Rivista "IBC" XIV, 2006, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / media, progetti e realizzazioni

Sul canale satellitare RaiSat Premium una trasmissione di Vittorio Emiliani dedicata al patrimonio culturale del Bel Paese.
'Bella Italia che patria mi sei'

Valeria Cicala
[IBC]

Su queste pagine abbiamo spesso ribadito l'importanza di divulgare e valorizzare il patrimonio culturale attraverso i mezzi di comunicazione. E come un corretto uso faccia della televisione un ottimo strumento per conoscere e capire il nostro paese. Ce ne giunge una riprova da Bella Italia che patria mi sei, una bella trasmissione di Vittorio Emiliani, e già questo nome è certezza di un lavoro di alta qualità e di approfondita documentazione. Il titolo è ricavato da un'ariosa cantata di sapore risorgimentale (Cristoforo Colombo) scritta e musicata nel 1838 da Gaetano Donizetti e sappiamo che Emiliani, giornalista e scrittore, specialista di beni culturali e ambientali, è anche un esperto di musica.

La trasmissione è andata in onda a partire dal 26 novembre 2006 sul canale satellitare RaiSat Premium ed è stata prodotta dalla Land Comunicazioni. "Un viaggio in quattro tappe nella bellezza dei centri storici e dei paesaggi italiani, avendo ben presenti però i guasti della bruttezza, della sciatteria, dell'incultura": così la definisce Vittorio Emiliani e in questo commento ritroviamo la sintonia con un grande amico con il quale condivise tante caparbie "imprese" sulla salvaguardia del patrimonio: Antonio Cederna. Questo viaggio dalla Valtellina alla Sicilia appassiona, stimola il rammarico e il disagio per ciò che non si è fatto, che forse non si è voluto fare, per il Bel Paese.

La prima puntata è stata significativamente intitolata "Città e borghi: un tesoro spesso minacciato". E, partendo dalla bella e appartata Offida, nell'Ascolano, racconta la realtà di migliaia di centri storici, per lo più murati, in buona parte salvati da sventramenti e ricostruzioni e però svuotati di abitanti e trasformati in "pollai" per studenti fuorisede (nelle sedi universitarie come Urbino), oppure abbandonati al degrado, specie nel Sud, sempre circondati da quartieri nuovi inesorabilmente brutti, banali. Ricordiamo la tappa finale a Monticchiello, presso Pienza (Siena), dove - commenta Emiliani - "una brutta lottizzazione è diventata un caso nazionale, con proteste autorevoli e diffuse, e con appelli per la salvezza del nostro paesaggio più bello. A proposito del quale Goethe aveva detto che gli italiani avevano saputo aggiungere alla natura originaria una 'seconda natura' per mano di artisti e poeti. Altri tempi".

La seconda puntata è stata interamente dedicata ai paesaggi italiani, "grande libro della storia". Paesaggi profondamente trasformati dall'uomo nei secoli e però, per secoli, con mano felice, nonostante disboscamenti e bonifiche dovute alla "fame" di terra. Paesaggi naturali solo sulle alte vette, del Trentino o di Cogne, con città turistiche "inventate" subito sotto. Assai interessante il discorso sui paesaggi agrari, o su quelli industriali, da Piombino a Taranto. Per giungere a un altro argomento a cui Vittorio Emiliani si è assai dedicato: i parchi, nazionali e regionali, che stanno salvando la biodiversità (flora e fauna): le immagini descrivono l'Alpe della Luna, fra Forlì e Arezzo. Biodiversità distrutta invece sulle coste: in Adriatico appena un nove per cento di dune superstiti rispetto a un secolo fa.

La terza puntata si è focalizzata sul paesaggio agrario, "Quando l'uomo faceva a mano i paesaggi". A cominciare dalle bonifiche. In Maremma, appena cinquant'anni fa, o ancor prima in Val di Chiana, mentre il vicino Lago Trasimeno è stato preservato. Al Nord, attorno all'Abbazia di Chiaravalle (Milano), le marcite. E più giù, nel Pavese, le risaie. L'autore ricostruisce la "piantata" che scandiva i campi della Valle del Po, con filari di viti legate a olmi e aceri. Era il modo etrusco e anche celtico di coltivare la vite. Quest'ultima ha segnato, assieme all'ulivo, il paesaggio italiano, a partire dal IV secolo a.C. Paesaggio agrario minacciato ovunque da asfalto e cemento sfrenati che "mangiano" di continuo suoli e paesaggi.

L'ultima puntata, "Santi e guerrieri", ha proposto un articolato percorso sugli "enormi investimenti in arte e cultura che diedero luogo in Italia a una vera e propria economia di rappresentanza". L'excursus muoveva dal Duomo romanico di Fidenza per percorrere la Via Francigena, fino alla Toscana di San Quirico d'Orcia e dell'imponente Sant'Antimo. L'orizzonte adriatico spaziava poi verso il Santuario della Madonna di Loreto, le abbazie fra i monti, come Macereto sui Sibillini. Ritroviamo le collezioni di ex voto popolari, a Tolentino o a Montenero di Livorno. Rivediamo grandi firme di architetti a Cortona (la Madonna del Calcinaio) con Francesco di Giorgio e a Montepulciano (San Biagio) con Sangallo il Vecchio. I mausolei di signori della guerra - la Cappella degli Oliva a Montefiorentino nel Montefeltro, e ancor più San Bernardino a Urbino - introducono all'investimento dei formidabili bottini in dimore, chiese, cappelle, ville, castelli (come quello di Giovanni Acuto in Toscana). L'apoteosi nei Palazzi ducali di Urbino e di Gubbio e nelle rocche di Sassocorvaro, di San Leo o di Senigallia, risalendo a nord, nella mole imponente, guerriera e ludica, di Torrechiara sopra Parma. "Un patrimonio, anche questo, a rischio di decadenza (pochi gli incentivi ai privati) o di uso improprio stile Disneyland" sottolinea Emiliani, che ci ha offerto con la sua trasmissione anche un'ottima opportunità di riflessione.

 

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