Rivista "IBC" X, 2002, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / inchieste e interviste, leggi e politiche

La Regione Emilia-Romagna è impegnata in un'opera di riordino degli enti e delle società che ad essa fanno capo, tra cui anche l'Istituto per i beni culturali. Abbiamo invitato a dire la loro alcune delle personalità che hanno incrociato il loro cammino con quello dell'IBC: il forum si conclude con l'intervento di Giovanni Losavio.
IBC 1974-2002 / 3

Valeria Cicala
[IBC]
Isabella Fabbri
[IBC]

La Regione Emilia-Romagna è attualmente impegnata in un'opera complessa di riordino degli enti e delle società che ad essa fanno capo. Anche l'Istituto per i beni culturali (IBC) è coinvolto direttamente in questo processo di revisione e ripensamento di funzioni, ruoli, relazioni. Per questo abbiamo pensato di organizzare sulle pagine della rivista una sorta di forum virtuale a cui abbiamo invitato alcune fra le numerose personalità (intellettuali, amministratori, politici) che in tempi e modi diversi hanno incrociato la loro attività con quella dell'Istituto. Pensiamo che la loro esperienza e le loro idee possano rappresentare un contributo utile al dibattito in corso. Concludiamo il forum, aperto nel primo numero di quest'anno, con l'intervento di Giovanni Losavio (già presidente dell'IBC, attualmente membro del consiglio direttivo dell'Associazione "Italia Nostra").

 

Come ricorda la sua esperienza rispetto alla storia dell'IBC?

L'IBC appartiene alla fase costituente-fondativa della Regione Emilia-Romagna e ne ha costituito un connotato essenziale. Nel momento in cui - con oltre vent'anni di ritardo rispetto alla previsione costituzionale: VIII disposizione transitoria - prendeva finalmente corpo l'ordinamento regionale, fu chiaro che i compiti attribuiti alle Regioni dai decreti delegati del gennaio 1972 (benché con attitudine restrittiva rispetto all'articolo 117 della Costituzione) comportavano una responsabilità primaria nella "tutela" del "patrimonio storico e artistico" e del "paesaggio", secondo il lessico dell'articolo 9 della Costituzione.

Da quella lucida coscienza può dirsi che sia nato l'IBC: come il modo, cioè, in cui la Regione Emilia-Romagna assumeva in proprio le molteplici funzioni di "tutela" entro il quadro unificante del governo del territorio e secondo il metodo della programmazione (rifiutato il modello della separazione burocratica che aveva condizionato l'efficacia della tutela statale), valorizzando il ruolo della elaborazione culturale e riconoscendo l'autonomia delle competenze tecnico-scientifiche, attivate in un'inedita funzione di responsabilità verso le sedi politiche del governo regionale.

Così intendemmo il ruolo dell'IBC, la cui natura di ente dotato di distinta personalità è il segno della riconosciuta autonomia dei compiti affidatigli, ma non lo rende "altro" dalla Regione, partecipe invece del suo ordinamento, come il modo del tutto originale in cui essa organizza una propria funzione essenziale.

Ricordo il contributo consultivo, determinante, che l'IBC diede alla elaborazione della legge regionale di tutela ed uso del territorio (la legge n. 47 del 1978) con riguardo in particolare alla definizione del centro storico (la "zona omogenea A") e ai relativi criteri di intervento, tutti in funzione di restauro e recupero degli assetti urbani autentici; mentre contestualmente procedeva al censimento analitico dell'insediamento storico, messo immediatamente al servizio della pianificazione urbanistica. Ricordo la discussione sulla definizione delle "zone di tutela" (secondo modelli anticipatori di quelli della legge "Galasso") e il motivato parere sulle ragioni che si opponevano alle previste lottizzazioni nei lidi di Comacchio.

L'approccio sistemico allo studio - subito avviato dall'IBC - dei problemi di musei e biblioteche degli enti locali costituì il necessario fondamento della produzione normativa della Regione in quelle materie; mentre, fuori da ogni sterile rivendicazionismo, in un nuovo rapporto di collaborazione con archivi di Stato e soprintendenze ai beni archivistici, fu promosso il completamento dell'inventario degli archivi storici comunali.

 

Il modello culturale e gestionale dell'IBC le sembra ancora valido? Quali sono a suo parere i pregi ed i difetti?

Credo che l'ispirazione originaria, che presiedette alla costituzione dell'IBC e a cui lo stesso IBC è rimasto in sostanza fedele, non abbia esaurito le sue ragioni. È vero che l'IBC ha subìto - e non poteva essere che così - la fase di "normalizzazione" che segnò la vicenda istituzionale delle Regioni, le quali non seppero conservare il ruolo protagonista nella vita politica del paese esercitato negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta. Ma è vero pure che, se è parso che la complessa struttura organizzativa dell'IBC non operasse sempre ai corrispondenti livelli di produttività (e ricercasse in sé la propria giustificazione), si deve riconoscere che ciò dipese dall'attitudine di Consiglio e Giunta regionali, che delle capacità dell'Istituto non seppero o non vollero avvalersi appieno (come invece era accaduto per la redazione del piano paesistico), mostrando talvolta di non intendere che l'IBC non costituisce l'antagonista dell'assessorato alla cultura, ma l'ente-organo attraverso cui la Regione adempie - nei modi originali di cui si è detto - a propri compiti istituzionali.

Fu corretto dunque l'avere integrato nell'Istituto la Soprintendenza ai beni librari, ma fu un errore - a mio giudizio - la drastica riduzione nella composizione del Consiglio direttivo (ben oltre l'obbiettiva esigenza della sua funzionalità), Consiglio che perdette così la capacità di rappresentare, attraverso la presenza di molteplici competenze tecniche implicate, la complessa cultura della "tutela" - se così si può dire - e conseguentemente di esprimere anche autonome proposte di merito.

 

È in atto un processo di revisione e ripensamento del ruolo e delle funzioni dell'IBC. Quali suggerimenti potrebbe dare?

Credo che non sia immaginabile una terza via tra la piena valorizzazione (recuperato cioè lo slancio originario) dell'IBC e la sua soppressione, richiamate tutte le sue funzioni all'interno dell'apparato dell'assessorato alla cultura, fattosi convinto di non sapere altrimenti esercitare il suo potere di indirizzo (che certo nessuno mette in discussione). Ed è agevole riconoscere che, in effetti, con il secondo termine dell'alternativo si identifichi nella sostanza l'ipotesi di revisione oggi in discussione (brusco ritorno all'ordine semplificato), se solo si considera che essa si fonda sulla soppressione dell'organo direttivo dell'Istituto e dunque sulla negazione radicale del metodo dell'autonomia nell'esercizio dei compiti ad esso affidati. E ciò proprio nel momento in cui (con l'avvio della fase conclusiva nella realizzazione dell'ordinamento regionale) più viva si avverte l'esigenza che la Regione sappia aprirsi ad apporti originali, impegnando anche istituzionalmente le energie culturali e ad esse riconoscendo gli indispensabili spazi di autonomia.

 

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