Rivista "IBC" XVII, 2009, 3

Dossier: Gli archivi fanno sistema

biblioteche e archivi, dossier /

Dai luoghi ai non luoghi, e ritorno

Isabella Zanni Rosiello
[già direttrice dell'Archivio di Stato di Bologna e consigliera dell'IBC]

È finito il tempo, se mai c'è stato, in cui chi si interessava di libri e di carte d'archivio si riconosceva nel personaggio di Sylvestre Bonnard creato da Anatole France. Un personaggio per il quale nessuna lettura era più attraente di un catalogo stampato o manoscritto. Ora è il tempo della blog generation, di coloro (e non sono pochi) che rimangono collegati a Internet molte ore del giorno (e della notte). Di quanti, con gli occhi fissi sul video del computer, vanno pressoché quotidianamente alla ricerca di questo o quel tipo di informazioni, navigando affannosamente nel tentacolare mondo del web. Un mondo che può presentarsi tanto vicino e facilmente visibile, quanto lontano e spesso sfuggente.

Anche quanti, e non solo tra le nuove generazioni, vogliono avvicinarsi al mondo degli archivi, fanno sempre più spesso ricorso alle tante risorse che sono in rete. Di alcune di esse si dà conto in questo dossier. L'occhio è puntato su alcuni territori regionali, soprattutto su quello emiliano-romagnolo. ll lettore avrà così l'opportunità di esaminare i risultati sinora raggiunti a seguito degli interventi fatti nel settore archivistico, in anni recenti, dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC). E anche per individuare possibili convergenze e/o differenze tra diverse realtà regionali e sulle possibilità conoscitive che vengono offerte riguardo al materiale documentario preso in considerazione.

Le competenze dell'IBC in materia di beni culturali rinviano, come è noto, a norme, direttive, programmazioni stabilite dalla Regione. In particolare è stata la legge n. 18 del 24 marzo 2000 a definire "istituti culturali" gli archivi degli enti locali del territorio, e quindi a dare impulso all'attività di censimento dei loro patrimoni documentari (interventi al riguardo erano stati fatti anche in precedenza). I primi risultati di questo censimento, riferiti al lavoro compiuto fino a tutto il 2004, sono stati resi noti due anni fa su questa rivista.1 Qui si dà conto degli aggiornamenti che sono seguiti; vengono altresì avanzate riflessioni e osservazioni che sono andate accumulandosi col procedere dell'iniziativa.

I dati sinora raccolti sugli archivi storici degli enti locali emiliano-romagnoli sono visibili, cioè pubblicati, sul portale IBC Archivi (archivi.ibc.regione.emilia-romagna.it). Rimane invece nascosta parte di quelli relativi alle strutture, alle attività e ai servizi degli "istituti" di riferimento; essi vengono utilizzati dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari per la programmazione finanziaria, per il coordinamento e la revisione di quanto si va facendo in ambito regionale. Le informazioni a disposizione dei cittadini, redatte secondo gli standard internazionali di descrizione archivistica, sono date in forma corretta e risultano chiare per chi le consulta. Lo potranno facilmente verificare quanti vogliono dare uno sguardo alla complessiva situazione regionale o a quella di singole province. O quanti desiderano avere notizie su quale e quanta documentazione, nonostante le tante traversie che l'hanno nel tempo in vario modo segnata, è giunta sino a noi, quali sono i soggetti che l'hanno prodotta, dove è oggi conservata, quali sono le concrete possibilità per potervi accedere (sedi, orari, strumenti di ricerca, servizi in genere a disposizione del pubblico).

I modi di trasmissione e di rappresentazione della memoria documentaria nei relativi strumenti di ricerca sono cambiati nel corso del tempo. Soprattutto negli ultimi decenni l'opera di mediazione, che è propria degli strumenti inventariali, ha conosciuto rilevanti soluzioni di continuità rispetto a quella svolta in passato. Il ricorso a strumenti elettronici e il connesso utilizzo degli standard descrittivi, elaborati a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, hanno indotto sia chi lavora all'interno negli archivi, sia chi dall'esterno cerca di penetrarvi, a usare modi e linguaggi in gran parte nuovi. Ciò non significa che quelli prodotti in passato siano da condannare all'oblio. In quanto parte di una tradizione di sapere che affonda le sue radici in un passato più o meno lontano, sono tuttora segni non trascurabili per meglio conoscere le continuità e le discontinuità che hanno influenzato e caratterizzato l'attività conservativa e inventariale di questa o quella parte del patrimonio documentario. E sono altresì utili per meglio conoscere le vicende storiche che hanno accompagnato la formazione e le eventuali trasformazioni degli archivi che si ha interesse a consultare.

Opportuna è stata perciò la scelta di inserire, in un apposito link del portale IBC Archivi, il censimento fatto dalla statale Soprintendenza archivistica per l'Emilia-Romagna negli anni 1966-1973. I dati dell'indagine, divisi per le singole province, furono prima resi noti, in un dimessa veste editoriale, tra il 1978 e il 1984, poi raccolti in un volume pubblicato dall'IBC, nel 1991. Confrontare i dati forniti dal censimento che leggiamo on-line, con quelli precedentemente pubblicati nelle edizioni ora ricordate, non è un mero ghiribizzo da eruditi. Può essere piuttosto un modo per rendersi conto di come la trasmissione di memoria documentaria sia attraversata da perduranti attività di custodia, ma anche da dispersioni e perdite non sempre facilmente accertabili. E di come l'accesso a questa memoria, da parte di quanti desiderano conoscerla, sia stato ritardato da latitanze istituzionali e/o da inerzie politico-culturali. Non è detto che queste ultime siano oggi del tutto scomparse. Ma certamente non poco si è fatto, e si fa, per ridurle o per non continuare a tenerle nascoste.

Come scriveva Ezio Raimondi nell'editoriale del fascicolo di "IBC" già citato, si sta cercando di trasformare l'oramai datata "conservazione passiva", a lungo praticata in passato, in una moderna "cultura del servizio". Una cultura, quest'ultima, che dovrebbe tornare a vantaggio di tutti i cittadini. Saranno perciò gli utenti stessi - storici affermati e in erba, o amateurs di vario genere - a verificare se il censimento on-line degli archivi storici degli enti locali, e più in generale le risorse digitali presenti nel portale IBC Archivi, rientrino nelle esigenze di consumo connesse a tale tipo di "cultura". Se rispondano, in altre parole, alle domande avanzate dalle diversificate fasce di pubblico interessato alla documentazione che vi è descritta.

Passare dai non-luoghi (come possono essere considerati quelli visibili in rete) ai luoghi diffusi sul territorio implica cambiare modi di approccio e seguire altri percorsi. Non ritroviamo infatti, nei luoghi reali, le semplificazioni e facilitazioni che troviamo nei luoghi virtuali. In questi ultimi, per esempio, si può passare, e con estrema rapidità, da un ente a un altro, stabilire connessioni e intrecci tra documentazione conservata in sedi diverse, annullare la distanza che separa i luoghi tra loro, e così via. Si può infatti percorrere e ripercorrere la grande ragnatela del web con relativa facilità. Nei luoghi intesi in senso fisico, cioè negli "istituti" in cui ci si deve recare per fare in concreto le ricerche d'archivio, tutto o quasi tutto si aggroviglia, diventa più complesso, più lento. E anche più pesante (pensando a Italo Calvino, che in una delle sue Lezioni americane rifletteva sulla leggerezza, connotato attribuibile, a suo parere, anche all'informatica). La disseminazione conservativa che caratterizza il territorio emiliano-romagnolo (e ovviamente non solo questo) induce a seguire mappe e percorsi piuttosto complicati. Le distanze che separano le varie sedi fisiche, del tutto annullate dalla magia degli strumenti presenti nella rete, riemergono nelle loro specifiche dimensioni. I percorsi da seguire si presentano più accidentati e tortuosi. I cartelli indicatori posti agli incroci sono talvolta sconfortanti. Le persone che si ha occasione di incontrare non sono sempre in grado di dare l'aiuto che si vorrebbe.

Può perciò capitare di rimanere delusi o sconcertati quando si ha a che fare con la concreta realtà archivistica. È appunto per questo, per prepararci a ciò che ci attende dove andremo a esaminare questo o quel tipo di documenti, che nel censimento on-line (a cui si fa da più punti di vista riferimento nelle pagine che seguono) sono state inserite determinate informazioni. Nel leggerle, infatti, i potenziali frequentatori degli "istituti" presenti nel territorio emiliano-romagnolo sapranno quali sono gli orari di apertura delle singole sedi, se ci sono condizioni o limitazioni alla consultabilità della documentazione, se si potrà disporre di strumenti di ricerca, a seconda dei casi approssimativi o precisi, eccetera.

Sembrano notizie ovvie e del tutto banali. Ma se le si conosce prima di recarsi nei luoghi-istituti a cui i relativi non luoghi rinviano, "viene alla fine risparmiato il più spaventoso spreco di energie", con buona pace di ciò che credono i "saccenti pretenziosi" (è Marc Bloch a dirlo). Ovviamente l'itinerario delle ricerche è con ciò appena cominciato. La meta da raggiungere è lontana. La strada da percorrere non è mai diritta. Come annota Laurence Sterne nel suo Tristram Shandy, non si può percorrerla "tutto d'un fiato, senza mai volgere il capo o svoltare a destra o a sinistra" e senza fare numerose "deviazioni", anche se si ha la "buona sorte" di imbroccare il punto giusto da cui cominciare.


Nota

(1) Biblioteche e archivi di ente locale: il censimento 2004, a cura della Soprintendenza per i beni librari e documentari, "IBC", XV, 2007, 3, pp. 49-80.

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