Rivista "IBC" X, 2002, 1

Dossier: Scienze e natura al Salone di Ferrara

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, dossier /

Il Golfo marino padano: una foto dal Pliocene

Sergio Raffi
[docente di paleontologia presso il Dipartimento di scienze della terra dell'Università di Bologna]

All'inizio dell'epoca pliocenica, circa cinque milioni di anni fa, con il ripristino di una stabile via di comunicazione con l'Atlantico, dopo circa un milione di anni di parziale o comunque intermittente isolamento che determinò localmente la scomparsa della fauna e della flora stenoalina, il Mediterraneo fu reinvaso da acque marine a salinità normale e ripopolato da faune e flore mediterranee sopravvissute in santuari atlantici perimediterranei.

Le acque marine atlantiche si estesero rapidamente a tutto il Dominio mediterraneo e occuparono la grande depressione "padana" che si era costituita nel Miocene terminale, durante la crisi di salinità, in seguito alla definitiva emersione dell'Appennino. Si formò così il Golfo marino pliocenico padano delimitato dalla catena appenninica e da quella alpina.

Il procedere verso nord-est dell'"onda orogenetica", che aveva già portato all'emersione degli Appennini, la continua erosione dei rilievi e l'accumulo dei sedimenti nel bacino, la tendenza all'abbassamento del livello del mare come conseguenza della formazione della Calotta Artica, furono le cause determinanti che portarono al progressivo ritiro del mare ed alla concomitante formazione della pianura padana. L'archivio storico di questa graduale "transizione" da ambienti marini ad ambienti continentali è registrato nella successione dei sedimenti che si sono depositati nel bacino. Questo archivio contiene una mole enorme di dati e di segnali. Il segnale più agevole e spettacolare da leggere ed interpretare è costituito dai resti degli organismi, i fossili. I molluschi fossili marini, le "conchiglie" che tappezzano le sabbie e le argille delle colline padane, costituiscono la prova più evidente e tangibile dell'esistenza di questo antico mare. Proprio per questa ricca documentazione malacologica l'Emilia, in particolare quella occidentale, ha rappresentato da due secoli la "culla" degli studi sul Pliocene.

Le decine di scheletri di balene e di delfini rinvenuti nelle successioni sedimentarie plioceniche dal Piemonte alla Romagna, i rari esemplari di tartarughe marine, la straordinaria conservazione di resti di squali e di un numero incalcolabile di pesci, possibile solo in ambienti episodicamente privi di ossigeno, facilitano la nostra operazione mentale di "immaginare" un paesaggio marino, ricchissimo di vita, dove oggi vediamo una fertile pianura. I resti di rinoceronti e di ippopotami, incrostati da organismi marini come cirripedi, briozoi, molluschi, ed i resti vegetali, ci permettono di concretizzare la visione di fiumi che trasportavano al mare carogne di animali morti, tronchi, foglie e frutti e dunque di un ambiente costiero lambito dal mare: l'antico Golfo padano.

I segnali irreversibili dell'evoluzione biologica, integrati dai segnali delle variazioni del campo magnetico terrestre, sono i principali "ordinatori cronologici" che, consentendo di ordinare nel tempo questa enorme documentazione registrata nelle diverse successioni sedimentarie, permettono di ricostruire l'evoluzione climatica e geografica del Bacino padano. Un'operazione fondamentale è quella di distinguere i segnali locali, imputabili ad esempio agli impulsi tettonici regionali, dai segnali "globali" relativi all'origine ed alla progressiva formazione della Calotta Artica, che vengono espressi dalla scomparsa dei taxa tropicali e dal complessivo abbassamento del livello del mare.

La transizione, nell'arco di poco più di tre milioni di anni, da malacofaune a molluschi caratterizzate da una elevata biodiversità di taxa come Terebra, Conus, Mitra, ecc., oggi tipica delle coste a sud della Mauritania, ad associazioni caratterizzate da molluschi come Arctica islandica, che attualmente non scendono a latitudini inferiori della Normandia, documenta in modo semplice e tangibile l'entità della variazione climatica durante il Pliocene e cioè nell'intervallo compreso tra 5 e 1,8 milioni di anni fa. La successiva storia geografica e climatica del bacino durante il Quaternario è caratterizzata da più intense fluttuazioni del clima e del livello del mare (come conseguenza dei cicli glaciali-interglaciali) ma da una avanzata complessiva degli ambienti continentali fino alla completa chiusura del Golfo.

L'archivio storico del Golfo padano costituisce una vera e propria palestra didattica e turistica non ancora adeguatamente utilizzata. La sua documentazione fossile offre l'opportunità di mettere a punto programmi di insegnamento accattivanti, che possono integrare tutti i campi delle scienze naturali, dall'astronomia alla zoologia, e far emergere l'esigenza di modelli didattici in cui cultura umanistica e naturalistica si integrino in un binomio inevitabile, pena un'involuzione culturale.

I musei dell'Emilia-Romagna raccolgono una ricca documentazione paleontologica del Golfo marino padano e rappresentano la sede naturale in cui inventare, sperimentare ed approfondire questi modelli didattici. Il Museo geologico "Giovanni Capellini" dell'Università di Bologna vanta indubbiamente la più ricca collezione di cetacei, anche se per ragioni di spazio e di risorse non è mai stato portato avanti alcun tentativo di valorizzazione. I più recenti ritrovamenti di cetacei sono conservati e adeguatamente valorizzati nei Musei civici di Vignola (Modena), Salsomaggiore (Parma), Castell'Arquato (Piacenza) e Reggio Emilia. Di particolare interesse sono le collezioni di pesci fossili del Museo geologico "Capellini". Ricchissime collezioni di malacofaune sono conservate in tutti i musei della Regione. Più rari ma comunque ben rappresentati sono i reperti di cheloni, echinoidi, brachiopodi e crostacei (Museo paleontologico parmense, Museo di Salsomaggiore e di Castell'Arquato). Ognuna di queste strutture, soprattutto i musei civici più recenti o comunque recentemente riorganizzati, può sviluppare, grazie alle risorse ed alla sapiente regia dell'Istituto per i beni culturali della Regione, tematiche museologiche e didattiche peculiari sulla base del materiale conservato.

 

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