Rivista "IBC" X, 2002, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / inchieste e interviste, leggi e politiche

La Regione Emilia-Romagna è impegnata in un'opera di riordino degli enti e delle società che ad essa fanno capo. Anche l'Istituto per i beni culturali è coinvolto in questo processo: per questo abbiamo invitato a dire la loro alcune delle personalità che hanno incrociato il loro cammino con quello dell'IBC. Dopo la prima puntata continuiamo il forum con gli interventi di Domenico Berardi, Aristide Canosani, Aldo d'Alfonso e Giordano Gasparini.
IBC 1974-2002 / 2

Valeria Cicala
[IBC]
Isabella Fabbri
[IBC]

La Regione Emilia-Romagna è attualmente impegnata in un'opera complessa di riordino degli enti e delle società che ad essa fanno capo. Anche l'Istituto per i beni culturali (IBC) è coinvolto direttamente in questo processo di revisione e ripensamento di funzioni, ruoli, relazioni. Per questo abbiamo pensato di organizzare sulle pagine della rivista una sorta di forum virtuale a cui abbiamo invitato alcune fra le numerose personalità (intellettuali, amministratori, politici) che in tempi e modi diversi hanno incrociato la loro attività con quella dell'Istituto. Pensiamo che la loro esperienza e le loro idee possano rappresentare un contributo utile al dibattito in corso. Continuiamo il forum con gli interventi di Domenico Berardi (già consigliere dell'IBC e direttore della Biblioteca Classense di Ravenna), Aristide Canosani (già consigliere dell'IBC, attualmente presidente di Rolo Banca), Aldo d'Alfonso (già consigliere dell'IBC e a lungo presidente dell'Ente Turismo di Bologna), Giordano Gasparini (già consigliere dell'IBC, attualmente direttore della Biblioteca della Sala Borsa di Bologna).

 

Come ricorda la sua esperienza rispetto alla storia dell'IBC?

 

Domenico Berardi

Ho fatto parte degli organi direttivi dell'IBC dalla sua istituzione (nel 1974) fino al 1996. Ricordo quindi le grandi speranze che in essi avevamo riposto, confidando addirittura che l'Istituto potesse diventare un modello da imitare da parte di altre regioni: queste speranze risalivano ad alcuni anni prima, essendo nate e cresciute in occasione di rapporti personali con Andrea Emiliani. Egli, infatti, stava "pensandoci su" già da tempo, come dimostra il suo libro Una politica per i beni culturali (Einaudi, 1974) che contiene un "progetto per un Istituto per i beni culturali" steso fra l'autunno 1972 e la primavera 1973.

La (forse troppo) larga rappresentatività degli organi direttivi, il livello scientifico-culturale dei loro membri, la stessa chiamata a presiederlo di Lucio Gambi parvero a tutti noi connotazioni talmente positive da autorizzare un ragionevole ottimismo. Anche la previsione, che subito si fece, di ricorrere ad affidamenti professionali o addirittura studenteschi per lo svolgimento della maggior parte del lavoro ci faceva pensare di poter evitare il destino più comune alle pubbliche amministrazioni, che è l'eccessiva burocratizzazione (e - come più icasticamente si dice - la trasformazione in "carrozzoni").

Presto ci si avvide che il rapporto con l'Amministrazione regionale tendeva a diventare conflittuale, nelle cose se non nelle prese di posizione: non saprei dire se più in seguito ad incomprensioni con qualche assessore o a rivalità a livello di funzionari. Non è evidentemente il caso di trasformare questa risposta ad una semplice domanda in un cahier de doléances. Citerò come esempi solo:

- la politica del personale della Regione, che presto travolse le migliori intenzioni dell'Istituto (basti ricordare le conseguenze della famigerata legge 285: uno strumento caritativo-assistenziale degno dello Stato pontificio);

- il mancato coordinamento fra Regione e IBC: la prima usciva con leggi (sulle biblioteche nel 1983, sui musei nel 1990) senza affidare preventivamente le indispensabili indagini all'IBC, che poteva intervenire solo a cose fatte chiedendo (e non sempre ottenendo) qualche ritocco alla cortese disattenzione degli assessori o dei presidenti che si succedevano;

- la sempre tardiva approvazione dei bilanci di previsioni, che l'IBC presentava peraltro nei tempi previsti, la quale impediva ogni programmazione, costringendo l'IBC a procedere per stralci e, talvolta, alla paralisi.

Ciononostante, non mi sento di dare a questa mia esperienza un drastico voto negativo: certamente non sul piano personale, dati i rapporti di sincera amicizia e, quanto meno, di sempre leale collaborazione (al di là di ogni diversa appartenenza partitica) stretti con i colleghi e con i funzionari con i quali ho avuto contatti; ma neppure sul piano operativo.

 

Aristide Canosani

Ricordare quell'esperienza mi riporta indietro con la mente di venti anni; pur tuttavia si tratta di un ricordo ancora molto intenso e presente. Da poco concluso il mio decennale impegno di sindaco di Ravenna, accettai con piacere la nomina nel Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, su indicazione dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che mi offrì l'opportunità (almeno pensavo) di seguire più specificamente problematiche fra le più rilevanti dell'esperienza amministrativa pubblica in una città d'arte.

Ma fu sopratutto la nomina all'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna che mi consentì di incontrare nuovamente e collaborare con illustri personaggi del mondo culturale ed accademico, attraverso un impegno più diretto, concretamente orientato al programmare, al progettare, al fare, sviluppando conoscenza, consapevolezza e partecipazione. Il mio apporto, peraltro limitato, nasceva prevalentemente dalla mia attività di pubblico amministratore. Un'esperienza legata al governo del territorio e che inevitabilmente mi aveva posto di fronte alle relative problematiche della compatibilità e qualità dello sviluppo, della tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale, artistico, culturale, delle risorse utilizzabili e della formazione.

Tutto ciò mentre sul piano istituzionale era crescente l'attesa per un efficace concretizzarsi del nuovo ruolo delle Regioni e di un loro più articolato rapporto con gli enti locali, sotto la forte spinta partecipativa delle crescenti esperienze di decentramento democratico. Erano anni, ricordo, di grande stimolo e rinnovamento intellettuale dove i "valori" e la "cultura" erano sentiti ed interpretati con intelligenza e passione da uomini di spessore al servizio delle istituzioni e della Comunità tutta. Il privilegio di poter collaborare con loro fu per me una grande occasione di arricchimento, che è rimasta attuale e densa di stimoli anche per le mie successive esperienze nel vivo dell'economia, nel mondo dell'impresa e della finanza.

 

Aldo d'Alfonso

Sono stato membro del consiglio di amministrazione dell'IBC per oltre un decennio; nei primi anni ero assessore alla cultura della Provincia di Bologna, negli anni seguenti presidente dell'Ente di promozione turistica: ho avuto modo, perciò, di valutare l'attività dell'Istituto non solo da un punto di vista personale, ma da amministratore di due organismi pubblici che ai beni culturali e ambientali davano una particolare attenzione. Una esperienza che, anche a distanza di anni, ricordo come uno dei momenti migliori di quella parte della mia vita dedicata alla pubblica amministrazione. Per due ragioni.

Una personale "lezione di vita". L'organismo del quale facevo parte era composto da personaggi che nel dibattito, talora anche acceso, dimostravano di non sostenere mai tesi derivanti da appartenenze e provenienze politiche o partitiche, ma solo da autonome convinzioni. Credo che questo dipendesse, certo, dallo spessore umano e culturale dei singoli (presidenti, membri del consiglio di amministrazione e funzionari), ma non secondariamente dalla felice atipicità di un istituto che i legislatori regionali avevano volutamente creato con caratteristiche che assicurassero ampio spazio all'autonomia della cultura, nella convinzione che questa non va mai a scapito di una attività di governo che guardi agli interessi generali.

Poi perché l'attività quotidiana, le iniziative, la produzione scientifica di quegli anni, erano tali da meritare non soltanto un apprezzamento di chi ne fruiva direttamente - dagli enti locali, ai centri di studi, ai singoli ricercatori - ma anche un non celato senso di invidia e un desiderio di imitazione da parte di altri che non avevano avuto l'opportunità, il coraggio o il disinteresse di creare organismi che avessero le caratteristiche dell'IBC.

Queste due "qualità positive" dell'IBC degli anni in cui ne ho fatto parte, le considero preminenti di fronte a carenze e difetti, che pur esistevano nel suo funzionamento interno, nei suoi rapporti con la Regione e con altri soggetti, e che non sempre sapemmo superare.

 

Giordano Gasparini

La mia partecipazione al comitato esecutivo dell'IBC coincide con la nomina di Ezio Raimondi quale presidente, con Felicia Bottino assessore regionale alla cultura e urbanistica. Ricordo l'approvazione del Piano paesistico regionale, il forte coinvolgimento dell'Istituto, anche per tutte le relazioni che si aprirono, oltre ai già consolidati ambiti delle biblioteche e dei musei, con il sistema regionale dei beni culturali: aree archeologiche, la conservazione dei centri storici, i parchi e le aree naturalistiche, la valorizzazione degli itinerari storici.

Quel 1993 fu un anno molto importante anche per il ritorno, dopo quasi due anni di assenza, della rivista "IBC", fortemente voluta dal Consiglio di allora; il primo numero, a tutt'oggi straordinario, si presenta con un importante articolo di Romano Prodi sul tema dell'accesso all'informazione e delle biblioteche, e un intervento di Gianni Celati sulla mostra di Luigi Ghirri, organizzata dall'Istituto, che successivamente acquisterà pure l'intero archivio del fotografo. Lo stesso anno inizia il confronto sulla riforma istituzionale dell'IBC con un intervento di Natalino Guerra, e la discussione si sviluppa con forte partecipazione, per giungere alla nuova ed innovativa legge di riforma, approvata dal Consiglio regionale nell'aprile del 1995.

 

Il modello culturale e gestionale dell'IBC le sembra ancora valido? Quali sono a suo parere i pregi ed i difetti?

 

Berardi

La mia risposta a questa seconda domanda mi pare implicita in quanto detto prima: il modello culturale mi sembra ancora valido; sul piano gestionale, gli ostacoli che ho messo in evidenza, sia pure in maniera sommaria e per via di esempi, andrebbero rimossi, o almeno corretti, magari nel senso di una maggiore autonomia specialmente per quanto riguarda il personale (perché non indire appositi concorsi per l'assunzione all'IBC?) e certamente nel senso di un maggiore coordinamento con gli organi deliberativi della Regione: all'IBC si dovrebbe affidare la preparazione del materiale propedeutico alle deliberazioni in materia di beni culturali, nella linea e con le finalità che emergono nel succitato libro di Andrea Emiliani.

 

Canosani

Debbo premettere che da un po' di tempo non seguo da vicino le vicende gestionali dell'IBC. Non è sempre facile per un ente pubblico trovare condizioni di efficienza complessiva di gestione capaci di tenere il passo con un sistema di mercato più sensibile ma anche competitivo. Non so se una ulteriore evoluzione anche in materia di gestione dei beni culturali, e altri riassetti istituzionali intervenuti abbiano semplificato le prassi per l'attività dell'IBC. Ma l'impegno svolto in questi anni nell'ambito del restauro, della prevenzione e valorizzazione del patrimonio artistico e i numerosi censimenti di musei, biblioteche e fondi antichi confermano la rilevanza dell'attività svolta con competenza e spirito d'innovazione.

Mi piace ricordare, in conclusione, un dato significativo che riguarda l'istituto che presiedo ed il suo rapporto con l'IBC. Nell'impegnarsi ad esprimere il concreto obiettivo di una banca privata nel vasto campo delle iniziative culturali, Rolo ha ricercato e trovato nell'IBC una primaria sede di verifica e di collaborazione per le proprie iniziative ed un autorevole promotore d'interventi di pubblico interesse ai quali poter attivamente concorrere senza preoccupazioni o riserve.

 

d'Alfonso

Ho seguito solo dall'esterno l'attività dell'Istituto dopo le riforme che hanno portato da trenta a sei i membri del consiglio di amministrazione, che hanno dato nuovi compiti all'Istituto in materia di biblioteche e di musei e che hanno teso a snellirne il funzionamento. Non sono in grado di dire, perciò, se sono aumentati i pregi o i difetti della gestione alla quale ho partecipato e della quale conservo un giudizio ampiamente positivo.

 

Gasparini

Dopo aver lasciato il Consiglio dell'IBC nel 1996, ho continuato ad avere con l'Istituto rapporti su progetti specifici, quali "Bologna dei Musei", il sistema bibliotecario di Bologna e le manifestazioni di "Bologna 2000 Città europea della cultura". Devo dire che continua a sorprendermi la capacità di lavoro dell'Istituto, che con competenza e determinazione riesce a fornire un solido strumento scientifico e organizzativo a diversi settori dell'attività della Regione Emilia-Romagna: dai musei al paesaggio, dalla multimedialità al restauro architettonico, dalla valorizzazione degli archivi storici alla cultura scientifica, dalla conoscenza della cultura ebraica ai temi legati alla riqualificazione del territorio.

Come pure sorprende il suo forte radicamento regionale, e la capacità di costruire programmi accurati con un piccolo museo di un piccolo comune, ma anche di progettare ed attuare importanti iniziative di respiro internazionale, insieme alle più prestigiose istituzioni culturali europee. Sono questi, prima di tutto, gli ambiti su cui continuare ad investire. Con questi obiettivi credo sia utile intensificare le relazioni con gli altri enti regionali che operano in questo ambito - il Centro regionale per il catalogo - CRC, l'Agenzia per le iniziative culturali dell'Emilia-Romagna - AICER -, così come con le soprintendenze presenti in regione, per rafforzare l'idea di progetto comune verso cui indirizzare le risorse e le professionalità messe in campo dalla Regione Emilia-Romagna nell'ambito della valorizzazione e della salvaguardia dei beni culturali.

 

È in atto un processo di revisione e ripensamento del ruolo e delle funzioni dell'IBC. Quali suggerimenti potrebbe dare?

 

Berardi

A questa domanda preferisco non rispondere. Al di là di quelli che si possono evincere da quanto detto fin qui, non credo di poter offrire suggerimenti "aggiornati", non avendo partecipato negli ultimi anni alla vita dell'IBC né, quindi, alle discussioni che certo ci saranno state man mano che emergevano necessità, o anche solo opportunità, quando non mere velleità di riforma. Una riforma che, se non capisco male, mira a fare dell'Istituto una sorta di direzione generale dell'assessorato (tipo quelle dei ministeri), prevedendo un suo rapporto esclusivo con un direttore, appunto.

Non vorrei si trattasse del primo passo di una graduale "dismissione" dell'Istituto. Mi dispiacerebbe molto vedere trasformato il "fiore all'occhiello" della Regione in una, via via più polverosa, ghirlanda funeraria.

 

Canosani

Trovo in qualche modo fuori luogo, oltre che oggettivamente difficile, intervenire da parte mia in un dibattito così impegnativo senza averne direttamente vissuto le più recenti esperienze e poterne valutare appieno connessioni e risvolti. Sottolineare l'incisività ed il prestigio dell'esperienza sin qui autorevolmente espressi dall'Istituto per i beni culturali ritengo significhi, in primo luogo, riaffermarne l'importanza ed il ruolo di qualificato riferimento per la "gestione" di un "patrimonio" fondamentale per la Regione e per lo sviluppo della sua economia.

Credo che da questa imprescindibile constatazione debba discendere la consapevolezza di disporre di un qualificato, qualificante potenziale da utilizzare pienamente, evitando, nel contempo, di irrigidire ed appesantire e, ancor peggio, condizionare l'efficacia e l'autonomia valutativa ed operativa dello stesso.

 

d'Alfonso

Probabilmente sono molti i miglioramenti da apportare nel ruolo e nelle funzioni dell'IBC, anche in relazione ai mutamenti che si sono verificati, per leggi o per consuetudini, nei compiti della Regione, degli enti locali e degli organismi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Il suggerimento che mi sento di dare è quello di salvaguardare e, se possibile, valorizzare ulteriormente la sua autonomia, pur nel quadro degli indirizzi politici che spettano alla Giunta e al Consiglio regionale, tenendo sempre presente che "governare" nel campo della cultura deve avere, utilmente e necessariamente, caratteristiche diverse da quelle, pur altrettanto delicate e importanti, della direzione di altri settori.

 

Gasparini

Ruolo e funzioni dell'Istituto sono da rafforzare tenendo conto innanzitutto dei nuovi compiti delle Regioni, intensificando l'integrazione tra i diversi livelli di governo, operando con la consapevolezza di un nuovo contesto di carattere europeo, in una fase di forte espansione, in tutti i settori, di nuovi sistemi formativi e informativi. Il primo obiettivo resta la capacità di operare affinché l'IBC si rafforzi come elemento di raccordo tra regione ed enti locali per le politiche dei beni culturali, mantenendo e sviluppando quegli elementi di innovazione che hanno caratterizzato la sua storia.

Il tema della riforma di un Istituto già di per sé così prestigioso sul piano internazionale è di forte valore politico e da affrontare con una rete di confronto molto ampia, tenendo conto anche di nuove tematiche e professionalità, tradizionalmente non toccate dalle politiche per i beni culturali, partendo da alcuni degli elementi portanti della storia e del lavoro dell'IBC: la valorizzazione degli apporti storico-scientifici, il processo di autonomia del lavoro dell'Istituto, la fitta rete di relazioni istituzionali e culturali create nei suoi anni di attività. Tutto questo avrà la giusta efficacia di fronte ad indirizzi chiari e ad una attenta pianificazione progettuale ed economica della Regione Emilia-Romagna.

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