Rivista "IBC" XXIII, 2015, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / itinerari, progetti e realizzazioni

Il Parco del Delta del Po mette a frutto il patrimonio di film e documentari ambientati nel suo territorio per raccontarsi ai visitatori. Cominciando dalle storie dell'ultima guerra mondiale, che qui ebbero luogo.
Un fiume di pellicole

Giuseppe Masetti
[direttore dell'Istituto di storia dell'età contemporanea di Ravenna e provincia]

La memoria fa parte integrante del paesaggio

Jay Winter


Si è di recente concluso un interessante progetto di valorizzazione ambientale che ha interessato il Parco del Delta del Po, sia per la parte veneta che per quella emiliano-romagnola. Si chiama "Destinazione Parchi del Delta del Po" e il sottotitolo è "Paesaggi, cinema, storie di guerra", perché si basa sulle location cinematografiche e sulle tracce di storia del Novecento che hanno segnato questi luoghi, finendo spesso per essere registrate, come fonti importanti, sia dal cinema d'autore che dalle migliori produzioni documentaristiche.

Il progetto è stato finanziato dall'Asse 4 del Piano di sviluppo rurale della Regione Emilia-Romagna per favorire iniziative di gestione, organizzazione e promozione di itinerari e percorsi ecoturistici all'interno delle due province di Ferrara e Ravenna. Il percorso di cineturismo e di esperienze slow, che unisce varie località di interesse storico, è stato promosso dall'Ente di gestione per i parchi e la biodiversità "Delta del Po"; resta interno all'ambito del Gruppo azione locale "Delta 2000", che comprende cinque comuni della provincia ferrarese e sei comuni della provincia ravennate, e definisce un originale territorio costiero che va da Mesola a Cervia, con alcune propaggini interne che arrivano fino ad Argenta e Conselice, comunque caratterizzate da antiche zone umide al loro interno.

Durante i mesi del finali secondo conflitto mondiale le vicende di quest'area furono fortemente condizionate dalla morfologia ambientale, che piegò alle sue esigenze i grandi eserciti in campo e la popolazione civile coinvolta dalla guerra. Nell'immediato dopoguerra, poi, questo condizionamento imposto dall'ambiente fu reso evidente dall'impatto sociale della bonifica.

Al di là delle cronache del tempo, ne danno conto le pagine sapienti di grandi geografi contemporanei come Lucio Gambi e Franco Cazzola (non a caso un ravennate e un ferrarese) ma anche i racconti di scrittori dal forte impegno civile come Giorgio Bassani e Renata Viganò, e sequenze cinematografiche famose: dal  Paisà di Rossellini a molti lavori di Florestano Vancini e Pupi Avati, dall'Antonioni del Grido e di  Deserto rosso fino ai migliori documentari di Sergio Zavoli e di Elisabetta Sgarbi.

Raccontare l'ambiente come storia è un progetto ambizioso ma moderno, utile per la crescita civile delle comunità residenti, che possono trovarvi importanti riferimenti identitari, e per il richiamo turistico che può esercitare quest'offerta su nuove fasce di un pubblico alternativo. Perciò l'Ente di gestione per i parchi ha coinvolto, oltre ai comuni del GAL "Delta 2000", la Cineteca comunale di Bologna, gli istituti storici della resistenza e dell'età contemporanea di Ravenna e di Ferrara, per unire tutte le competenze necessarie a definire meglio i contenuti della narrazione complessiva, articolata in diversi strumenti.

Un percorso tabellato composto da 22 pannelli esplicativi è stato organizzato vicino ai principali luoghi di memoria, per una descrizione puntuale degli eventi ricordati, con l'eventuale rimando alle opere cinematografiche e ai centri di interesse più vicini, spiegati tramite un QR Code, insieme alla descrizione complessiva del progetto. Un'applicazione gratuita, scaricabile su tutti i tipi di smartphone, un link all'interno del sito web del Parco del Delta ( www.parcodeltapo.it/pages/it/destinazione-parchi.php), una monografia a stampa di oltre cento pagine e una mappa completa del territorio interessato - tutto in distribuzione gratuita presso i punti informativi del Parco - rappresentano l'offerta degli strumenti a disposizione dei visitatori interessati.

Il pacchetto è accompagnato dalla recente apertura di un Centro di documentazione cinematografica del Delta, organizzato in tre sedi distinte che si trovano a Comacchio (presso la Manifattura dei Marinati, in via Mazzini 200), a Porto Viro e a Baiga per il settore veneto del Parco. Qui sarà possibile visionare quei film e quei documentari d'epoca, spesso introvabili, nei quali l'habitat deltizio è teatro e protagonista al tempo stesso delle vicende umane che accompagnarono i mesi finali della guerra, la lotta continua di uomini e donne per vivere questi territori, le storie di vita e l'attesa messianica della bonifica, che doveva dare terra e speranza a migliaia di comacchiesi.


I primi due luoghi segnalati dai pannelli, a partire da sud, sono situati presso le Saline di Cervia, per testimoniare gli spazi della lotta clandestina, e lungo il viale d'accesso di Milano Marittima, per indicare un aeroporto militare temporaneo costruito dagli Alleati alla fine del 1944 nella pineta, per assistere l'ultima offensiva in Val Padana. Nel comune di Ravenna, come luogo notevole, è stata individuata l'Isola degli Spinaroni, nella Pialassa della Baiona, alle spalle dell'attuale Marina Romea, che fu la base fondamentale per la manovra che avrebbe liberato il capoluogo, spostando gli scontri fuori dalla città: qui, negli anni Sessanta, Sergio Zavoli realizzò preziose interviste ai protagonisti di quella battaglia.

E ancora, nel territorio di Ravenna: la lapide bilingue a memoria del salvataggio della Basilica di Classe a opera di incursori britannici e partigiani del "Garavini"; il Sacrario dei 56 Martiri alle porte della città, che rappresenta una delle più drammatiche rappresaglie naziste in Romagna; poi il passo del fiume Reno a Sant'Alberto, con lo storico traghetto ancora oggi in funzione, dove si registrarono importanti scontri militari; e infine la Casa del Diavolo, alla foce del Senio, cioè il remoto casolare scelto da Giuliano Montaldo nel 1975 per ambientarvi buona parte del film  L'Agnese va a morire.

Ad Alfonsine si segnala il cuore della Battaglia del Senio, che investì tutta la vallata di quel fiume, e l'omonimo museo sorto fin dal 1981 per ricordare l'importante evento militare dell'aprile 1945. A Villanova di Bagnacavallo si conserva ancora oggi un originale rapporto con i soldati canadesi, dovuto alla loro prolungata permanenza in zona e al cimitero militare del Commonwealth a loro dedicato a poca distanza dalla piazza.

A Conselice si trova il Monumento nazionale alla libertà di stampa, a ricordo della tipografia clandestina lì custodita e dell'attività di numerose staffette che ne distribuivano i fogli su quattro province limitrofe. A Russi, due cippi isolati nella campagna segnalano due importanti rappresaglie tedesche, consumate nel novembre 1944 a distanza di pochissimi giorni una dall'altra, contro civili inermi che si difendevano dalle ultime razzie naziste.

Ad Argenta e Portomaggiore la guerra infierì soprattutto negli ultimi giorni: tra il 12 e il 20 aprile 1945 le due città furono completamente rase al suolo dai bombardamenti degli alleati che avevano ripreso l'avanzata, producendo quasi mille vittime tra gli abitanti delle due comunità, rimasti ancora nelle proprie abitazioni.

A Codigoro sopravvive la triste memoria delle Fasanare: un antico complesso venatorio trasformato in carcere e stanze di tortura dagli uomini della Repubblica sociale della famigerata banda "De Sanctis". Comacchio rappresentò uno spazio speciale per la guerriglia e, al tempo stesso, la zona di cerniera tra i due movimenti partigiani: quello ferrarese della 35° Brigata "Rizieri" e quello ravennate della 28° Brigata "Gordini", le due formazioni garibaldine che da sole liberarono la città lagunare il 23 aprile 1943, precedendo l'arrivo degli alleati.

Infine Mesola, all'estremo nord, va ricordata per la più grande concentrazione di sistemi difensivi tedeschi dell'Italia padana. Furono ben 25 i bunker fatti erigere dalla "Organizzazione Todt" lungo la Romea con il lavoro coatto, per contrastare un eventuale sbarco alleato alle spalle della Linea Gotica, sbarco che non ebbe mai luogo. Eppure questi robusti manufatti in cemento armato, pressoché indistruttibili - insieme ai "denti di drago", ai muri di sbarramento e ai fortini di tipo "Tobruk", che si trovano ancora oggi nelle vicinanze di spiagge e darsene a Porto Garibaldi, Marina di Ravenna, Punta Marina, Milano Marittima e Cervia - ci parlano di un tempo in cui ogni risorsa ambientale finiva divorata dalla guerra. Una guerra che, in queste zone, fu estrema e disperata fino agli ultimi giorni di aprile del 1945, come fu portato all'attenzione internazionale dall'episodio finale di  Paisà.

Fra i tanti segni di una memoria complessa si è cercato di individuare anche tre particolari itinerari tematici: il primo è ispirato alle varie location cinematografiche, il secondo alle architetture militari e il terzo alle principali testimonianze monumentali che celebrano quegli eventi, risultati così importanti per le comunità residenti. Qui si sovrappongono le tracce di più fronti in lotta: quello dell'esperienza partigiana e quello degli occupanti tedeschi, che usando il territorio come arma estrema cercarono di proteggere la loro graduale ritirata. Quello della popolazione civile, rimasta eroicamente attaccata alle proprie case, e quello dell'VIII Armata britannica, i cui cimiteri, gestiti dalla Commissione imperiale per le tombe di guerra, sono presenti ad Argenta, Piangipane di Ravenna e Villanova di Bagnacavallo, e danno conto dell'alto contributo di vite umane pagato dagli stessi Alleati, accusati spesso di un'avanzata troppo lenta e troppo prudente.

Solo questi ultimi tre luoghi contengono circa 1800 tombe di militari, alle quali si potrebbero aggiungere le 1152 di Faenza e le quasi 5000 delle province di Rimini e Forlì-Cesena: una somma che può dare un quadro completo delle perdite che le divisioni britanniche subirono durante la loro permanenza tra la Romagna e il Po. Anche i tedeschi, nell'estate del 1945, raccolsero parte dei loro soldati caduti in un cimitero militare che giunse a ospitare circa 3800 tombe presso il Lido di Savio, rimaste nel sito fino al 1959, prima di confluire nel cimitero germanico della Futa.

Così la storia di questi luoghi finisce per ricomporre segmenti diversi di un'unica grande tragedia, ambientata negli ultimi tempi del conflitto, in un teatro decisivo, che non prevedeva una grande battaglia risolutiva ma continue manovre di truppe, con il solo fine di ritardare la resa da una parte, e di bruciare le tappe d'avanzamento dall'altra. Un teatro in cui, oltre agli uomini in armi, furono anche gli argini dei fiumi, le piantate trasversali dei frutteti e le zone vallive a decidere tempi, modi e soluzioni di quella guerra, rimasta a lungo nel ricordo dei testimoni.

Aveva sicuramente ragione Italo Calvino quando scriveva che "in fondo la resistenza italiana era stata una storia di paesaggi", a causa dell'estrema diversità degli spazi e delle stagioni che accompagnarono quell'esperienza. Altrettanto vero è che nessuno tra i generali dei grandi eserciti, allora, aveva previsto che la fine della campagna d'Italia in pianura fosse più impegnativa della risalita della penisola.

Gli occupanti, vedendosi favoriti dalle zone umide, avevano cominciato a tagliare argini ovunque e ad allagare i percorsi asciutti; gli altri distrussero ferrovie e ponti per bloccarne la ritirata, allargarono i cingoli dei loro carri armati per contrastare il fango diffuso, fecero ricorso a nuovi mezzi anfibi in mezzo alle Valli, ma soprattutto poterono contare qui, come mai era accaduto prima, sul potere distruttivo di aviazione e artiglieria. In mezzo a loro combatté un popolo di contadini e pescatori, di pinaroli e di cacciatori, con poche armi e molta esperienza dei luoghi. Quell'esperienza che il progetto vorrebbe far rivivere grazie ai sentieri del Parco del Delta e alle immagini del cinema d'autore.

 

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