistema Nazionale dei Musei, secondo modalità utili a ricordare che quando si tratta di rapporti tra Regioni e Stato non tutto quello che necessita di un coordinamento centrale deve per forza essere totalmente statale.
Il Sistema Museale Nazionale è stato creato dopo anni di studio con l’ International Council of Museums (ICOM), con le Regioni, con i Comuni e con le Università; è un patrimonio della Nazione che viene gestito a Roma, dal Ministero – e tuttavia, come potrebbe avvenire anche per altri ambiti di competenza, è primariamente una modalità d'incontro e di definizione di passi strategici per la Nazione. Questa circostanza potrà anche aiutare a inquadrare nella giusta prospettiva le linee di sviluppo strategico sul tema del digitale, sul tema del racconto dei musei, che è quello che più attende un rinnovato impegno di ciascuno: Comuni, Regioni, Stato e, soprattutto, dei direttori di musei. I musei sono meravigliosi ma realizzare quelle effettive esperienze di conoscenza che la loro riforma richiede è ancora in molti casi una chimera e così spesso si esce da una visita ai musei senza avere arricchito effettivamente il proprio patrimonio cognitivo. Si tratta di una grande sfida per i prossimi anni. Gli avanzatissimi livelli uniformi di qualità (LUQ), se è vero che danno grande rilievo agli aspetti di sicurezza e di accessibilità, pongono anche un accento molto forte sul tema del raggiungimento delle effettive esperienze di conoscenza. Uscire da un museo con qualcosa in testa in più rispetto a quando si è entrati, ed avere imparato qualcosa, è la risposta ad un bisogno fortissimo di tutte le generazioni, soprattutto di quelle giovani e giovanissime. La loro necessità di comprendere, di capire, e, per quanto riguarda il settore archeologico, di avere immediatamente l'idea di intuire il ‘com’era’, sorge anche dai decenni in cui la scuola ha smesso, per rincorrere l’idea di ‘preparare al lavoro’, di lavorare con intensità sulle simbologie complesse. I musei offrono moltissime simbologie complesse, il lavoro degli artisti offre simbologie complesse ed è compito di noi professionisti saperle far amare, apprezzare e capire anche a chi non ha avuto la fortuna di fare gli studi classici, a chi non ha avuto la fortuna di avere genitori che ti portano nei musei e ti raccontano dei musei fin dalla primissima infanzia. È sempre bene evidenziare che i consumi culturali sono statisticamente appannaggio, semplificando al massimo, dei figli dei laureati o, per media statistica, di una signora cinquantenne, quindi sapere lavorare oltre questi confini della statistica è un nostro compito fondamentale.
Il Sistema Nazionale dei Musei presenta nuovi livelli di qualità molto avanzati, frutto di un lavoro di profondità ma anche di illuminata sintesi, il che li porta ad essere comprensibili anche dal non addetto ai lavori e gestibili sia dal nuovo direttore di museo che da quello di più lunga esperienza. Essi indicano un processo di crescita che è stato individuato come determinante per lo sviluppo economico del Paese.
Il Ministero sta per rendere noti i risultati dei lavori, di due anni di studio, sull'incrocio dei dati economici e di sviluppo dei musei statali. Sono dati incredibili che indicano che, da soli, questi cinquecento musei danno alla Nazione un indotto di circa l’1,6% del Pil. È stato calcolato che, una volta raggiunti livelli di qualità così alti come quelli cui tendono le procedure di miglioramento previste, questi dati possono crescere e assimilare la produzione di reddito per la Nazione dei soli musei statali a quello della produzione del settore agricolo. Mettere a sistema i cinquemila musei della Nazione, rivalutare tutto il patrimonio diffuso nel Paese, lontano dalle grandi città d'arte, può divenire un moltiplicatore incredibile di benessere, un'occasione di sviluppo economico che questa Nazione non può perdere. Cercheremo quindi, seppur con le attuali ridotte dotazioni organiche e le continue difficoltà gestionali tipiche della mano pubblica (la burocrazia interna gravosissima e una resistenza all'innovazione altrettanto rilevante) di portare avanti questo grandissimo progetto per la Nazione chiamato Sistema Nazionale dei Musei .
Grazie all’ Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), parte una piattaforma informatica che consentirà di collegare tutti i cinquemila e più musei italiani, una piattaforma utile per la futura formazione, scambio di buone pratiche, conoscenza reciproca e altre mete indicate nel decreto di avvio del sistema leggibile nel sito della direzione generale musei del Ministero. Le Regioni partecipano a questo progetto con la loro presenza nella Commissione che sovraintende al sistema, inviando i dati da loro gestiti per gli accreditamenti e per i processi utili a mantenere collegati i musei in fase di raggiungimento di questo risultato. Siamo pronti anche a mostrare il numero effettivo dei musei italiani che va oltre quello dell'anagrafica dell'Istat e quindi supera i cinquemila sopra indicati; il grande lavoro sarà poi quello di farli crescere nel raggiungimento dei livelli di qualità.
La buona notizia è che test informali effettuati sull’attuale stato di raggiungimento dei livelli di qualità (nei grandi musei statali, nei piccoli musei, in alcuni musei privati, in alcuni musei dei Comuni, in alcuni musei delle Regioni) mostrano che il livello di qualità in Italia non è così basso come si può pensare. Anzi, in certi casi, è altissimo e anche questo conferma la nostra fiducia in un futuro di comune sviluppo, nella direzione di stretta collaborazione fra le componenti della Nazione – quindi Comuni, Regioni, Stato – che solo insieme riusciranno a cogliere appieno questa occasione storica per lo ‘sviluppo culturale’ vero fulcro dell’articolo 9 della nostra Costituzione. Spesso nei media si ricorda che l’articolo 9 parla della tutela, ma in realtà esprime come principio fondamentale lo ‘sviluppo della cultura’, e solo poche istituzioni come i musei, in questi anni, hanno saputo contribuirvi. In tre anni, 2014 –2017, i musei statali sono cresciuti del 23%, quasi del 24%: è esattamente il doppio della misura della crescita dei turisti, quindi significa che metà della gente che affolla oggi i musei è composta da italiani; gli incassi poi sono cresciuti del 40%, e nessun settore economico o sociale al mondo cresce del 40% in tre anni, né in Europa né in altri Paesi del mondo, e nel 2018 incredibilmente si è registrato un ulteriore 5% di crescita. Oggi un settore economico sociale che cresce del 5% è un settore molto incoraggiante, che può dare risposta alle esigenze di occupazione e di crescita culturale, su cui vale la pena lavorare e sacrificarsi e appunto, per quanto riguarda la parte politico amministrativa, investire risorse.

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