Rivista "IBC" XX, 2012, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Il fascino della terracotta. Cesare Tiazzi (1743-1809), uno scultore tra Cento e Bologna, a cura di G. Adani, C. Grimaldi Fava e A. Mampieri, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2011.
Il fascino della terracotta

Carla Bernardini
[curatrice delle Collezioni comunali d'arte presso i Musei civici d'arte antica del Comune di Bologna]

A vari decenni dagli studi fondamentali di Eugenio Riccòmini sulla scultura emiliana in età barocca, e a oltre un ventennio dall'esposizione di "Presepi e terrecotte dei Musei Civici d'Arte Antica", la mostra "Il fascino della terracotta. Cesare Tiazzi (1743-1809), uno scultore tra Cento e Bologna", allestita nella Pinacoteca civica di Cento di Ferrara fino al 12 marzo 2012, ha offerto nuove fonti di conoscenza in un campo ancora relativamente inesplorato della storia dell'arte e della produzione artistica. Nata dalla volontà dell'amministrazione comunale centese e dell'associazione "Amici della Pinacoteca Civica", si è avvalsa della collaborazione scientifica dei Musei civici d'arte antica di Bologna, che annoverano al loro interno una lunga tradizione di studio nel settore.

Punto di partenza per la riscoperta di Tiazzi, scultore "dilettante" e "devoto" (1743-1809), è stato il restauro delle opere dell'artista, tutte firmate, presenti nell'ambito centese, dove pare unicamente essersi svolta la sua attività. La mostra ha avuto come fulcro anche concettuale un gruppo in terracotta policroma di grandi dimensioni, composto da due statue raffiguranti rispettivamente la Madonna con Cristo morto e San Francesco inginocchiato (1778), già custodito nei depositi della Pinacoteca e oggetto del più importante intervento conservativo per la mostra. Protagonista è stata la scultura di piccolo formato, prevalentemente di ambito devozionale, dedicata ai soggetti più frequenti e cari alla devozione popolare (il Presepe, la Madonna con Bambino, la Passione e in particolare il Compianto, i Santi).

L'attività del plasticatore centese si svolse nella seconda metà del Settecento, risentendo fortemente del linguaggio elaborato dai coevi scultori bolognesi, maestri nella lavorazione della terracotta, materia che egli predilesse e seppe lavorare con sapiente espressività e originale perizia tecnica. Il confronto con opere (molte inedite) dei maggiori scultori bolognesi tra Sette e Ottocento, sia maestri di chiaro e diretto riferimento per Tiazzi (Giuseppe Maria Mazza, Angelo Gabriello Piò e Andrea Ferreri), sia altri artisti (fra cui Filippo Scandellari, Ubaldo Gandolfi, Clarice Vasini, Giacomo De Maria, Giovanni Putti) contribuisce a far emergere con chiarezza il livello qualitativo della sua opera.

Il volume che accompagna la mostra contiene una rilevante opera di catalogazione che, attraverso i saggi introduttivi e le schede, si pone come valido esempio di censimento e ricerca applicata al patrimonio. Segue il naturale percorso che, attraverso lo studio di episodi circoscritti a uno specifico ambito territoriale, da una singola opera o da una microstoria riconduce a contesti diversi, saldando la ricerca locale a coordinate nazionali o sovranazionali. Tende a restituire in una visione unitaria episodi della storia e della cultura materiale sopravvissuti in forma frammentaria, talora isolati, decontestualizzati e perciò divenuti anonimi, non riconosciuti nella loro importanza nel quadro dei più praticati percorsi di studio.

Il raggio di interesse si amplia in varie direzioni vocate dalla natura stessa delle opere esposte. Solo per citare un esempio significativo, non è casuale che nella terra del Guercino - grande protagonista della cultura pittorica italiana fra riforma carraccesca e Riforma cattolica, fra naturalismo e ideale classico, profondamente calato nella percezione degli umori più autentici della propria terra, autore del celebre Et in Arcadia ego (1618) - nasca lo sconvolgente Memento mori in terracotta policroma realizzato nel 1779 da Tiazzi. Traendo probabilmente spunto anche da altre versioni "colte", tipiche della cultura barocca e protobarocca (anche di ambito carraccesco e guercinesco), l'opera sposta il baricentro emotivo su un registro che, prima ancora che definirsi drammaticamente espressionista, si cala in una dimensione visibilmente ripresa dal naturale, traendo la sua efficacia dalla presa diretta sul soggetto.

La Pinacoteca civica di Cento, nelle proprie iniziative espositive, non è nuova a questo indirizzo volto al recupero di memoria e documentazione storica all'incrocio fra cultura figurativa e storia religiosa, seguendo tramandi di larga estensione temporale e vivi oltre l'ambito locale, come in occasione della mostra "La Madonna del Presepe da Donatello a Guercino. Una devozione antica e nuova nella terra di Cento" (2007-2008). Ora, come allora, la circostanza fattiva è creata da un felice rapporto tra pubblico e privato; quest'ultimo ha adottato il programma "dal museo al territorio" come un'impresa continuativa, tarata su livelli e spessori scientifici alti e attenta al tema prioritario della conservazione.


Il fascino della terracotta. Cesare Tiazzi (1743-1809), uno scultore tra Cento e Bologna, a cura di G. Adani, C. Grimaldi Fava e A. Mampieri, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2011, 256 pagine, 35,00 euro.

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