Rivista "IBC" XV, 2007, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Nino Bertocchi 1900-1956, a cura di B. Buscaroli Fabbri, Bologna, Bononia University Press, 2006.
Bertocchi cinquant'anni dopo

Mirko Nottoli
[collaboratore delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna]

Paul Cézanne e Luigi Bertelli. Singolare accoppiata. Uno dei padri, forse "il" padre, della contemporaneità, e un semisconosciuto pittore bolognese di paesaggi. Furono contemporanei e lì si esauriscono i punti in comune. Tra i due, Nino Bertocchi, che li elesse a propri inconsapevoli maestri. Ingegnere mancato (costruì una sola casa), pittore per vocazione spesso frustrato, critico e scrittore d'arte riconosciuto, Bertocchi fu molto più simile al secondo che al primo, appartenente anch'egli alla nutrita schiera dei pittori bolognesi a cavallo tra Otto e Novecento saldamente legati alla tradizione figurativa. Con la contemporaneità sembra infatti aver ben poco a che fare.

A cinquanta anni esatti dalla morte guardiamo a Bertocchi e sembra di guardare a un pittore di un altro tempo, di un altro secolo. Se sfida ci fu alla modernità che allora si stava affacciando prepotente, la sfida è stata persa. Non è stata persa invece l'idea che ha alimentato tale sfida, quella di una pittura vissuta intensamente, musa, come scrive Beatrice Buscaroli, tiranna ed esigente, mai generosa e mai allettante. È un fuoco che brucia e divora. Ecco la sfida non persa: si dipinge perché si è spinti a farlo, non per divertirsi, né per essere alla moda, né per sogni di gloria. Si dipinge, come si scrive, come si canta o si balla, perché non si potrebbe fare altrimenti.

Cézanne e Bertelli. Forse ci sono più punti in comune di quanti non sembrano. Quando il primo cominciò a dipingere non sapeva che poi la storia gli avrebbe dato ragione e avrebbe avuto la benevolenza di farlo quand'egli era ancora in vita (altri non hanno avuto la stessa fortuna, vero Vincent?). Ma ha dipinto. Come Bertelli e come Bertocchi. La montagna, in questo caso, non era Saincte-Victoire bensì Monzuno, ma l'amore, il rispetto, la dedizione a un concetto di pittura in cui immergersi totalmente per entrare in contatto con i segreti di quella natura fatta di prismi e coni e sfere e quadrati, quelli erano esattamente gli stessi, al di là degli esiti, dei trionfi o dei fallimenti. "Vivo di lei e per lei" scriverà un giorno Bertocchi.

Al suo ricordo la Fondazione Cassa di risparmio in Bologna ha dedicato un'ampia retrospettiva, a cura di Beatrice Buscaroli, 14 anni dopo quella realizzata alla Galleria d'arte moderna: "Nino Bertocchi 1900-1956" (Bologna, Palazzo Saraceni, 14 novembre 2006 - 7 gennaio 2007). Se la rassegna copre l'intera carriera dell'artista, attraverso un centinaio di opere prestate per la maggior parte dalla neonata Fondazione "Bertocchi-Colliva" e da numerosi collezionisti privati bolognesi, opere che vanno dagli esordi alle Ultime rose terminato il giorno prima di morire, l'importante catalogo allarga il discorso con un'accurata lettura che affianca ai dipinti due sezioni riservate a incisioni e disegni, mentre un'ampia antologia critica documenta in maniera dettagliata la sua attività di critico d'arte e giornalista.

Paesaggi, molti paesaggi, fiori, gli Appennini intorno a Monzuno dove aveva preso casa per lavorare, in una lunga carrellata di fermo-immagini. C'è Cézanne ma anche Courbet e tutto il manipolo italiano del gruppo fedele al ritorno all'ordine, al quale il Bertocchi degli anni Trenta-Quaranta, quello di Sestola, di Notturno, della bella Testa di Elena, avrebbe potuto appartenere se non fosse che lui l'ordine non l'aveva mai abbandonato. Il suo ambito resterà sempre quello del "paesaggio eroico" venato di ascendenze romantiche. Solo nel paesaggio, in fuga dagli anni orribili della guerra, egli trovava pace e serenità (basta leggere alcune delle lettere) che tentava di fissare sulla tela per serbarne la poesia, quell'immensità sublime, meravigliosa e terrificante insieme, che confina con l'Infinito. Per questo dipingeva e dipingeva e altrettanto febbrilmente distruggeva i quadri non riusciti, un martirio senza sosta, parco di soddisfazioni, sua croce e delizia. Scrisse: "Io ho dipinto e dipingo tutt'ora ogni giorno con l'ostinata e curiosa mania dei pazzi, sacrificando a questa febbre dell'arte tutto ciò che nella vita degli uomini è considerato un piacere". Dedicato a tutti quelli che hanno amato, che hanno amato e hanno perso, che hanno perso e hanno continuato ad amare.

 

Nino Bertocchi 1900-1956, a cura di B. Buscaroli Fabbri, Bologna, Bononia University Press, 2006, 277 p., euro 25,00.

 

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