Rivista "IBC" XXII, 2014, 3

musei e beni culturali / itinerari, progetti e realizzazioni

Con le nuove sedi dedicate alla pasta e al vino, i Musei del Cibo della provincia di Parma completano un circuito che promuove i territori attraverso i suoi prodotti.
Dall'antipasto al dolce

Giancarlo Gonizzi
[coordinatore dei Musei del Cibo della provincia di Parma]

"I 'Musei del Cibo' che l'amministrazione provinciale di Parma intende realizzare non rappresentano in sé un'idea originale; ma certamente singolare è il caso che si pensino diverse unità, dislocate sul territorio, che si progettino in rete e secondo un unico concetto guida. Territorio e 'arte del fare il cibo' divengono così un tutt'uno non per un'invenzione, ma perché così è la storia che nel tempo ha plasmato i nostri straordinari prodotti. I Musei vogliono essere sì luoghi della memoria e monumenti - dovuti - alle passate generazioni, ma anche teatri dell'oggi, che illustrano e dimostrano il valore dei nostri prodotti, più che mai protagonisti del mangiare all'italiana". Così, nel luglio del 2000, Albino Ivardi Ganapini, all'epoca assessore provinciale all'Agricoltura e alle Attività produttive, delineava il progetto dei "Musei del Cibo", come momento di valorizzazione della storia e della cultura agroalimentare del territorio.

Oggi, a distanza di quindici anni, con l'inaugurazione del Museo della Pasta e del Vino, si conclude la fase attuativa di quel progetto: sei musei sul territorio, dedicati ad altrettanti prodotti importanti (Parmigiano-Reggiano, Pasta, Pomodoro, Vini, Salame di Felino, Prosciutto e salumi di Parma) e un circuito davvero unico dalle vaste potenzialità.


La storia del progetto

Oltre a valorizzare i singoli prodotti "raccontati", l'economia e la cultura locale, i Musei del Cibo, nel momento della loro ideazione, intendevano favorire la costruzione di un nuovo prodotto turistico, legando in maniera indissolubile prodotti e territori e integrandoli con i percorsi già esistenti. I musei, grazie alla loro caratteristica di "narratori di storie" potevano contribuire a valorizzare i luoghi di produzione tipica già "viventi" sul territorio, inserendoli negli itinerari turistici ed enogastronomici. Il progetto poteva così qualificare l'intero territorio, favorendo una crescita culturale dei residenti, e in particolare dei giovani, e caratterizzando la qualità e l'immagine dei singoli prodotti tipici, del distretto agroalimentare e del turismo locale.

Lo studio preliminare compiuto da un gruppo di lavoro interdisciplinare (cultura, turismo, gastronomia, didattica, comunicazione) aveva permesso di mettere a fuoco la particolare tipologia dei Musei del Cibo, deputati a trasmettere la conoscenza dei processi di trasformazione di ogni singolo prodotto. Per la loro specificità, i percorsi espositivi dovevano:

· risultare particolarmente coinvolgenti ed emozionali, ma senza stridere con la "tradizione" legata ai singoli prodotti;

· raccontare una storia e non solo mostrare delle cose;

· mostrare grande cura dei particolari;

· aprire "finestre" su temi collaterali;

· dare risposte, ma stimolare nuove domande da esaudire sul territorio;

· coinvolgere tutti i sensi (e non solo la vista);

· consentire la degustazione e l'acquisto del prodotto e del merchandising correlato.

Dopo un anno di studi, ricerche e approfondimenti, il 24 gennaio 2001 veniva costituito il comitato promotore dei "Musei del Cibo", a cui, oltre all'amministrazione provinciale, aderivano i comuni interessati dagli interventi, la Camera di commercio, l'Università, le associazioni di categoria i consorzi dei prodotti tipici. Il comitato promotore, a sua volta, nominava un comitato scientifico incaricato di stendere i progetti culturali per attuare e valorizzare i musei, così da giungere entro l'anno alla fase esecutiva, mentre la SOPRIP -Società parmense insediamenti produttivi svolgeva un'indagine sulle modalità di gestione dei musei e sulle potenzialità turistiche del circuito.

La cultura dei prodotti tipici che hanno reso famosa e apprezzata nel mondo l'immagine di Parma avrebbe trovato nei Musei del Cibo un luogo privilegiato di approfondimento: la tradizione storica del prodotto, i documenti, le macchine e gli attrezzi per la lavorazione e per la comprensione dell'intero processo di trasformazione della materia prima, le immagini della comunicazione, fino all'assaggio del prodotto stesso sarebbero stati gli elementi distintivi di tutti gli allestimenti.

Parallelamente, autotassandosi, il comitato promotore finanziava la stesura dei progetti preliminari, affidati a noti professionisti locali del settore, mentre il comitato scientifico elaborava, in stretto rapporto con i progettisti, i percorsi espositivi dei singoli musei. Grazie al finanziamento della Comunità Europea, della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Parma, dei comuni coinvolti e delle fondazioni bancarie locali - Fondazione Cariparma e Fondazione Monte Parma - era possibile dare l'avvio ai lavori di restauro degli immobili, di proprietà pubblica (Langhirano, Collecchio, Sala Baganza) o affidati in comodato a un ente pubblico (Soragna, Felino).

Venivano quindi identificati i curatori incaricati al progetto dei singoli Musei, iniziava la ricerca dei materiali, il lavoro di documentazione, le campagne fotografiche sul campo, mentre si lavorava alla comunicazione integrata (marchi, sistema di comunicazione, sito internet, eventi). I Musei del Cibo andavano così a inserirsi, in maniera naturale, nei percorsi enogastronomici varati dall'amministrazione provinciale, e contribuivano ad arricchire ulteriormente aree già punteggiate da emergenze paesistiche, storiche e artistiche di rilievo:

· il Museo del Parmigiano-Reggiano nello storico Casello ottocentesco che sorge all'ombra della Rocca Meli-Lupi di Soragna, in un'area ricca di castelli e di ricordi verdiani;

· il Museo del Salame nelle suggestive cantine del Castello di Felino;

· il Museo del Prosciutto a Langhirano, nell'ex Foro Boario, in una zona fortemente caratterizzata dalla lavorazione delle carni suine e dalla stagionatura;

· il Museo del Vino nelle cantine della Rocca Sanvitale di Sala Baganza;

· i Musei della Pasta e del Pomodoro a Giarola, nel comune di Collecchio, all'interno di una monumentale corte agricola benedettina del XIII secolo, da sempre deputata alla produzione agricola, all'allevamento del bestiame e, in tempi a noi più prossimi, alla trasformazione industriale del pomodoro.

Il 29 ottobre 2003 - mentre il comitato promotore si scioglieva, avendo raggiunto i propri obiettivi - veniva contestualmente costituita, con gli stessi attori, la neonata "Associazione dei Musei del Cibo della Provincia di Parma", l'organismo no profit incaricato della gestione del patrimonio museografico. Intanto fervevano i lavori. Il 29 novembre 2003 veniva ufficialmente inaugurato e aperto al pubblico, a Soragna, il Museo del Parmigiano-Reggiano. Il 2 maggio 2004 era la volta, a Langhirano, del Museo del Prosciutto, e il 28 ottobre successivo, nelle cantine del Castello di Felino, del Museo del Salame, sorto per iniziativa locale e unitosi al circuito fin dalla sua apertura.

Dopo il rinnovo dell'amministrazione provinciale, il progetto proseguiva sotto la supervisione del nuovo assessore, Pier Luigi Ferrari, e sotto la guida del presidente dei Musei, Giampaolo Mora, fino all'apertura del Museo del Pomodoro alla Corte di Giarola, datata 28 settembre 2010. E ora, nel 2014, sotto la presidenza di Maurizio Ceci, due nuove tappe completano il circuito.


Il Museo della Pasta

La pasta secca di semola di grano duro, di origine mediorientale, ha trovato in Italia la patria d'elezione, sviluppandosi nei secoli in diverse aree del paese: in Sicilia, in Liguria, a Napoli, in Emilia. Nell'Ottocento inizia a Parma l'attività di Barilla, oggi leader mondiale del settore, che ha contribuito in maniera determinante alla nascita del museo, articolato in sei sezioni che mirano alla conoscenza storica, tecnologica e culturale del prodotto.

La prima sezione, dedicata al grano, presenta attrezzi antichi e documenti che testimoniano l'evoluzione delle tecniche agricole. Segue la macinazione, con le varie tipologie di mulino, i modelli e un'iconografia storica di grande interesse, la ricostruzione di un mulino a macine e un moderno mulino a cilindri. Una sintetica sezione è poi dedicata al pane e ai prodotti da forno. La preparazione casalinga della pasta fresca viene raccontata attraverso piccoli attrezzi domestici, l'arte del matterello e la straordinaria varietà della ricchissima collezione di "speronelle", o rotelle da pasta.

Un vero pastificio industriale della prima metà dell'Ottocento, nella quinta sezione, consente al visitatore di comprendere le varie fasi di produzione della pasta secca, con macchinari originali, perfettamente restaurati. Un secondo nucleo di macchine antiche mostra le metodiche di produzione in un laboratorio artigianale emiliano del secolo scorso. Le "trafile" raccontano il modo di formatura di oltre cento differenti formati di pasta, vere "architetture per la bocca". Modelli e video permettono poi al visitatore di conoscere le attuali modernissime tecnologie impiegate nei pastifici industriali per garantire un prodotto di alta qualità costante nel tempo.

Alla cultura della pasta è dedicata la sesta sezione, con approfondimenti sulla comunicazione (i manifesti storici) sulla gastronomia (la storia dello scolapasta e le ricette regionali), sulla pasta nell'arte e nella cultura (dai dipinti ai fumetti). Uno sguardo sulla corretta alimentazione (nutrizione, stili di vita, sostenibilità ambientale) chiude il ricco percorso espositivo, che si completa con la visita al sottostante museo dedicato al pomodoro.


La "Cantina dei Musei del Cibo": un museo per i vini del Parmense

Al centro di una zona vocata da secoli alla produzione vitivinicola, nelle suggestive cantine della Rocca di Sala Baganza, la "Cantina dei Musei del Cibo" è dedicata al vino di Parma, alla sua storia e alla sua cultura. Assai sviluppata già in epoca romana, la viticultura ha lasciato importanti testimonianze culturali nel Parmense. L'allestimento museale lo testimonia attraverso sei sezioni.

La prima sala, allestita con il Museo archeologico nazionale, è dedicata all'archeologia del vino, con oggetti e immagini provenienti dagli scavi del territorio, che testimoniano come proprio in questa zona, introdotto dalle popolazioni celtiche, sia nato il modo "moderno" di bere il vino, schietto e in bicchieri, abbandonando l'uso greco e latino di vini annacquati e speziati.

La seconda sala approfondisce le caratteristiche della pianta della vite e i vari procedimenti della viticultura, presentando anche attrezzi e oggetti d'uso del secolo scorso. La terza, attraverso attrezzi e oggetti antichi, racconta la vendemmia e la preparazione del vino, mentre immagini e documenti narrano le storie del vino del territorio: dalle arti medievali alle tecniche francesi introdotte dai Borbone, fino all'amore di Garibaldi per la Malvasia e alla passione per la viticultura di Giuseppe Verdi.

La discesa nell'affascinante ghiacciaia rinascimentale si trasforma in un'esperienza avvolgente: nel cuore del museo, immagini a 360 gradi raccontano il ruolo della vite e del vino all'interno del rito, della storia e dell'arte, immergendo il visitatore in una cultura millenaria ricca di tradizioni. Poi, dopo avere attraversato il fossato della Rocca, si approda alla sala delle botti. Qui si scopre la storia dei contenitori per il vino e dei mestieri a essi correlati: quelli del bottaio e del vetraio. Ma c'è anche spazio per approfondire le storie affascinanti, e poco note, del tappo in sughero, del cavatappi, dell'etichetta, e per conoscere le "parole chiave" legate al vino.

La sesta sala presenta infine i frutti della viticultura parmense: i pionieri del settore, le varietà coltivate, i vini prodotti, perfetti per essere abbinati al formaggio e ai salumi d'eccellenza del territorio, le cantine da visitare nella zona, il ruolo del Consorzio dei Vini dei Colli di Parma nella salvaguardia della qualità di un prodotto in continua crescita.


I Musei del Cibo, che hanno superato le 135.000 presenze complessive, accolgono annualmente oltre 15.000 visitatori e hanno sviluppato un ricco catalogo di offerte didattiche per il mondo della scuola. Le sedi museali - le prime quattro sono state riconosciute nel 2010 fra i "Musei di qualità" dalla Regione Emilia-Romagna - sono supportate da un portale in italiano e inglese di oltre 800 pagine con 7 milioni di visite nel 2013, pubblicano mensilmente una newsletter che contribuisce a diffondere la cultura del prodotto, organizzano un ricco calendario di eventi e promuovono la pubblicazione di articoli sulla stampa nazionale ed estera, sui canali televisivi e web. Per il 2014, in collaborazione con il Master COMET dell'Università di Parma, è stato lanciato il progetto dei "Laboratori del Cibo" per adulti.

Oggi i Musei del Cibo della provincia di Parma contribuiscono a mantenere la reputazione del Parmense in campo agroalimentare, promuovendo i territori attraverso i prodotti e i prodotti attraverso il territorio, grazie a esperienze di qualità memorabili nel tempo.



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