Rivista "IBC" XI, 2003, 2

Dossier: Non solo film

biblioteche e archivi, dossier /

Uno sguardo dal ponte

Francesca Boris
[Associazione nazionale archivistica italiana - Archivio di Stato di Bologna]

Partito nel primo decennio del Novecento alla ricostruzione di un'Italia di cartapesta, tutta archi di trionfo e glorie imperiali, con l'ambizione che lo schermo agisse da culla dei sogni di grandezza della piccola Italia giolittiana, passato per una fase di riduzione del campo visivo e di pietrificazione dell'obbiettivo di fronte al volto di Medusa di Mussolini, il cinema del dopoguerra dapprima va alla scoperta della molteplicità del reale e della possibilità di ricondurlo entro un medesimo campo visivo e poi si muove nella più totale libertà, alla conquista contemporanea dello spazio e del tempo.

 

In questa frase di Gian Piero Brunetta, tratta da Cent'anni di cinema italiano, lo storico ci dà una velocissima sintesi del fenomeno cinematografico nei suoi rapporti con la storia e la politica nel nostro paese. Una frase certo non esaustiva, perché estrapolata da un contesto più ampio, ma comunque ricca di suggestioni e significativa del legame profondo che la cultura istituisce fra storia e arte, in particolare, nel Novecento, fra storia e cinema, dato che questo è stato considerato da molti l'arte per eccellenza del Novecento. Oggi, nella primavera del 2003, dopo la morte di Alberto Sordi, uno dei più grandi attori del cinema italiano, possiamo ripetere con molti che un'epoca si è chiusa ed è tempo di bilanci.

Lo "sguardo dal ponte" (per citare un altro celebre film) che vogliamo gettare sul cinema è questa volta lanciato da un punto di vista particolare: è lo sguardo degli archivisti. Gente che la storia la conosce perché ogni giorno, con la storia, ci lavora. E che prepara, conserva, raccoglie i materiali su cui si fa la storia. È ora che il cinema si confronti con la storia, non solo parlando dei massimi sistemi, ma anche occupandosi semplicemente della documentazione. È ora che cinema e archivi si confrontino da pari a pari, su questo terreno comune: la storia e le sue fonti. Perché non solo i film sono lo specchio della loro epoca: anche il modo di fare film, di esporli in mostra, di conservarli e restaurarli hanno subito evoluzioni significative. Uno sguardo dal ponte, dunque, per fotografare la situazione attuale; ma anche un incontro per porsi dei traguardi comuni, per imparare a comunicare e collaborare.

Sono questi gli scopi del convegno sugli Archivi del cinema che si terrà quest'anno a Torino alla fine di maggio, e che vedrà la partecipazione di archivisti e di gente di cinema di ogni parte del mondo. Si parlerà di istituzioni che si occupano di cinema, di mestieri del cinema e dei documenti che producono; di cineteche che conservano e restaurano, di tipologie della documentazione, di chi dovrà occuparsi in futuro di queste tipologie e valorizzarle. Si parlerà di cinema proprio nelle tracce che ha lasciato e continua a lasciare sulla cultura contemporanea, e nella storia che abbiamo appena dietro le spalle ma continua ad agire su di noi: l'età affascinante e terribile che è stata chiamata, da Eric Hobsbwam, il "secolo breve".

Non c'è documento relativo al cinema che non parli di questa avventura storica: dalle sequenze indimenticabili dei film di Charlie Chaplin (che raggiungono il loro culmine, da questo punto di vista, nel volto a doppia identità del Grande Dittatore) alle pratiche di censura sui film; dalle immagini in bianco e nero dello sbarco in Normandia ai manifesti delle commedie italiane degli anni del boom; dagli archivi dei registi e sceneggiatori e dei premi del cinema che hanno segnato il costume, da Venezia a Cannes a Berlino, alla capitale dei sogni di un secolo appunto: Hollywood.

Oltre il film, prodotto novecentesco per eccellenza, tutto ciò che è servito a prepararlo e diffonderlo è documentazione che ci interessa. Il cartaceo (compresi manifesti, fotografie, materiale a stampa) che possiamo raccogliere è reperibile in fondi pubblici e privati, addirittura ecclesiastici, e copre la più vasta gamma di fonti: dalla legislazione ufficiale alle lettere di persone che parlano delle loro reazioni personali a quel fenomeno sommamente artistico, e perciò soggettivo, che è il film. Ogni documento comunque è storia, e ci parlerà di quello che siamo stati e che siamo.

Questo non dobbiamo mai perdere di vista: che il cinema ha la stessa età del Novecento, che è il Novecento, e il Novecento è affare nostro.

 

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