Rivista "IBC" XI, 2003, 1

biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni

Malatesta Novello Magnifico Signore. Arte e cultura di un principe del Rinascimento, a cura di P. G. Pasini, Bologna, Minerva Edizioni, 2002.
Malatesta Novello da Cesena

Simonetta Nicolini
[storica dell'arte]

Presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena, in occasione della celebrazione dei 550 anni della sua fondazione, dal 14 dicembre 2002 al 30 marzo 2003, è stata allestita una mostra intitolata a "Malatesta Novello Magnifico Signore. Arte e cultura di un principe del Rinascimento", consuntivo ma anche approfondimento delle ricerche che, soprattutto negli ultimi decenni, si sono concentrate attorno al ramo cesenate della famiglia dei Malatesti. La mostra è un'occasione per ripercorrere, attorno al nucleo dell'architettura della biblioteca, progettata da Matteo Nuti e dotata di magnifici codici tra il quinto e il sesto decennio del XV secolo, le vicende della cultura e della politica alla corte di Domenico Malatesta, la cui fama di uomo amante delle lettere sembra emblematicamente opporsi, nelle cronache e nelle storiografia, a quella di temperamentoso uomo d'armi del fratello Sigismondo, signore di Rimini.

Al controverso destino di Sigismondo fu comunque irreparabilmente legato quello di Domenico, la cui morte, di poco anteriore a quella del fratello, segnò il declino della signoria su Cesena. I due Malatesti sembrano percorrere un viaggio parallelo e per certi versi opposto anche nelle grandi imprese di committenza: mentre a Rimini Sigismondo si celebra nella rinnovata architettura di San Francesco, affidata alle cure di Leon Battista Alberti, Matteo de' Pasti, Agostino di Duccio e Piero della Francesca, a Cesena l'impresa della nuova biblioteca presso il convento di San Francesco esalta Domenico come committente lungimirante e colto, emblematico rappresentante di quella nuova società umanistica che si afferma alla metà del Quattrocento da Ferrara a Mantova, da Firenze a Roma a Napoli, e vede, nella produzione libraria incentrata attorno alla riscoperta dei classici greci e latini, il perno dell'attività culturale delle corti.

La maggiore fortuna critica della signoria riminese, soprattutto dalla seconda metà dell'Ottocento, è dovuta tanto alla fama degli artisti impegnati nel Tempio quanto alle possibilità interpretative (storica e simbolica) offerte dalle scelte estetiche promosse da Sigismondo (complice la nota scomunica di Pio II Piccolomini, presto divenuto il più temibile avversario del signore di Rimini), che hanno attratto l'interesse non solo di eruditi, antiquari e storici dell'arte, ma anche di poeti quali Ezra Pound e di avventurieri della saggistica di matrice esoterica e massonica come Charles Yriarte e Adrian Stokes. Per contro, la bellezza intatta della biblioteca cesenate e le imprese della committenza di Domenico hanno attraversato il XIX e XX secolo più in sordina, affidati agli interessi di studiosi maggiormente attenti al dato filologico e conservativo: basti citare solo i nomi di Tito Manlio Dazzi e di Augusto Campana, al quale si devono le prime e ancora oggi fondamentali ricerche sulla forma dell'edificio e sul suo contenuto.

Resta il fatto che le vicende della signoria di Cesena e di quella di Rimini vanno lette in parallelo e in stretta relazione, come hanno teso a dimostrare la recente mostra riminese sulla signoria di Sigismondo, e questa, per la quale in catalogo chiariscono i fatti storici e artistici saggi e schede di Augusto Vasina, Pier Giorgio Pasini, Jacopo Ortalli, Fabrizio Lollini, Denis Cappellini, Anna Tambini, Maurizio Abati, Giordano Conti, Paola Errani, Pier Giovanni Fabbri, Sebastiano Gentile, Claudio Riva, Daniela Savoia, Anna Zanoli. Chi ha avuto occasione di visitare la mostra riminese, offerta al pubblico due anni or sono, vedendo questa seconda ha avuto la possibilità di constatare che la leggenda malatestiana stende la sua ombra anche sulla città dell'entroterra e sulle sue placide campagne, attorno alle quali gli acquerelli di Romolo Liverani, verso la metà del XIX secolo, contribuiscono a far crescere l'immagine sognante di un territorio costellato di castelli, rocche e rovine. Da queste memorie, tra Ottocento e Novecento, l'industria del falso e la cattiva coscienza di certo mercato antiquario hanno tratto profitto agganciando la propria fortuna al mai estinto culto dei patri cimeli che in mostra, a Cesena, è rappresentato da alcuni pezzi di epoca moderna recanti effigi e simboli delle antiche signorie (ritratti di Domenico Malatesta e Sigismondo del secolo XVI-XIX, saggistica antiquariale ecc.).

Sono centrali, nella mostra di Cesena, la biblioteca e il suo contenuto, apice della coscienza umanistica e antiquaria sotto il governo di Domenico Malatesta: da una parte, l'introduzione di un modello architettonico affatto moderno, quello dell'aula di lettura a tre navate, ispirato alla biblioteca fiorentina di San Marco ideata da Michelozzo; dall'altra, la produzione in loco di una serie di manoscritti miniati la cui decorazione condensa in una sintesi pittorica di piccole dimensioni la transizione, presso le corti padane, dallo stile colto e cortese di Pisanello (il cui intervento è stato ipotizzato nel Plutarco cesenate) a quello più prossimo ai miniatori della corte di Borso d'Este, quali il "maestro del De Civitate Dei" (che la critica ha anche identificato con Taddeo Crivelli). Nei codici cesenati la decorazione, sempre accompagnata dall'araldica signorile, si offre in vari modelli che spaziano dal fregio floreale ancora di matrice tardogotica, alle più sobrie ed eleganti incorniciature a bianchi girari, che a Cesena, in taluni casi, mostrano nettamente la derivazione dai modelli d'epoca carolingia e romanica. I pochi miniatori al lavoro presso lo scriptorium cesenate (non più di due o tre secondo il parere di Lollini, dalla fine degli anni Quaranta al '65) sono tutti anonimi, fatta eccezione per quello che si firma F.IO.F. (identificato con un frate Giovanni da Rimini) che compare in Malatestiana in due codici (S.XII.2 e S.IX.2) doni del cardinale Bessarione, alla cui committenza si deve anche la splendida serie dei manoscritti dell'Osservanza cesenate, l'ottavo dei quali, recuperato di recente sul mercato antiquario, è ora esposto nella sala della Biblioteca Piana.

Tra gli altri materiali in mostra, oltre alle notissime medaglie celebrative di Pisanello, si segnalano i frammenti lapidei con stemmi e iscrizioni: spicca, per perfetta conservazione e alta qualità, l'effige a bassorilievo di San Giorgio proveniente dall'omonima porta di Cesena, accompagnata da un'iscrizione tardogotica di rara bellezza e di probabile fattura veneziana. Quindi, si distinguono i numerosi materiali ceramici e i vetri provenienti da recenti scavi locali; essi ci riportano ad una dimensione materiale di grande interesse, che testimonia aspetti solitamente poco conosciuti della vita quotidiana nella corte e in città. Infine, meritano attenzione gli affreschi in terra verde del refettorio del convento di San Francesco, con scene della vita del santo e la Crocifissione. Essi portano una attribuzione a Bartolomeo di Tommaso attorno al 1440, epoca in cui il pittore di Foligno era impegnato per la tavola d'altare della chiesa di San Francesco. Una data forse precoce per questi dipinti che presentano un'incorniciatura a serti di alloro e pàtere impensabile a Cesena prima dell'ingresso della maniera all'antica inaugurata dall'architettura della nuova biblioteca e dalla decorazione dei manoscritti modellata sul repertorio albertiano. La loro collocazione cronologica andrebbe perciò forse ipotizzata verso la metà del secolo, anche se sempre sulla scorta dell'impressione lasciata dei modi visionari di Bartolomeo e in sintonia con la veemente predicazione del francescano Giacomo della Marca, che a Cesena era di casa, alla metà del secolo, predicatore e consigliere spirituale di Violante e Domenico Malatesta.

Diversamente, le opere che aprono la mostra introducendo gli antefatti della fioritura umanistica (dal maestro di Castrocaro, al pittore che dipinge verso il 1430 la Madonna della rondine) confermano anche nel territorio cesenate la diffusione di un gotico tardo aggiornato sui più squisiti modelli lombardi, ferraresi, bolognesi e veneti: insomma, la circolazione di un lessico formale che è comune a tutta l'area padana, incluso il territorio riminese; di esso restano poche ma sontuose tracce anche nei manoscritti realizzati prima della fondazione della nuova biblioteca, quali il raffinato Liber mascalcie (secondo decennio del XV secolo) e la Vita del Beato Galeotto Roberto (quarto decennio del XV secolo), preziosa testimonianza della propensione malatestiana alla celebrazione delle memorie famigliari, ma anche elegante esempio di decorazione libraria che segue le orme della tradizione estense e bolognese importata nella bassa Romagna dal Maestro del De civitate Dei della Biblioteca Gambalunghiana di Rimini.

 

Malatesta Novello Magnifico Signore. Arte e cultura di un principe del Rinascimento, a cura di P. G. Pasini, Bologna, Minerva Edizioni, 2002, 318 p., Ç 40.

 

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - [email protected]

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, [email protected], [email protected]