Rivista "IBC" XXIII, 2015, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

"Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza", Reggio Emilia, Palazzo Magnani, 14 marzo - 28 giugno 2015.
Disegnalo ancora, Piero

Enzo Vignoli
[collaboratore della rivista "OLFA. Osservatorio letterario Ferrara e l'Altrove"]

Il 28 giugno 2015, al Palazzo Magnani di Reggio Emilia, chiude la mostra "Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza". Molto rimane tuttora oscuro della figura del grande artista di Borgo San Sepolcro, a oltre mezzo millennio dalla morte. Scarse le notizie relative alla sua biografia, ma soprattutto, a quanto ha affermato Francesco Paolo Di Teodoro - uno dei tre curatori della mostra - Piero avrebbe sofferto della colpevole "smemoratezza" degli storici dell'arte. Quasi abbagliati da tanta grandezza artistica, gli studiosi avrebbero messo da parte la base matematica, geometrica e scientifica che presiede le sue opere pittoriche, le giustifica e le avvalora.

L'esposizione di Reggio Emilia non poteva, perciò, che essere accolta con il sincero entusiasmo degli addetti ai lavori e degli specialisti e con il grande interesse dei direttori di molti importanti musei internazionali. La sfida, invece, era quella di attrarre un pubblico più vasto verso un Piero della Francesca in gran parte sconosciuto e particolarmente severo, coniugando il rigore scientifico con una prospettiva culturale di ampio respiro. A dimostrazione che a tale risultato ci si è almeno avvicinati e che l'attenzione verso la mostra si è andata progressivamente allargando, la sua chiusura è stata posticipata.

Per la prima volta, dopo una diaspora plurisecolare, è stato possibile rimettere insieme il  corpus delle opere grafiche e teoriche redatte dal maestro di San Sepolcro e giunte fino a noi. Piergiorgio Odifreddi, presidente del comitato scientifico della mostra, ritiene che dovessero essere più delle quattro di cui siamo a conoscenza, dal momento che il Vasari riferisce di "molti" trattati matematici scritti da Piero.

Punto di partenza è stato l'esemplare dei sette codici esistenti del trattato  De prospectiva pingendi custodito nella Biblioteca civica "Antonio Panizzi" di Reggio Emilia, quattro in latino e tre in lingua volgare. La simultanea presenza di tutti i codici, radunati a Palazzo Magnani grazie a prestiti internazionali, ha consentito di verificarne la sostanziale identità. A mano a mano che l'artista allargava il suo trattato con nuove considerazioni, provvedeva ad aggiornare di conseguenza tutti e sette gli esemplari. Gli altri testi sono un  Libretto sui cinque solidi regolari, il  Corpus archimedeo - non opera di Piero, ma da lui ricopiata e corredata di circa duecento disegni - e il  Trattato d'abaco, redatto in due codici, restato inedito fino ad alcuni decenni fa e rivolto prevalentemente al mondo mercantile. Si è, così, ricreata, almeno in parte, la bottega in cui l'artista si serviva dei classici strumenti come il compasso, il goniometro, il quadrante, senza disdegnare l'uso di mezzi impropri ma che si rivelavano utili per i suoi studi prospettici, come un pelo di coda di cavallo.

Il campo d'indagine principale di Piero era quello della "prospettiva nel dipingere" e il fatto che l'autore abbia provveduto a stilare di suo pugno sette esemplari della sua opera, sta a indicare che tale interesse era condiviso da altri singoli artisti o gruppi di artisti, come i cosiddetti "maestri della prospettiva", ovvero gli intarsiatori che "non potevano concedersi pentimenti in corso d'opera, né tantomeno errori". Per contro, l'oblio a cui l'opera teorica dell'artista di Borgo San Sepolcro fu condannata per molti secoli, già a partire dalla fine del Cinquecento, si deve al fatto che all'epoca di Piero la stampa era solo agli albori e che le sue opere furono inglobate in quelle, successive, di Luca Pacioli.

Per rendere il  De prospectiva pingendi "leggibile" ai visitatori sono state estrapolate alcune pagine e trasferite ingigantite su pannelli trasparenti, come oggetti tridimensionali. In mostra, però, non erano presenti solo i codici e i disegni di Piero. Molte le opere visibili di altri importanti artisti come Giovanni Bellini, Albrecht Dürer, Michelangelo Buonarroti e Amico Aspertini. È stato poi possibile visitare, in modo virtuale,  La città ideale, opera tuttora di dubbia attribuzione, ma che taluni collegano a Piero.

Leon Battista Alberti aveva già scritto in precedenza un trattato sulla prospettiva. In quel caso, però, prevaleva l'erudizione e veniva contemplato il dato puramente letterario. Piero della Francesca, per primo, corredò le sue ricerche teoriche con disegni esemplificativi: novecento, in tutto, quelli rilevati nell'intero  corpus. Già uomo del Rinascimento e artista pragmatico, egli racchiudeva in sé la  summa delle conoscenze scientifiche e artistiche del suo tempo. Se applichiamo i suoi studi teorici sulla prospettiva all'attività pittorica, abbiamo la riprova che, a differenza di altri pittori che talora si affidavano all'"occhio", Piero premise sempre, ai suoi dipinti, un impianto preparatorio.

Uno degli esempi più probanti di tale severità scientifica è considerato  La flagellazione di Cristo, conservata alla Galleria nazionale delle Marche di Urbino: a decretare il fascino estetico di quest'opera sembra "sia l'astratto equilibrio compositivo dello spazio matematico rappresentato, indipendentemente dal suo significato religioso". Di nuovo, però, i curatori tengono a precisare che questi studi nacquero autonomamente e non furono finalizzati a perfezionare le creazioni pittoriche del loro autore.


Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza, a cura di F. Camerota, F. P. Di Teodoro, L. Grasselli, Milano, Skira editore, 2015, 429 pagine, 40,00 euro.

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