Rivista "IBC" XIII, 2005, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / editoriali

I dati dell'economia della cultura disegnano un quadro con luci e ombre: da una parte, nonostante le difficoltà finanziarie, si conferma l'impegno degli enti locali, dall'altra lo sviluppo del settore rimane fortemente disarmonico.
Un "Rapporto"

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Chi opera nel mondo variegato dei beni culturali dovrebbe confrontarsi con il Rapporto sull'economia della cultura in Italia 1990-2000 curato con impeccabile misura da Carla Bodo e Celestino Spada, poiché nelle quasi settecento pagine che lo compongono si descrive e si discute, rispetto al decennio indicato, il vasto panorama culturale della società italiana. E gli obiettivi di riferimento sono la conservazione del patrimonio; il sostegno all'eccellenza artistica, alla creazione, all'innovazione; il sostegno alla produzione nell'industria culturale; l'ampliamento dell'accesso e della partecipazione alla cultura; il sostegno alla libertà di espressione e al pluralismo dell'informazione.

Ma di là dalla ricchezza dei materiali e delle analisi, ciò che interessa ora è il bilancio d'insieme, diviso tra luci e ombre; se da una parte, nonostante le difficoltà finanziarie, il contributo pubblico non è diminuito, e resta più che mai vivo l'impegno delle Regioni e degli enti locali, dall'altra continua quello che viene definito uno "sviluppo accentuatamente dicotomico" dei beni (e delle attività culturali) e dell'industria culturale. E resta poi da domandarsi quale sia la tenuta complessiva del sistema tra i due poli dell'unità e del pluralismo, del centro e della periferia, del turismo e del mercato.

Sono problemi che ritroviamo anche nell'orizzonte istituzionale dell'IBC e a cui si cerca di dare una risposta congruente quando, come nel nostro caso, si tratta di coordinare lo sviluppo regionale di biblioteche musei e archivi e si tenta di sperimentare concetti, metodi, procedure che non si limitino a ripetere le tecniche dominanti della mediatizzazione e della spettacolarizzazione. L'animazione culturale deve nascere dalla forza evocativa degli oggetti e delle forme e comunicarsi con il proprio linguaggio di valori e di verità. C'è anche uno stupore che nasce dal conoscere.

Se l'universo dei beni culturali è una pluralità di modi e di invenzioni, diversi sono i linguaggi e le retoriche comunicative con cui si rapportano a un pubblico composito di fruitori e lettori. Ma proprio per questo, viene allora da aggiungere, occorre mettere a frutto tutte le energie espressive dei beni e ragionare sul dialogo che si può istituire, all'interno di una biblioteca o di un museo, tra le forme artistiche del passato e del presente, prendendo atto della varietà inventiva delle esperienze contemporanee. Questo esige, però, una visione coerente dell'arte e dei suoi generi e dei loro possibili rapporti, magari sulla linea di quelli che Howard S. Becker chiama "i mondi dell'arte" con la loro diversa "reputazione" e con il possibile fondamento comune di una sociologia del lavoro applicata all'attività artistica e alla sua catena di cooperazioni.

Ancora una volta, la nostra attività quotidiana ha bisogno di riflettere su se stessa e sulle categorie del proprio lavoro, e lo sguardo critico del Rapporto da cui siamo partiti può darci più di un insegnamento. Basta una lettura che sia insieme un confronto. E anche dal dossier "cinese" di questo numero può venire, con lo sguardo su un mondo antico e nuovo, un avventuroso ma preciso supplemento comparativo.

 

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