Rivista "IBC" XX, 2012, 1

biblioteche e archivi / linguaggi, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, storie e personaggi

Nelle biblioteche comunali dell'Appennino bolognese, una rassegna itinerante di incontri con scrittori provenienti da altri paesi cerca di dare un senso concreto alla parola "interculturale".
Le storie degli altri

Monica Graziani
[responsabile dei progetti sull'intercultura del Distretto di Porretta Terme (Bologna)]

Il 2012 porterà con sé piacevoli consuetudini: tra queste, la seconda edizione di "Intrecci. Rassegna letteraria interculturale itinerante", organizzata dal Centro interculturale Patchanka delle Valli del Reno e del Setta, nato per promuovere attività socioculturali e favorire buone relazioni fra la popolazione locale e quella immigrata nell'Appennino bolognese. La prima edizione si è svolta nell'aprile del 2011, in tre incontri che, in altrettante biblioteche comunali, hanno riscosso un buon successo di pubblico e hanno aperto nuovi spazi di scambio culturale.

Se il titolo della rassegna può sembrare quasi uno scioglilingua, quando si parla di cultura e, soprattutto, di incontro tra culture, è necessario utilizzare il linguaggio corretto che serve a identificare le motivazioni di questo esperimento.

"Rassegna letteraria" perché ogni incontro ha ruotato attorno ai libri di un autore o di un'autrice, protagonista dell'evento: sono intervenuti Tahar Lamri, scrittore e giornalista, Gabriella Kuruvilla, scrittrice e pittrice, e Mihai Mircea Butcovan, poeta ed educatore. Letterati che si occupano anche di altro, che si esprimono in modalità differenti e che non possono essere etichettati univocamente. Così come non possono dirsi di una sola nazionalità; tre figure sospese tra due mondi e più culture, ma che hanno deciso di scrivere in italiano, la loro lingua di adozione.

Ecco perché la rassegna è "interculturale", termine preferibile al più diffuso "multiculturale" che esprime un insieme di culture parallele ma che non si incontrano, mentre ciò che si vuole porre in evidenza è proprio come le culture si compenetrino e si contaminino senza seguire percorsi predefiniti. Le opere degli autori invitati rivelano esperienze altre e l'inevitabilità dell'incontro per un originale nuovo pensiero.

Perseguendo questo obiettivo, si è pensato di aprire la rassegna a Vergato, comune con una consistente comunità di nuovi cittadini, in particolare dall'area maghrebina; qui è stato Tahar Lamri, di origine algerina, a incantare il pubblico con le suggestive parole de I sessanta nomi dell'amore, accompagnato dalle vibranti note che il musicista Reda Zine ha saputo trarre dal guembrì, uno strumento a corde della tradizione marocchina. Nella Biblioteca comunale di Marzabotto, Gabriella Kuruvilla, di madre italiana e padre indiano, attraverso le pagine di È la vita, dolcezza, ha saputo raccontare con delicatezza e passione il travagliato percorso di chi si sente diviso nell'identità e non sa a che mondo appartenere. Castiglione dei Pepoli ha invece accolto Mihai Mircea Butcovan, venuto in Italia dalla Transilvania: con lui, oltre che di letteratura, si è discusso anche di cambiamenti sociali nei due paesi che conosce bene. A intervistare gli ospiti, nel non facile ruolo di mediatori tra pubblico e autori, sono stati tre giovani redattori di "Frequenza Appennino", una radio web nata nel 2009, i cui programmi sono realizzati da ragazzi non professionisti ma assolutamente professionali. Si sono quindi intrecciate non solo culture, ma anche generazioni differenti, in un dialogo stimolante che ha valorizzato ancora di più i contenuti degli incontri.

Occorre infine spiegare il termine "itinerante". Gli spostamenti in montagna richiedono spesso uno sforzo notevole, dovuto anche alla distanza tra un comune e l'altro; da qui l'idea di non far muovere le persone, ma l'iniziativa stessa, per raggiungere più cittadini possibili. Difatti l'obiettivo - non solo di questa rassegna, ma dell'intero lavoro che il Centro interculturale Patchanka propone nel distretto di Porretta Terme - è far vivere in modo positivo, a tutto il territorio, quella che è ormai una situazione che va consolidandosi: la presenza di persone con bagagli culturali e sociali differenti, da comprendere e accogliere come arricchimento della comunità.

È luogo comune identificare gli abitanti dei paesi di montagna come persone chiuse e refrattarie alle novità; nei tre incontri di "Intrecci", al contrario, si è riscontrata nel pubblico una curiosità vivace e, soprattutto, un interesse speciale da parte di quei nuovi cittadini che nello sdoppiamento culturale degli ospiti si rispecchiano. Sono proprio i luoghi comuni a sgretolarsi quando ci si conosce davvero e la rassegna "Intrecci" vuole appunto creare l'occasione per un incontro di culture. Un incontro di carattere intellettuale, ma anche vissuto con leggerezza, accessibile a tutti, perché la cultura per definizione è aperta a chiunque e non solo alle élite. Per questo ogni incontro ha previsto anche un momento conviviale: nulla come il cibo, infatti, rende lo spirito ben disposto, e un tè marocchino, accompagnato da dolcetti al miele, è stato la scusa per scambiare due chiacchiere senza filtri con gli autori invitati. Mentre gli adulti partecipavano all'incontro, nella stanza accanto i bambini assistevano a uno spettacolo a tema interculturale, per dare modo a tutti di godere di questa occasione.

Riservare questo tipo di opportunità culturali solamente a chi abita in città sarebbe un'ennesima sottovalutazione e incomprensione delle dinamiche profonde che percorrono il territorio provinciale. In particolare quello dell'Appennino bolognese, dove gli immigrati si sono radicati più che altrove, con percentuali che si aggirano intorno al 10% rispetto alla popolazione totale, quasi quanto la città di Bologna.

Il Centro interculturale Patchanka, prima e per ora unica esperienza di questo genere a sud di Bologna, ha voluto sottolineare l'importanza di un incontro di questo tipo regalando a ogni biblioteca ospitante uno scaffale di testi di scrittori di origine straniera residenti in Italia, per dare una continuità e non limitare la portata dell'evento a un singolo pomeriggio primaverile. È in questa direzione che il Centro vuole muoversi con la seconda edizione di "Intrecci", in programma per la primavera prossima; proseguendo con l'idea dell'itinerarietà, i comuni che ospiteranno l'evento, questa volta, saranno Castel di Casio, Grizzana Morandi e Gaggio Montano.1

Il Centro interculturale Patchanka nasce proprio con l'intento di essere un punto di riferimento per i comuni appartenenti al Distretto di Porretta Terme e promuovere l'incontro interculturale, inteso come momento di confronto, di comunicazione, di condivisione e di superamento di barriere nella comprensione reciproca, contribuendo così anche alla prevenzione di fenomeni di intolleranza e di conflittualità interni alla popolazione. La missione del Centro è costruire ponti fra nuovi e vecchi cittadini per stimolare il senso di appartenenza responsabile alla stessa comunità, ricercando il contributo di tutti coloro che, singole persone o associazioni, hanno esperienze da comunicare. La società si modifica in modo inevitabile e opporsi alla crescente interculturalità dell'Italia è, oltre che inutile, dannoso. L'obiettivo del Centro è facilitare questo passaggio: la popolazione civile può affrontarlo con una curiosità e un'apertura mentale che anche "Intrecci" vuole contribuire a incentivare.

[Monica Graziani]


Ha cancellato tutto, partendo da sé stesso. Quelli sono i suoi figli, i miei fratelli. Ma lui ha rinnegato la sua famiglia, povera e sporca, per farsi accettare e adottare da una società, opulenta e disinfettata. Disinfestata. Si veste all'italiana, mangia all'italiana, pensa all'italiana. Pensa di essere italiano. Ne ha bisogno. Ha bisogno di sentirsi uguale agli altri essendo assolutamente diverso da loro. A volte esagera, certo. [...] Non so aiutarlo, frenarlo, riportarlo alle origini. Le sue origini, che faccio assolutamente mie. Mi assumo le responsabilità di essere nero, essendo meticcio. Esagero anch'io. Mi faccio la lampada e i dread, cammino come se sotto i piedi, al posto delle suole, avessi delle molle. [...]

E ho tanta voglia di bruciare una macchina per far esplodere la mia rabbia, e sentirmi parte di un gruppo. Di emarginati, come sono nella vita di tutti i giorni, mentre ingollo pizza al trancio in terrazza, davanti al tavolo di ferro battuto, sotto il pergolato ombreggiato dal glicine.


[Tratto da: G. Kuruvilla, È la vita, dolcezza, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2008, pp. 30-32]


Sono arrivata qui, nella vostra bellissima città tre anni fa. Con il cuore colmo di speranza. Fu amore a prima vista. Ma in realtà il mio amore risale a tanto tempo fa. A quando i racconti sui vostri paesi sostituirono le favole serali da noi; quando vidi alcuni tornare dai vostri paesi con, sul viso, inconfondibili segni di baci della vostra civiltà, e imparai da loro a coniugare il verbo consumare.

Lo so che non bisogna mai prendere le favole alla lettera, poiché si sa che l'immigrato non è altro che un turista cieco e sordomuto, che non fa che passare come le nuvole nel deserto, e come un assetato che segue un miraggio: ha sempre fretta. Ma io ho creduto nelle favole moderne e anche se con sofferenza sono contenta. Di giorno mi sono inventata sorelle che soffrono come me. Di notte dormo in un vestito tradizionale del mio paese. Così ho trasformato la mia veglia in sogno e ho vestito i miei sogni con la mia remota realtà. Sono una vera e propria integrata. [...]

Entusiasta esploravo la vostra vita ogni giorno e quando vi scoprivo alla curva di un gesto, all'angolo di un sentimento oppure alla pallida ombra di una debolezza, del tutto simili a me, piangevo di dolore per tutte le mie sorelle imprigionate da me lasciate là nei loro sette veli. Piangevo come un bambino che rompe un oggetto e si accorge di sé stesso: ho imparato a vedere in voi la mia realtà.

Ma oggi sono un po' confusa. Un carabiniere mi ha portato il foglio di via, intimandomi di fare la valigia. L'ho inteso alla lettera e ho cercato dappertutto ma non ho trovato nient'altro che questo sacchetto di plastica. Sopra c'è scritto: "Difendi la natura". Col mio sacchetto devo essere ricondotta alla frontiera. Dopo tutte queste belle parole, ho scoperto di essere un'abusiva.

Ecco volevo dirvi soltanto questo, ma adesso devo lasciarvi. Bussano alla mia porta. Arrivederci e grazie!


[Tratto da: T. Lamri, I sessanta nomi dell'amore, Rimini, Fara Editore, 2006, pp. 58-59]


Badante

Io sono mia

Tu non puoi darmi

Foglio di via

Perché io nacqui lacedemone

Io sono rupe

E montagna

E storia e coraggio

Di fronte

Al tuo macellabile potere


CPT

C'era il bouzuki

E c'era il mandolino

C'era il sitar

E c'era il bongo

C'eran le nacchere

E c'era il tamburello

La fisarmonica

E il flauto di pan

La balalaica

E l'armonica a bocca

A dare fiato alle storie

I pettini sulle grate

Forchette sulle tazze

E i pidocchi a pizzicare

E c'era il violino

Di Ion, è l'ultimo arrivato

Tra gli orchestrali in attesa di espulsione


[Tratto da: M. M. Butcovan, Borgo Farfalla, San Giovanni in Persiceto (Bologna), Eks&Tra, 2006, p. 90, p. 15]


Nota

(1) Per informazioni più aggiornate: Centro interculturale Patchanka, via della Stazione 7, Vado-Monzuno (Bologna); telefono: 051.677.8611; email: [email protected]; web: www.monzunointerculturale.it.

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