Rivista "IBC" XIII, 2005, 4

territorio e beni architettonici-ambientali / interventi, leggi e politiche

Tra la legge sul diritto d'autore e il codice dei beni culturali e del paesaggio, la questione della tutela delle opere di architettura contemporanea rimane aperta. Una proposta di soluzione.
La tutela del presente

Alessandro Ferretti
[Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria]

Il dibattito giuridico-dottrinario sull'architettura contemporanea ha reso evidente, ormai da tempo, la necessità di una sua tutela giuridica efficace, tale da garantire adeguate forme di conservazione, protezione e valorizzazione. L'interesse per la creazione di un adeguato sistema di tutela dell'architettura contemporanea si è manifestato prepotentemente sul finire degli anni Novanta, quando la spinta verso la modernizzazione delle strutture e degli strumenti giuridici ha prodotto risultati utili per l'istituzionalizzazione della tutela del contemporaneo.

Il primo necessario passo da compiere è diretto a delimitare il campo dell'architettura contemporanea, esclusivamente dal punto di vista giuridico. In questo senso, prima dell'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e paesaggistici nel 2004, l'unico riferimento normativo tale da offrire indicazioni certe (anche se con qualche perplessità interpretativa) era l'ultimo comma dell'articolo 2 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali (Decreto legislativo n. 490 del 1999), comma che riproduceva l'ultimo capoverso dell'articolo 1 della Legge 1089 del 1939: "Non sono soggette alla disciplina di questo Titolo le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquant'anni".

Le indicazioni prodotte dal legislatore erano, pertanto, dirette a escludere dalla tutela propria dei beni vincolati quelle opere in cui sussistessero le due condizioni appena indicate e che sono ascritte generalmente alla categoria del "contemporaneo". In particolare, per quanto riguarda il limite temporale, il legislatore ha voluto fare in modo che la produzione artistica più recente non fosse sottoposta ai vincoli normativi imposti dalla disciplina del Testo unico, così da non pregiudicare sul piano economico la possibilità per gli autori di far circolare liberamente le proprie opere. Questa è sempre stata l'indicazione fornita dalla dottrina riguardo alla ratio legis del limite temporale imposto ai fini della tutela del bene culturale, in linea con la stessa Relazione che accompagnava il testo legislativo del 1939.

Fortunatamente il dibattito dottrinale, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, ha evidenziato l'esistenza di quest'incongruenza concernente le opere d'arte contemporanea, mettendo in rilievo una forte esigenza di superamento della disposizione citata, non tanto per eliminare il predetto termine, quanto, e più specificamente, per prevedere una possibile, sia pure limitata, azione di concreta tutela di opere che abbiano età inferiore ai cinquanta anni, nel rispetto di alcune condizioni particolari, tra cui, per esempio, quella che si tratti di opere il cui autore sia deceduto.

In altri casi ancora si è proposto semplicemente di abbassare il limite temporale, in modo tale da garantire un maggior spettro di tutela di ciò che può essere considerato "contemporaneo". Un esempio è rinvenibile nel disegno di legge del 5 ottobre 1989 (AC1904), che proponendo la revisione delle norme di tutela, stabilisce tra l'altro di ridurre il limite indicato da 50 a 30 anni relativamente a opere anche di autore vivente. Inoltre, nel corso del tempo, si è fatta sempre più strada l'idea che la tutela sotto forma di vincolo non debba essere vista necessariamente con disfavore ai fini della determinazione del valore economico dell'opera.

Il passaggio dal vecchio sistema, rappresentato dal Testo unico del 1999, al nuovo, con l'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio il primo maggio 2004 (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), non sembra mutare le cose in maniera sostanziale, anche se è possibile segnalare una diversa presa di coscienza del legislatore nei riguardi delle opere di architettura contemporanea. Si fa riferimento, in particolare, alla possibilità innovativa, prevista dall'articolo 37, di concedere contributi per interventi conservativi su opere di architettura contemporanea, a condizione che sia riconosciuto il particolare valore artistico dell'opera. In questo caso il legislatore dimostra di essere attento osservatore della realtà e, pur non ritenendo di superare il limite di applicabilità della tutela, prevede espressamente la possibilità di sostegno di interventi conservativi (quindi di tutela) anche a favore dell'opera di architettura contemporanea.

Si accennava al riconoscimento del particolare valore artistico dell'opera. Si tratta di uno strumento messo a disposizione dal sistema per la tutela delle opere di architettura, strumento che in qualche modo è utilizzato (efficacemente?) anche nel settore dei beni culturali. In particolare, il dato normativo è quello offerto dagli articoli 20 e 23 della legge sul diritto d'autore, la n. 633 del 1941, e l'articolo 15 del regolamento di esecuzione, il Regio decreto n. 1369 del 1942. Sono queste le norme che prevedono la possibilità per l'autore dell'opera architettonica di richiedere alla competente autorità statale il riconoscimento dell'importante carattere artistico della sua opera, con la conseguente ammissione ai relativi contributi economici, e altresì, fatto ancora più importante, l'attribuzione della facoltà - esclusiva - all'autore di studiare e attuare le modifiche dell'opera che dovessero rendersi necessarie nel corso del tempo.

L'opera architettonica che trova tutela all'interno della legge sul diritto d'autore è soltanto un'opera dell'ingegno, dotata cioè del carattere della creatività, che, per la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, si risolve nella novità e originalità della stessa, con conseguenze ovviamente sfavorevoli per quelle che potremmo chiamare opere di bassa creatività. La sottoposizione alla tutela prevista dalla legge sul diritto d'autore comporta il riconoscimento all'autore di un insieme di diritti di utilizzazione economica dell'opera (indicati agli articoli 12 e seguenti della Legge n. 633 del 1941) e di diritti a difesa della personalità dell'autore, che costituiscono il cosiddetto diritto morale dell'autore (indicati negli articoli 20 e seguenti).

Il secondo comma dell'articolo 20 della legge sul diritto d'autore dispone che le facoltà spettanti all'autore vanno contemperate con quelle inerenti al diritto di proprietà che spetta a persona terza rispetto all'autore. È questo l'aspetto che maggiormente riguarda e interessa la presente analisi per un'efficace tutela dell'opera architettonica contemporanea. Il problema della tutela di questo tipo di opera, infatti, è tutto qui, nel possibile conflitto che potrebbe instaurarsi con le ragioni della proprietà. La norma, in ambito generale, prevede che l'autore non possa opporsi alle modifiche che si rendano necessarie durante o dopo l'esecuzione della stessa, in funzione delle esigenze del proprietario o del committente: in tal modo è data la prevalenza alle facoltà inerenti al diritto di proprietà rispetto a quelle inerenti al diritto morale d'autore.

Un temperamento, però, è previsto proprio nel caso delle opere dell'architettura, a favore del diritto d'autore e a scapito del diritto di proprietà, quando all'opera sia riconosciuto importante carattere artistico, su richiesta dell'autore. In tal caso, come si diceva in precedenza, spetta all'autore lo studio e l'attuazione delle modifiche che si rendessero necessarie per la salvaguardia dell'opera. Tuttavia questo temperamento delle ragioni della proprietà su quelle dell'autore non sembra garantire un'efficace tutela dell'opera di architettura contemporanea. Il primo problema è relativo alla natura privatistica del procedimento. È indubbio, infatti, che il legislatore del 1941 ha previsto nell'articolo 15 del Regolamento che l'iniziativa del riconoscimento sia esclusivamente del privato, a tutela di un suo interesse (diritto) privato: il procedimento, cioè, non costituisce il frutto di una doverosa iniziativa propria dell'autorità pubblica.

L'intervento dell'autorità pubblica, dunque, secondo il tenore della norma richiamata, non ha natura pubblicistica, in quanto non può essere esercitato d'ufficio, come dovrebbe avvenire invece ove vi sia un interesse pubblico da tutelare: non è infatti ipotizzabile che la pubblica amministrazione debba attendere l'iniziativa privata per la tutela di un interesse pubblico.1 L'intervento della pubblica amministrazione, oltre a non poter essere esercitato d'ufficio, non potrà in alcun modo essere sollecitato da altro soggetto privato che non sia l'autore, neanche quindi se si trattasse di un erede dell'autore stesso.

Volendo proporre per il problema una soluzione che, in tempi brevi, riesca a venire incontro alle ragioni della tutela del contemporaneo, chi scrive ritiene sia possibile "sfruttare" lo strumento della revisione delle disposizioni contenute nel Decreto legislativo n. 42/2004, disposto dalla Legge n. 137/2002, entro il biennio di adozione del Codice, per inserire una piccola innovazione che garantisca il raggiungimento degli obiettivi appena indicati. Quattro sono le modifiche che potrebbero apportarsi al testo del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e in particolare:

␇ all'articolo 10, dopo il comma 5, è aggiunto, in fine, il seguente: "Le opere di architettura contemporanea non sono soggette alla disciplina prevista dal presente titolo nel caso in cui siano opere di autore vivente eseguite da meno di quaranta anni.";

␇ all'articolo 11, comma 1, lettera e), le parole: "particolare valore artistico" sono sostituite dalle seguenti: "importante carattere artistico", e dopo le parole: "di cui all'articolo 37;" sono aggiunte le seguenti: "il Ministero, d'ufficio o su richiesta del proprietario o su proposta della regione, della provincia o del comune, dichiara l'importante carattere artistico delle opere di architettura contemporanea, anche agli effetti di cui all'articolo 20 della legge n. 633 del 22 aprile 1941. Le eventuali modifiche apportate all'opera sono comunicate al Ministero per la verifica della permanenza dell'importante carattere artistico. In caso negativo, la dichiarazione è revocata";

␇ all'articolo 37, comma 4, la parola: "soprintendente" è sostituita dalla seguente: "Ministero", dopo le parole: "abbia riconosciuto," sono aggiunte le seguenti: "d'ufficio o", e infine le parole: "particolare valore artistico" sono sostituite dalle seguenti: "importante carattere artistico";

␇ all'articolo 37, dopo il comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente: "In caso di revoca della dichiarazione di importante carattere artistico, il contributo in conto interessi di cui al precedente comma è restituito per intero al Ministero".

In tal modo si accoglierebbero anche i contenuti del disegno sulla qualità architettonica, approvato in prima battuta il 25 luglio 2003 dal Consiglio dei ministri, successivamente riproposto nel febbraio del 2004 e attualmente bloccato in sede parlamentare, apprestando un'immediata tutela anche per le opere di architettura contemporanea.

Concludendo, la necessità di apprestare efficaci mezzi di tutela e di valorizzazione per questo tipo di opere induce a proporre di estendere la loro tutela, al di là degli effetti proprio dell'articolo 20 della legge sul diritto d'autore. Come si è visto, questa norma prevede per gli architetti (autori) un regime favorevole, di prevalenza sulle ragioni della proprietà, permettendo all'autore dell'opera di architettura di apportare personalmente quelle modifiche che dovessero rendersi necessarie, sia durante sia dopo la sua realizzazione. Ciò solo in quei casi in cui sia intervenuta la dichiarazione di importante carattere artistico, di cui all'articolo 20 citato. Quest'ultima appare altresì uno strumento utile al fine di tutelare quelle opere di architettura contemporanea che, per il fatto di non avere i requisiti temporali richiesti dal Codice (cinquanta anni), corrono il rischio di "perdersi" tra le maglie di una normativa cristallizzata e rigida sui limiti temporali per l'attribuzione della qualifica di bene culturale.

L'utilizzazione in modo esteso della dichiarazione permette, oltre al riconoscimento del carattere artistico di opere di importanza significativa, una attività di finanziamento attraverso contributi ministeriali diretti alla miglior tutela e conservazione dell'opera. Conseguenza diretta di tale configurazione è la restituzione del contributo al Ministero nel caso in cui l'opera, attraverso le modifiche effettuate dall'autore nella sua libertà espressiva, dovesse cessare di avere quell'importante carattere artistico che le aveva permesso di ottenere la dichiarazione.

La proposta, pertanto, si ritiene migliorativa rispetto alla legislazione vigente anche con riferimento ai soggetti che possono richiedere di avviare il procedimento di riconoscimento di carattere artistico. Non solo il proprietario dell'opera, ma anche lo stesso Ministero, con una tipica azione di impulso, e quei soggetti pubblici che hanno tra i loro compiti istituzionali anche la valorizzazione degli spazi architettonici. Con questa previsione si tende a superare l'impasse prodotto dall'attuale legislazione sul diritto d'autore, che riconosce al solo autore dell'opera architettonica la possibilità di richiedere l'accertamento della sussistenza dell'importante carattere artistico dell'opera.

Infine, e a necessario completamento del sistema, un'ultima modifica da apportare è quella che riguarda la possibilità di diminuire il limite temporale di tutela e valorizzazione dei beni, in modo da rendere più ampia la fascia di opere di architettura contemporanea che possono essere oggetto di quella tutela propria del diritto dei beni culturali. Il limite dei quaranta anni è sembrato congruo ai fini di un'esatta individuazione del patrimonio architettonico contemporaneo del Paese.

 

Nota

(1) In questo senso si è anche espressa la giurisprudenza con un'interessante sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, sezione III, n. 454 del 15 marzo 2000.

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